Zhang Zhaoying
“Dall’appartamento della Memoria”
Andrea B. Del Guercio

Zhang Zhaoying Finding a Beatiful Life (particolare)
Il mio primo incontro con l’opera di Zhang Zhaoying è avvenuto nel 2023 all’interno di quell’esemplare percorso espositivo che si sviluppava negli ampi spazi del MART – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto. Rispetto alla dimensione corale di un titolo – “Global Painting. La nuova pittura cinese” [1] – in grado di coordinare singole personalità espressive e raccontare quelle distinte aree culturali che si specificavano attraverso un’estensione del patrimonio iconografico tra occidente e oriente, non mi era sfuggito il suo particolare interesse per ciò che appartiene alla storia ‘sociale dell’arte’ – recuperando il titolo di Arnold Hauser[2] – ed alle sue relazioni ‘impossibili’ con quell’idea di unità del tempo che coinvolge sia la stagione moderna che quella contemporanea.
Ad una osservazione che si concentrava, in un contesto collettivo, su due singole opere, ha fatto seguito la possibilità di entrare in contatto con gli sviluppi di una nuova fase della pittura in cui Zhaoying ha sicuramente impresso una forte accelerazione ad un processo linguistico intimo e intenso, fondato su quell’esperienza che nasce attraverso un processo di contaminazione iconografica; del tutto simile ad un racconto letterario contrassegnato dal principio di successione e compenetrazione tra i ricordi e le emozioni, costruisce una pittura frutto dell’insistita e sollecitata aggregazione tra l’infinita variabilità di quei valori che trova raccolti nel patrimonio delle immagini dell’arte, per poi sottolineare, in fase di orchestrazione, quelle sfumature espressive, dal languore nell’intimità all’eccitazione nel piacere, che sono presenti nel comportamento sociale in fase di percezione estetica.
Possiamo parlare di una frequentazione, che diventa un vero e proprio “saccheggio”[3] all’interno della cultura dell’arte e nella storia della pittura, dove si intende l’estrapolazione non solo della dimensione ‘colta’ – “A Perfect Match” -, ma anche e sopratutto, della trascrizione completa di quei dati che raccontano il paesaggio e l’architettura europea, i costumi collettivi e le note private, dalla centralità del cibo ai giochi di società – “The Fest of Mr.Pan” -: un processo narrativo, ieri come oggi, condotto per testi figurativi di “un’arte dove il sacro e il profano quasi si confondono e di fronte alla quale i contemporanei non potevano sempre rendersi conto della differenza tra il fine ecclesiastico e il fine mondano”[4].
In perfetta sintonia con quell’estesa area espressiva, trasversale tra le generazioni e le geografie di occidente e di oriente, tesa a ricostruire quelle dinamiche linguistiche su cui si ridefinisce la centralità di uno stile e di una cultura iconografica, Zhaoying attribuisce alla propria opera quei dati che la pongono in relazione qualificata con la sfera della percezione, ricostruendo quell’accordo antico, oggi incrinato, che stringeva l’artista al suo ‘lettore’. Un’operazione linguistica tesa al recupero di quel classico equilibrio di cui ogni frammento iconografico è testimone ed all’elaborazione di un nuovo stato della bellezza, frutto dell’affermazione della transitorietà e dell’instabilità – “persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam tempora eripiunt nobis, quaedam subducuntr, quaedam efflunt” [5] -, mentre e grazie al supporto del ricordo, tutto conduce al prezioso caleidoscopio del presente.
La successione espositiva dei più recenti dipinti, imponenti nelle grandi dimensioni, conducono il nostro sguardo all’interno di uno straordinario percorso museale del tutto privo di confini temporali, andando a cogliere ciò che può effettivamente qualificare la percezione contemporanea, incidendo e predisponendo alla definizione del gusto ed entrando in sintonia con una sensibilità competente.
Condivido pienamente la logica che determina il processo espressivo di Zhang Zhaoying, nato dalla frequentazione culturale della storia dell’arte, ma nello stesso tempo del tutto indipendente rispetto ad una ancora troppo diffusa e ‘riduttiva’ successione di stili e di estetiche; ogni quadro è infatti il frutto di una scelta che lo ha portato ad entrare in diretto dialogo con il privato caleidoscopio dell’arte, – a cui guardiamo con attenzione ed in cui ci riconosciamo – con la stratificazione dei propri ricordi iconografici, realizzato per via di trascrizione del disegno, per ‘dono’ del gesto pittorico…quando “L’immagine raffigura la realtà presentando una possibilità del sussistere e non-sussistere di stati di cose.”[6]
E’ sulla base di queste osservazioni che possiamo andare a specificare che la pittura di Zhang Zhaoying, al passaggio di quel confine che divide inesorabilmente il dicibile e l’indicibile, si pone in quell’area del sistema dell’arte contemporanea indipendente dalle responsabilità del valore d’investimento ma ‘frutto maturo’ del ‘dividendo emozionale’; determinante nella definizione di una stagione in cui torna ad essere centrale un giudizio fondato, in termini di priorità, sulla ‘fascinazione’, sul ‘piacere’, originato sull’introspezione della bellezza per una pittura che ‘gioca’ con la cultura dell’arte. Possiamo riconoscere che Zhaoying si è posto in perfetta sintonia con tutti quei processi creativi che in ogni epoca della storia, hanno operato sulla messa in crisi di sistemi espressivi armonici per riconquistare un inedito stato emozionale: “Per me tutto questo decoro di sobrio classicismo – Mario Praz visita Paul Marmottan nell’appartamento di 2 rue Louis-Boilly a Parigi poi Museo Marmottan – si perdeva nella notte dell’anima, e in quella regione nebulosa della sensibilità in cui le vie del bello estetico e dell’amore sembrano ancora confuse in una”[7].

Zhang Zhaoying “Waver” prendere un particolare solo alberi
Philipp Hackert ” Il lago Averno” particolare

Le opere.
Alla ‘successione’ delle opere pubblicate faccio seguire la loro ‘successione’ nello spazio espositivo, ed osservo le diverse dimensioni e mi soffermo sulle variabili antiche imposte al formato dei telai, tra curvature e taglio degli angoli, riconosco modalità narrative e l’insistita successione di particolari e frammenti estrapolati da un processo pittorico museologico, che appartiene e che congiunge tracce delle severe tavole medioevali tedesche e degli eleganti affreschi rinascimentali italiani – “A Perfect Match”; ‘memorie’ visive distribuite lungo un ideale ‘Grand Tour’ europeo tra l’800 e il ‘900, animate da quella libertà ascientifica che è propria di un’intima esperienza estetica che solo l’antiquariato può fornire alla sensibilità del collezionista: “Le poltrone di di Jacob, i quadri del Boilly, i tappeti del Savonnerie, i lampadari ‘en Sarreguemines’, i bronzi di Thomire erano la sua famiglia”[1].
Significativamente strumentale appare la presenza nella gran parte delle tele dipinte, di una frantumazione cromatica così simile a sbavature di colore fresco, tracce lasciate più che sgocciolature; potrebbero apparire abrasioni involontarie e casuali, ma che in realtà tendono a suggerire sia la dimensione ‘antica’ di superfici consumate attraverso la circolazione dell’opera nel mondo, ma anche all’incompiutezza del dipinto, a ciò che attende di essere concluso, ma che a sua volta potrebbe restare nello spazio ‘senza tempo’ del ‘non finito’.
Del tutto simile ad una estesa Esposizione Monografica, il nostro sguardo partecipa e si sofferma e poi si immerge all’interno di ogni singola ‘finestra’ aperta da Zhaoying e riconosce nei suoi ‘testi figurativi’ il raggiungimento di quel perfetto equilibrio che intercorre tra l’esperienza intellettuale, nata dall’esigenza del confronto con la cultura dell’arte, ed il piacere di una frequentazione creativa, dettata dalla curiosità, nella persistente vitalità del patrimonio iconografico. Un processo teorico, la responsabilità culturale dell’artista, e tecnico, le competenze linguistiche della pittura, che conferma quanto sia indispensabile alle ‘testimonianze’ del passato lo sguardo ‘vivo’ del presente per essere ‘testimonianze vive’.
Se il grande quadro si installa, nello spazio, catalizzando la nostra attenzione con la sua vivace articolazione interna, memore delle suggestioni di una wunderkammer, una insistita successione di opere, che la memoria visiva sa congiungere, apre a quell’esperienza avvolgente e coinvolgente che conduce alla tipologia del “Panorama Museum” – da Salisburgo a Innsbruck a Bad Frankennhausen -, per poi suggerire il passaggio dalla centralità della fotografia allo sviluppo del cinema.

A.Carracci “Fuga in Egitto” particolare 1604
Zhang Zhaoying A Journey of Happines particolare

L’azione espressiva di Zhaoying, sicuramente caratterizzatasi attraverso l’esperienza direttamente vissuta in Belgio (da confermare?) – Master presso all’Accadémie Royales des Beaux-Arts – che lo deve aver messo in contato con la pittura fiamminga e con il surrealismo di Renè Magritte – citato nel “The Youth’s Yearning for Margarete” -, si muove con un’ampia estensione in cui la dimensione spaziale e temporale si incrociano, coinvolgendo ora la Natura ora l’Architettura, sviluppando una sinergia iconografica tra il paesaggio interno e quello esterno, costantemente sostenuta da una tecnica che in alcuni casi si accende policroma fino a qualificarsi attraverso l’abbondanza del cibo, – “The Faust of M.’Pan” -, mentre in altri persegue un languore monocromo – “Encounter” e “Blue-Blooded Nobility”. Insiste il nostro sguardo sull’insieme e su ogni particolare, scoprendo l’intreccio delle citazioni e sperimentando l’apertura di inedite esperienze culturali ed emozionali, affrontando l’abbondanza delle Nature Morte e nelle grandi tavolate imbandite del sei-settecento, incontrando stati di memoria dalla cultura mitteleuropea accanto a fotogrammi di socialità tipiche degli anni ’50 e ’60, alla trascrizione di quei tanti momenti di familiare serenità e di avventure affettive – “Waver” e “Reading with a Close Frie” -, vissuteall’interno dibrevi e dolci momenti di svago; tracce di quel cinema che sa ancora documentare, memore dell’infinita serie (dalla “Tempesta” di Giorgione del 1508 alla “Fuga in Egitto” di Caravaggio del 1597) e dei tanti ” Déjeuner sur l’herbe”[1].
Nell’impossibilità di controllare e di gestire la complessità del patrimonio coinvolto nella stesura di alcuni grandi quadri, la nostra attenzione rischia di perdersi all’interno di un caleidoscopio in costante movimento…esemplare è il caso di quella ‘rivisitazione’ – dedicata al“L’ingresso degli animali nell’Arca di Noè”[1] di Jean Bruegel il Vecchio del 1613, – che si estende su oltre due metri e mezzo di pittura; lo sviluppo orizzontale prevede due direzioni che dagli esterni gravitano al centro, lì dove si incontrano, contrassegnati dall’accensione del ‘giallo’, l’uomo della ‘ventiquattrore’ ed il cavallo ‘leardo’. Quest’ultimo è infatti e non a caso anche rispetto alla scelta dell’artista, uno dei soggetti sulla cui intensa valenza espressiva in tanti si sono interessati, da Sandro Botticelli nel Ciclo dedicato al “Nostagio degli Onesti” del 1483 a Peter Paul Rubens nel “Ritratto equestre del Duca di Lerna” del 1603[2], per giungere, al limite dell’accanimento, a Giorgio De Chirico.
Si tratta, per chi scrive, di un quadro straordinario, assolutamente perfetto, con valore di sommatoria dell’intero processo espressivo di Zhang Zhaoying, dalle qualità culturali a quelle tecniche, estetiche e compositive; appare ulteriormente significativa questa ‘scelta’ da parte dell’artista soprattutto se la si inquadra e la si pone in stretta relazione con il contenuto presente nella testimonianza del Cardinal Federico Borromeo (1564-1631) che ebbe Jean Bruegel suo ospite a Milano tra il 1595 e il 1596 : “Brughel che sta in casa mia domandandogli chi era statto suo maestro nell’arte, rispose. Signore la natura, dalla quale io imparo ogni di. era il vero. egli stava come attonito sempre rimirando le cose, per esprimerle in pittura di qui nacque l’eccellenza sua”.[1]
[1] F.Borromeo, Miscellanea Adnotatiunum Variarum, Biblioteca Ambrosiana di Milano, Gruppo Editoriale Zaccaria, Milano 1985
[1] Jean Bruegel il Vecchio (1568-1625) “L’ingresso degli animali nell’Arca di Noè” del 1613 pittura ad olio su tavola cm54,6×83,8 Maliu, J.Paul Getty Museum.
[2] Le due opere sono conservate al Museo del Prado Madrid (Sp)
[1] E’. Manet “Le Déjeuner sur l’herbe” 1863 Musée d’Orsay Paris (F)

H.Voogd “Paesaggio Italiano” (particolare
Zhang Zhaoying “The Glancing Traveler” particolare

[1] “Global Painting. La nuova pittura cinese” a cura di Lv Peng e Paolo De Grandis Skira 2023
[2] A.Hauser “La storia sociale dell’arte” Einaudi (1955,1956, 1964,2001).
[3] A. Hauser “L’inquietudine spirituale si manifesta anche nella progressiva estensione del repertorio figurativo e conduce al saccheggio dell’intero contenuto delle Sacre Scritture.”
[4] A.Hauser pag 71
[5] Seneca-Epistula ad Lucillum I (Sen. Ep. Luc. I)” Convinciti così come scrivo: alcuni momenti ci vengono portati via, alcuni vengono sottratti, alcuni scorrono via”.
[6] Ludwing Wittgenstein “Tractatus logico-philosophicus” (2.201)
[7] M.Praz in “Vecchi collezionisti” in “Voci dietro la scena” Biblioteca Adelphi 1980 pag 203
[8] M.Praz op cit pag 206
[9] E’. Manet “Le Déjeuner sur l’herbe” 1863 Musée d’Orsay Paris (F)
[10] Jean Bruegel il Vecchio (1568-1625) “L’ingresso degli animali nell’Arca di Noè” del 1613 pittura ad olio su tavola cm54,6×83,8 Maliu, J.Paul Getty Museum.
[11] Le due opere sono conservate al Museo del Prado Madrid (Sp)
[12] F.Borromeo, Miscellanea Adnotatiunum Variarum, Biblioteca Ambrosiana di Milano, Gruppo Editoriale Zaccaria, Milano 1985