GIOVANNI REPOSSILA GRANDE ESPERIENZA, LO SPIRITO DI RICERCA E UNA RISERVATA SENSIBILITÀ 2021

DI ANDREA B. DEL GUERCIO 

La presenza di Giovanni Repossi in Accademia si riassume esem- plarmente nella sua stessa autodichiarazione: «Posso dire che a Brera ci sono entrato in prima liceo e ci sono uscito da pensionato», con cui suggerisce un legame profondo dove la didattica appresa e quella insegnata si sviluppano in un rapporto di continuità, con i necessari aggiornamenti e le specificità espressive personali. Re- possi in questo quadro ha rappresentato, con una partecipazione senza risparmio, le relazioni con la scuola di Achille Funi di cui fui allievo – «Resterà in me e in molti altri che lo hanno conosciuto il senso morale del lavoro»1 – dove non si intende la ripetizione di ca- noni bensì dei valori che stanno alla base di una professione che sa riconoscere la dimensione privata da quella di una committenza pubblica, l’ambito intimo e quello sperimentale all’interno del dialogo con la cultura artistica socialmente diffusa. 

In un passato “ideologico” si è molto discusso su questo processo senza fratture generazionali e formali, condannando spesso all’immobilismo accademico, dimenticando quanto spesso l’informazione acritica del presente, subita per fascina- zione più che per effettiva esperienza culturale, possa determi- nare orientamenti di facile consumo e vuote citazioni icono- grafiche. In questa fase in cui la riflessione si fornisce di nuovi strumenti, andiamo a osservare quanto un processo ereditario vada verificato caso per caso, per poi andare a riconoscere quanto il trasferimento tra le generazioni di un patrimonio possa includere non solo sistemi formali ma anche principi di comportamento espressivo e ruoli metodologici di creatività, che individualmente, in ogni nuova generazione, saprà assorbire e rapportare alla propria sensibilità. 

Risulta significativo rileggere da una Guida dello studente dell’A.A. ’88-’89 – il programma didattico suggerito nel ruolo di titolare da Repossi, con Luca Crippa assistente: «Ho motivo di ritenere che lo studente in possesso degli strumenti pratici e delle indicazioni metodologiche progettuali fornite, possa essere in condizioni di scelta per affrontare i temi di specializzazione inerenti la decorazione proposta per piccole o grandi superfici architettoniche»2. 

Si percepisce perfettamente come Repossi, a cui non sfug- giva un costante rapporto con la dimensione colta dell’arte e in specifico con la storia dell’Accademia di Brera, abbia tenuto presente le origini dell’insegnamento della Decorazione, e quindi quella Scuola di Ornato in cui tutto nacque nel lontano 1776; il riferimento alle origini e alla storia della materia, dal- l’Ornato alla Decorazione, alle sue specificità e competenze di- dattiche, avviate da Giocondo Albertolli, osservate nel rapporto con l’architettura, hanno rappresentato per il Repossi docente un dovere e un impegno, mai una dipendenza. 

La relazione dell’arte con l’architettura civile in particolar modo sottolinea e riafferma, tra passato e presente, un confronto mai sopito e sempre riaffermato con sviluppi indipendenti e di- versi nella stagione contemporanea. L’esperienza vissuta da Re- possi con Achille Funi attraverso una lunga frequentazione e spe- cifiche collaborazioni artistiche – dalla realizzazione dei “cartoni” alle grandi dimensioni della pittura sui ponteggi – sono alla base non solo della sfera didattica: «La sua impostazione della le- zione accademica era quella tradizionale per la decorazione (me ne sono successivamente servito anch’io, nei tanti anni di do- cenza a Brera): dal segno al disegno, dal disegno alla composi- zione, dalla composizione alla costruzione di una struttura co- municativa di natura simbolica…»3. Una didattica formata e laboratoriale 

costruita secondo il principio dell’antica bottega, scan- dita dai tempi e dalle regole di una lenta ma sicura matu- razione espressiva, fondata su quella lucidità e su quel ri- gore, sull’osservazione delle regole, che definisce un ‘disciplina’ sicuramente acquisendo stile, modalità e com- petenza […]. Molti ovviamente sono gli allievi che negli anni hanno frequentato i suoi corsi e tra questi si segna- lano Sergio Dotti, Simonetta Marconi, Giovanni Guer- zoni, Davide Castelvedere, Marco Calloni, Marina Sechi, Masa Magnoni, Daniela Lepori, Alessandra Borroni, Sonia Peng […] con i quali siamo ancora in amicizia e contatto! 

Valori di cui fu testimone Felice Martinelli lungo gli anni della loro amicizia4. 

Esiste, infatti, per Giovanni Repossi un aperto rapporto tra il docente e l’artista impegnato nella realizzazione di un vasto numero di grandi pitture murali e vetrate, soprattutto ma non solo nella provincia bresciana; esperienze in cui i suoi migliori allievi sono professionalmente presenti. Dobbiamo sottolineare in questa sede il senso e la “responsabilità civile”, con gli stru- menti dell’arte che gli sono propri, con cui Repossi risponde po- sitivamente e accetta con interesse la richiesta del suo “territo- rio”, in quella fase “difficile” del secondo dopoguerra, fatta di ferite profonde e desiderio di costruzione, con grandi cicli di “pittura civile”: «…sono contento di poter elevare un canto alla carità, al nascere ed al creare, alla saggezza, all’impiego, alla ge- nerosità di tante persone»5. 

Memore dei diversi cantieri di Achille Funi a cui aveva col- laborato, mette mano a un’ampia serie di “pitture murarie” con soluzioni espressive mirate in cui è costantemente la luce ad as- sumere il ruolo e il compito della narrazione; penso in specifico al ciclo Coccaglio, la storia dipinta, in cui dilata, attraverso una estesa bianca luce metafisica, la dimensione spaziale posta tra i soggetti; è ancora la luce ma nella dimensione fisica dei mar- roni a tessere le pagine del “racconto” nell’Ospedale di Chiari, poi del verde con l’accensione retroilluminata di un giallo pa- glierino al centro nel Municipio di Pezzaze (Bs), e ancora in un bianco lattiginoso su cui si appoggia una scala di terre chiare nel Comune di Chiari (Bs): «Anche il murale, come l’acquerello, è una pittura ad acqua. È un percorso lungo, difficile, con delu- sioni, sconfitte, riprese. Poi pian piano, capisci il meccanismo dell’immediatezza della pennellata, cerchi le soluzioni più adatte, approcci diversi, sperimenti cose nuove»6. 

Eppure la dimensione privata di Giovanni Repossi si esprime, per sua stessa affermazione, nell’ambito di quella tec- nica “atemporale” dell’acquerello, solo apparentemente facile ma che necessita di applicazione costante, mai in grado di ri- solversi senza dar vita a nuovi esercizi: «L’acquerello rappresenta una stagione molto importante nella mia produzione. Come artista amerei essere ricordato soprattutto per gli acquerelli. Mi fa molto piacere quando i critici dicono e scrivono che sono uno tra i migliori acquerellisti in attività, e non solo in Italia. L’ap- proccio alla tecnica dell’acquerello viene dall’esperienza della pittura murale»7. 

È in questo ambito che troviamo tutta la libertà di espres- sione, fatta di ricerche e sconfinamenti in aree linguistiche di- verse, condotta attraverso la redazioni in un ampio ciclo del 2008 composto sia da grandi che piccole e preziose carte; ogni frazione di Pagine di paesaggio di fatto si libera del dato natura- listico in quanto tale, per affermarsi frutto di interferenze e ri- visitazioni di tutti quei processi espressivi che hanno visto in altre stagioni operare pittori, da Friedrich a Turner a Bocklin, e scrittori e musicisti, con i quali il dialogo si sviluppa e si qua- lifica nelle soluzioni di ogni “foglio”. 

Dall’antologica del 2011 e dal volume che la “racconta” si scopre tutta la natura “instabile” di Repossi, la sua curiosità nel verificare ambiti pittorici che non ti aspetti, che sa rivisitare e forse anche anticipare senza rispettare tempi e stagioni codifi- cate dal sistema dell’arte; alla “riservatezza” dell’uomo che non ha mai lasciato la sua provincia, risponde un artista teso all’in- ternazionalità del proprio linguaggio con un’organizzazione per cicli che si rinnovano: “frequenta per immersione” l’astrazione con l’estensione del gesto e il suo soffermarsi per sottolineature ed emozioni, per poi recuperare “memorie colte” in atmosfere “metafisiche” e da qui raggiungere quel Realismo magico che qualifica gli ambiti della “figurazione critica” fino a rasentare con il ciclo Chiari di luna del 1976 la Pop inglese, senza escludere, poco precedentemente, uno sperimentalismo polimaterico che gli permette di incontrare la dimensione astratta dell’arte. 

Non si può dimenticare in questo ambito editoriale il to- tale e generoso impegno di Giovanni Repossi nella vita ammi- nistrativo-didattica dell’Accademia di Brera in cui ha coperto i diversi ruoli e la stessa direzione; valori che furono espressi da Carlo Bertelli, allora sovrintendente ai Beni artistici e storici di Milano, nel sostenere la direzione di Giovanni Repossi a Brera, in una missiva al Ministro dell’Istruzione: «…Oltre ai meriti ar- tistici, la serenità, l’equilibrio, le vedute né settarie né antiquate di Repossi introdurrebbero nell’agitata vita braidense una nuova armonia e la consapevolezza di poter affrontare i molti difficili problemi comuni in un’atmosfera nuova, di reciproca tolleranza e di ricerca di soluzioni d’interesse superiore…»8.  Spero in conclusione a questo contributo di aver restituito
a Repossi la dolcezza del suo sorriso e la bella stretta di mano con
cui mi accolse al mio primo arrivo a Brera facendomi sentire “a casa”, un habitat da cui non mi sono mai più allontanato. 

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