Accessible Art 2013

Accessible Art

2013

di Andrea B. Del Guercio.

“Se ciò che vogliamo è un’economia solida, allora dobbiamo far sì che il mondo degli affari assorba il meglio di quanto le discipline umanistiche sono in grado di fornire” (J.Amstrong).

Corre parallela alla storia ufficiale dell’arte, quella raccolta nei manuali e nelle sale dei Musei ma spesso contraddetta nel tempo, una storia che si rinnova e si trasforma secondo lo sviluppo della cultura sociale, tra le forme del ‘gusto’ e quelle della sensibilità; si tratta di una storia diversa, sostanzialmente indipendente e riservata, fatta di contributi personali e autonomi. Lungo il tracciato di una società in costante evoluzione si posiziona un sistema di produzione artistico-visiva disgiunto dalle linee guida, consolidate e/o imposte, e caratterizzato da approfondimenti espressivi che sfuggono, anche per minimi fattori e curiose contaminazioni, al rigido processo di confronto e riconoscibilità critica. 

Alla complessità di questo territorio ed al suo patrimonio, riconosciuto stando all’interno dei processi espressivi di una grande Accademia, ma anche per adesione e appartenenza all’esperienza caleidoscopica della cultura artistica, è dedicato il Barclays Art Prize for Young Talents.

L’iniziativa voluta da Barcalys si sottrae al generico sistema di sostegno alle nuove generazioni in quanto si pone l’obiettivo di coniugare in un unico progetto tutti i dati di una relazione tra il fare e il collocare l’opera d’arte; la scelta è stata non solo quella di richiedere ai giovani artisti una riflessione espressiva su cinque valori costitutivi della cultura e della filosofia Barclays – rispetto, stewardship, eccellenza, servizio, integrità – anche quella di proporre l’esperienza della fruizione estetica, caratterizzata da un voto popolare per l’opera vincitrice, e quella del collezionisto delle opere. Nel breve tratto di un Bando dai contenuti difficili, segnato dalla responsabilità aggiuntiva tra i processi estetici e quelli della comunicazione, l’iniziativa tra Brera e Barclays ha introdotto la figura del collezionista e del committente nel contesto della fruizione e soprattutto di accessibilità alla costituzione del patrimonio culturale.

L’architrave su cui si è costruito e sviluppato il ‘Barclays Art Prize for Young Talents’ è la relazione e l’inevitabile stretto collegamento tra il concetto caleidoscopico della cultura artistica, alle sue forme di sensibilità, di espressione e di ricerca, con la volontà di accessibilità alla fruizione per possesso delle opere d’arte. Si è trattato sostanzialmente di affrontare il concetto di arte accessibile attraverso un posizionamento anticipato rispetto ai processi di presentazione e di promozione proprio delle gallerie e delle fiere dell’arte, di intercettare gli autori di oggi nella fase che anticipa il loro ingresso nel mercato.  Andando a verificare spunti e soluzioni indipendenti, per sistemi linguistici e forme di sensibilità, su una vasta e sfaccettata popolazione di creativi, si sono potute definire le linee di una significativa raccolta d’opere; giovani autori e opere che ci relazionano sullo stato dell’arte, frutto di specifici e diversi processi didattici e d’informazione interdisciplinare condivisi con gli artisti e i teorici di Brera, espressione di sensibilità e intelligenza percepita ma anche accolta ed acquisita in sede d’inaugurazione e di esposizione. Si è trattato e si potrà operare ulteriormente e sviluppare un’innovativa questione di sistema, applicabile con specifiche attenzioni alle nuove generazioni, le cui la qualità espressive, l’innovazione linguistica, l’anticipazione del pensiero, permettano comunque di ridurre i meccanismi di soprattribuzione del valore, riportandolo ad una condizione oggettivamente accessibile . 

Non è sfuggito il valore per iniziativa di un Istituto di peso internazionale e di significato del progetto ‘Barclays Art Prize for Young Talents’, collocato nel rapporto tra arte ed economia, a Marilena Pirrelli uscito sul Sole24Ore – PLUS 24 del 30.3.13; l’originalità dell’articolo non è nella segnalazione del progetto, già di per se coraggioso per i contenuti rappresentati, ma nel suo posizionamento introduttivo, direi anche in questo caso di anticipazione, rispetto ai meccanismi di investimento finanziario tradizionalmente rivolto ai alti valori del mercato. L’articolo segnala una possibile inversione verso il valore potenziale dell’arte contemporanea, di scommessa per ciò che ha necessità di fiducia per la sua stessa crescita e affermazione: “L’attuale incertezza economica ha alimentato l’interesse degli investitori verso le attività reali con bassa correlazione con gli investimenti tradizionali, cosi l’arte e gli oggetti da collezione sono sempre più visti come uno strumento di diversificazione e protezione del capitale da parte degli High Net Worth Individual (HNWI) …E ora anche Barclays lancia un concorso per giovani artisti (Barclays Art Prize for Young Talents): i giovani talenti che hanno frequentato Brera, infatti, saranno presentati ai potenziali clienti premier della banca (con disponibilità tra 50mila euro e 3 milioni) come una vera e propria forma d’investimento accessibile.” 

Dopo anni d’indipendente proposizione e affermazione – attraverso le iniziative ‘Borderline-Borderland’ lungo la seconda metà degli anni ’80, il ciclo dedicato agli Interni d’artista e a ‘Le case dell’arte’ negli anni ‘90, la nascita nel 2009 di AccademiaContemporanea oggi OffBrera, alle Collezioni Morningstar Italia nel 2011, Twster Group con il ciclo dedicato al Sistema rischioso dell’arte nel 2012/2013, Amundi Asset Management del 2013    della diffusione attraverso la distribuzione della cultura dell’arte contemporanea, intesa quale patrimonio caleidoscopico in divenire della sensibilità e della ricerca, non sfugge come in quest’ultima stagione si siano moltiplicate, sulla spinta della crisi del 2008 e del suo perdurare destabilizzante, una pluralità di posizioni sulla relazione tra arte e finanza, l’insistito approccio teorico dedicato al superamento della crisi del sistema dell’arte, la trasformazione di alcuni suoi ruoli interni e di talune sue funzioni; forme, posizioni e interventi che in parte segnaliamo anche in questa edizione.   

La condizione di ‘accessiblità’ al patrimonio culturale, lungo le sue diverse variabili specifiche, arte, letteratura, musica, suggerisce passaggi interessanti di riflessione che andrebbero recuperati per arrivare a definire lo stato attuale delle relazioni, con l’obiettivo di avanzare soluzioni e processi di sviluppo. Il patrimonio storico-artistico, in questa prospettiva, c’è testimone di una fitta rete di fatti e di eventi in continua evoluzione, scanditi da trasformazioni non sempre positive sul piano della cultura, sia privata che sociale. Segnalerò alcuni passaggi che valgono come dati di confronto utili in modo che ognuno possa fare le proprie personali scelte ed orientare i propri interessi nei confronti del sistema dell’arte contemporanea, ma con valore di metodo per l’intera sua storia, caratterizzato da una variabilità di aggregabilità e quindi di dimensioni.

Appare indicativo che Germano Celant, storica figura leader nel panorama dei promotori, curatori di Mostre ed Eventi, Musei e Fondazioni all’interno del Sistema Internazionale dell’Arte Contemporanea, ponga ad introduzione strutturale del suo volume “Tornado americano” per Skira un’osservazione analitica del rapporto tra arte e finanza e un’ampia denuncia sullo stato di degenerazione del sistema dell’arte “ A questo punto il ruolo cardine della ricerca va in frantumi e si perde in una partecipazione molteplice di fattori, opachi e indefinibili, che vivono sulla complicità con la finanza e il turismo, lo spettatore e il collezionista, la politica e la diplomazia. Appare interessante osservare il salto d’incidenza attribuito all’affermazione e alle diverse e significative conseguenze che intercorrono tra le strategie di politica-economica e i fattori caratterizzati del sistema finanziario contemporaneo, e tanto diversamente collegati a quella storia sociale dell’arte che nel secolo scorso aveva caratterizzato, con opposte soluzioni, la saggistica e la ricerca. Indicativa per comprendere le linee di un progetto dedicato ai sistemi e alle soluzioni d’accessibilità al patrimonio artistico contemporaneo, è la perentoria affermazione di Celant introdotta in posizione d’anticipazione e quindi non di contestualità e conseguenzialità all’analisi critica degli artisti e delle opere, “ Di fatto, l’andamento dell’arte si lega sempre più alle forze impersonali che regolano la circolazione delle merci, la loro diffusione e il ritorno economico che se ne può ricavare”. “ Il meccanismo messo in moto da questa spettacolarizzazione economica, i cui eventi si definiscono in termini di ‘rivalutazione’, in un tempo ristretto, del capitale impiegato per l’acquisto di un’opera, ha travolto qualsiasi verifica scientifica e storica, museale e istituzionale del linguaggio dell’arte per affidare tutto al carattere ‘redditizio’ di un prodotto”. “ Un tornado basato sull’affermazione della ‘quotazione’ che, lavorando sull’eccesso d’esposizione del valore, tramite una massificazione mediatica, oltre ad annullare ogni opposizione e conflitto riconducibili alla storia dell’arte, l’ha integrata e ridotta a consenso alla moda.”  

Il nuovo collezionista, la Collezione e la Committenza.

La ridefinizione della figura del collezionista e la creazione di una Collezione d’Arte Contemporanea sono i dati su i quali si pone l’affermazione di un progetto quale ‘Barclays Art Prize for Young Talents’.  Rilanciando il valore “antico” della Collezione, di una raccolta coordinata e non casuale, di un processo organico ed esperienziale di “accumulo”, ancora una volta e forse con ulteriore determinazione, proviamo a forzare l’organizzazione di una strategia espositiva che metta in evidenza il concetto di “autenticità” nel significato forse più vero dell’originalità e della sperimentazione; consegnando questo “sistema rischioso” di scelta e di selezione delle opere ad una condizione inedita del collezionismo stesso, alla sua stessa volontà di sperimentazione, alla disponibilità disarmata della sensibilità.

Punto di riferimento e suggerimento metodologico per chiunque decida di affrontare l’esperienza di collezionare e più specificamente destinare attenzione e risorse alle opere d’arte contemporanea risulta il volume di Giuseppe Panza “Ricordi di un collezionista” edito da Jaca Book del 2006 : “La presunzione del sapere è la fine, la morte del sapere, specialmente quando si tratta d’arte contemporanea. La qualità dell’arte è sempre un fenomeno emotivo, è un atto d’amore, la felicità di vedere e possedere arte è questo rapporto d’amore.” Utile per l’articolazione degli spunti è l’analisi condotta da Elio Grazioli nella “La collezione come forma d’arte” ,Johan & Levi Editore 2012.

Sulla base illuminante della testimonianza di Giuseppe Panza, a cui si collega anche il più recente volume “Giuseppe e Giovanna Pansa collezionisti” SilvanaEditoriale 2012,  osserviamo come la diffusione delle micro Fiere sull’intero tessuto espositivo europeo ha subito un’improvvisa impennata in Italia; a Milano nel 2012 si sono realizzate due iniziative nel settore e, in quest’ultimo anno, se ne sono contate tre; un sistema che in anni recenti è giunto a caratterizzarsi attraverso la crescente diffusione, per affiancamento alle sedi storiche di Bologna e di Torino, delle più piccole aree urbane. La rete di piccole e nuove tipologie di Fiere con intenzione di rendere accessibile il patrimonio contemporaneo attraverso la presenza di opere tendenzialmente posizionate al di sotto del valore di 5000 euro appare una conseguenza e un ulteriore sviluppo del fenomeno. E’ apparsa significativa per qualità di concezione e di proposta, anche rispetto alla ormai storicizzata Affordable Art Fair, la recente iniziativa di Giancarlo Politi a Milano con Flash Art Event. 

In ogni caso persistono e corrono lungo due distinte linee i tentativi diffusi di delegittimare la nascita di un mercato diverso, caratterizzato da una forbice d’accessibilità ampio; in particolare si sottolinea la bassa qualità delle piccole Fiere in cui l’accumulo di materiale non ottiene la verifica di una selezione specialistica, ma è sottaciuta la presenza sempre più diffusa della figura del curator in sostituzione del critico d’arte, già storico dell’arte.

Questo dato, ormai configuratosi nell’ambito di una recente trasformazione della storia dell’arte in evento di costume, è alla base di un abbassamento della competenza specifica, della responsabilità e delle garanzie sulla qualità di contemporaneità delle opere e introduce la corrispondenza con il ‘respiro’ della moda. Un dato che con molti altri si pone alla base della linea di tendenza del sistema dell’arte nella costituzione e promozione “dei marchi dalle quotazioni grottesche come Jeff Koons e Richard Prince”  “con i super ricchi la cui conoscenza della storia dell’arte risale a cinque minuti prima” (B. Rose). Fattori che s’inseriscono nel riscontro di una “ despecializzazione degli intermediari”; un fattore che va a “ togliere potere alla gerarchia di mediazione ad oggi incaricata di costituirla – l’arte – come memoria, come atto conoscitivo degno di rilevanza storica e come percorso selettivo verso una teorica hall of fame” (S. Balla Curioni in “Il diritto dell’arte” Skira 2012).

Nell’immediato futuro, sia in relazione ad una ripresa fondata su base etico-culturale della ‘fame d’immagini’ degli anni ’60, ma anche in rapporto all’enorme potenziale orientale occidentalizzato, è prevedibile una crescita della domanda d’arte.

Per altro verso rischia, accanto ad un allarmato richiamo al rigore ed alla competenza,  di risultare inibitorio per una esperienza di ridistribuzione allargata del patrimonio artistico contemporaneo, inteso nell’ottica ampia e caleidoscopica dei linguaggi e delle esperienze espressive, e demotivante per forme aperte di un nuovo collezionismo, il giudizio di Angela Vettese sulle pagine del Sole24Ore “Come autori e come compratori, per entrare nel gioco degli adulti, è bene non abusare delle scorciatoie”. 

Si tratta di ricordare agli ‘adulti’ i termini che hanno condotto all’attuale situazione di crisi del sistema dell’arte, inteso come abbandono del valore di patrimonio culturale e della sua penetrazione nel tessuto connettivo della società, quindi la famiglia al cui interno i figli ereditano i valori del padre e della madre.  

D’altra parte il lungo elenco dei casi d’incomprensione del valore espressivo nella storia sembra essere costantemente cancellato dalla memoria degli addetti ai lavori; vale la pena ricordare che dalla somma, dall’accumulo dei valori, ritenuti improvvidamente minori e anche ‘anonimi’, si sono costruiti non solo grandi eventi monografici, straordinarie ri-scoperte, ma anche edificati Musei e Collezioni di prestigio.

Accanto all’affermazione di un’idea organica della Collezione si accompagna la presenza della Committenza, un fenomeno che è passato storicamente da una diffusa e ampia centralità nel rapporto tra l’artista e la società ad una presenza sempre più appartata, oggi diremmo di nicchia. La committenza resiste nel sistema contemporaneo e in particolar modo nella sfera alta e importante con veri e propri punti d’eccellenza; forme espressive e appartate di relazione privata tra artista e il collezionista; la committenza si posiziona in contesti ambientali di prestigio. 

In questo quadro ha fatto scuola l’evento espositivo predisposto da Jan Hoet nel lontano 1986 ‘Chambres d’amis’ per il Museo, nella città e nelle abitazioni dei cittadini di Anversa.

Anche questo dato, sicuramente positivo, ha la necessità nel nostro progetto di essere realmente sviluppato in quanto è occasione reale di crescita della relazione di ‘accessibilità’. La personalizzazione del rapporto tra artista e collezionista di fatto non obbliga ad una condizione di accantonamento dell’investimento strumentale e creativo, ma suggerisce una mirata azione sulle dinamiche proprie del rapporto, esalta le forme di ricerca, personalizzandosi l’opera scavalca i processi di ripetizione, riconoscibilità dell’opera in precedenza predisposta, ne fa un manufatto ‘raro’ e si predispone a cresce anche sul piano del valore economico.

In questo quadro desidero rilevare che l’opera frutto di una committenza deve essere in grado di coprire un tessuto tematico ed esperienziale ampio, atto a recuperare il rapporto arte-vita, cosi che s’inserisca all’interno e realmente nella forme di comunicazione privata; si pensi alla personalizzazione dell’opera come dato che s’inserisce anche nel concetto di ereditarietà della collezione dove s’intende che passare un dato culturale inedito da una generazione all’altra racconta con più forza la ricchezza, la specificità del messaggio.

Ho sempre ritenuto che il passaggio, direi l’arricchimento nella figura del Collezionista, cioè di colui che ‘raccoglie cose che trova e che cerca’, memoria della dialettica tra Picasso e Duchamp, con chi richiede un lavoro di riflessione su un soggetto proposto, una funzione simbolica, un ambito di emozione e di pensiero, valga con funzione di arricchimento della sua stessa figura. Il collezionista-committente acquisisce un ruolo centrale sulla strada della personalizzazione del rapporto con l’artista e con l’opera ma introduce anche un tassello decisivo nel rapporto simbolico con l’ereditarietà dell’opera. L’opera diventa parzialmente indipendente anche come fatto unico all’interno di un processo di creazione. Sebbene è in aumenta il numero dei collezionisti-committenti, anche se potrebbe ottenere un più alto sviluppo rispetto ad un approccio che sembra essere ancora di nicchia, e comunque è un’esperienza che deve essere suggerita e favorita.

Anche in questo caso andremmo ad assistere al riapparire di una nobile tradizione che, ponendosi in un rapporto di relazione e di continuità con l’esperienza della committenza storica, quella che andava dalla Cappella Sistina al cassettone nuziale, sarà in grado di aprire soluzione espressive inedite e imprevedibili. Oggi come ieri il concetto di collezionismo d’arte che si qualifica nella veste del committente, orienta le sue scelte su un dato di forte radicamento in ambito privato e direi familiare, andando  ad una personalizzazione in cui la proprietà dell’opera consolida l’unità del nucleo familiare; la qualifica dei valori e delle problematiche attraverso l’istallazione dell’opera nel proprio habitat recupera le emozioni di un tempo quando la casa prevedeva il salotto affrescato cosi che oggi è l’inserimento di un manufatto diversamente concepito, dove alla ritrattistica si sostituisce l’elaborazione fotografica di uno o più componenti del nucleo familiare.

In questo quadro si inserisce la frattura tra la linea dell’acquisto conservativo e di fruizione da quella dell’investimento finanziario; dove nel primo caso il patrimonio di opere, ma anche di mobili ed oggetti di valore rappresentavano il valore aggiunto all’eredità culturale della famiglia verso le nuove generazioni, la rappresentanza di una cultura estetica; un sistema che coinvolge la biblioteca, i gioielli. In entrambi i casi rimane presente la valenza monetaria, ma è assai meno significativa nel primo caso. 

All’interno di queste due linee di diversa definizione del collezionare, si dovrà porre la domanda per chi acquista un’opera e si orienta nella definizione di una collezione, e invitare alla riflessione di quanto ogni scelta si vada a collegare e porre in evidenza il valore di testimonianza della propria sensibilità in rapporto a coloro, i figli, che a conclusione di una stagione, memori della fruizione privata, quotidiana, andranno a riconoscere nelle opere scelte e predisposte nell’habitat familiare quell’aurea intensa, delicata e rara che hanno assorbito. Senza voler fare della retorica ma cercando di evitare un diffuso cinismo, segno di un malessere socio-familiare diffuso, se ha senso lasciare una ‘collezione’ anonima di manifesti incorniciati, un’infinita raccolta di fotografie scattate lungo la stagione della crescita, diapositive e filmini, mentre scompare dalle nostre case la foto ritoccata dei nonni e la cultura artistica del ritratto dei figli; tutte forme espressive  percorribili attraverso l’attualità dei linguaggi contemporanei. Forme di comunicazione, sistemi iconografici che i Musei di mezzo e le grandi Collezioni di mezzo mondo si contendono: dalle icone dello star system di Warhol, al patrimonio della memoria e del  ricordo di Boltanski. Anche in questo caso un sistema di ‘accessibilità’ al patrimonio dell’arte permetterebbe la presenza di un sistema di immagini straordinarie nel tessuto diffuso della società. 

In questo quadro di valori e di esperienze estetiche è nato il progetto OffBrera. un nuovo spazio e un’area espositiva che si distacca dalla tradizione delle gallerie, allargando i suoi compiti verso la natura propositiva del laboratorio globale che i giovani artisti condividono all’interno dell’Accademia di Brera. Sin dalle prime battute, ho puntato sul movimento, sul confronto rapido e interdisciplinare delle opere e degli eventi, suggerendo e promuovendo soluzioni di relazione con un più ampio collezionismo, nuovo e indipendente negli strumenti di curiosità, rintracciabile nella società attraverso una fascia di prezzi assolutamente sostenibili e compatibili con la condizione di contemporaneità. La natura propositiva dell’attività espositiva si configura fondata eticamente sia sulle necessità di promuovere i migliori giovani  artisti di Brera sia nel far tornare a crescere un nuovo e più ampio collezionismo. All’interno delle dinamiche tra artista-collezionista, del tutto simili ai rapporti che intercorrono tra scrittore-lettore, regista-spettatore, “forse un giorno l’opera d’arte di oggi si rivelerà anche un valore redditizio. In ogni caso rimarrà comunque il godimento dell’acquisizione di un valore etico e sicuramente rappresentativo della nostra stagione civile e culturale; e la nuova eredità di un collezionismo che non viva l’ansia dell’investimento pesante e sicuro, ma che, scegliendo per libera adesione emozionale, sia di sostegno e promozione allo studio e alla ricerca.” (Rinaldo Invernizzi)

La creazione di una collezione diventa quindi l’occasione per mettere insieme, selezionare forme linguistiche la cui condizione di base è la contemporaneità; mi sembra che si possa e si debba rilanciare l’idea e il pensiero che nella contemporaneità si verifichi un sistema caleidoscopico, dove in altre parole, in assenza del giudizio storico tutto si muova per incastro e sovrapposizione, in un movimento costante e all’interno di una condizione d’instabilità. Ogni singola opera documenta l’articolazione iconografica, tecnico-linguistica di un patrimonio quale risultato di relazioni con i sistemi espressivi contemporanei raggiunti e confermati; nella produzione espressiva si afferma un sistema estetico complesso e dialettico, e in questa natura organica, in cui cioè il singolo elaborato espressivo è frutto di stabilità ma anche di movimento, di staticità e di vitalità interiore; ogni singola opera frutto e conseguenza di un processo linguistico, trova in se stessa energia e vitalità, mentre la fruizione ne percepisce, attraverso gli strumenti intellettuali che le sono propri, la mappatura e l’itinerario nella storia dell’arte contemporanea. 

(J.Amstrong, Il valore intrinseco della cultura, in Il Sole24Ore del 3.2.13).