Talenti Locarno (CH) 2013
Talenti – Locarno CH
Giovani artisti ticinesi dalle Accademie di Brera e Albertina.
di Andrea B. Del Guercio
Il Progetto ‘Talenti’ nasce da un processo di osservazione condotto negli anni sulla presenza qualificata di giovani artisti ticinesi cresciuti all’interno di dell’intenso e complesso sistema didattico-creativo dell’Accademia di Belle Arti di Brera; in prima persona ho potuto seguire lungo quest’ultimo decennio, la crescita espressiva di cinque distinte individualità artistiche che hanno saputo costruire con grande rigore culturale un personale sistema linguistico- visivo e prodotto forme espressive specifiche.
Lungo gli anni del triennio e del biennio di specializzazione, ho avuto e seguito, tra i tanti studenti che affollavano sia le mie lezioni di storia dell’arte contemporanea che i laboratori di pittura, grafica e scultura, Luca Abate, Ivana Vitali, Alain Rampini, Petra Zamaroni, a cui si è aggiunto, in tempi più recenti, Elia Gobbi cresciuto all’interno dell’Accademia Albertina di Torino; non si è trattato, come dimostra lo spirito e i contenuti di questo progetto, di un processo occasionale ma si è qualificato attraverso e in ragione dello spirito di confronto tangibile, di una metodica fondata sulla verifica e la crescita esperenziale del ‘fare arte’ proprio di Brera. Negli anni ho acquisito la certezza che il complesso processo didattico ha lasciato negli artisti quelle tracce culturali autentiche riscontrabili attraverso la maturazione del lavoro e in relazione alla positiva incidenza nel sistema espositivo.
Alla luce di questi dati oggettivi, con la volontà di sostenere un patrimonio a cui ho dedicato le mie energie e che ha risposto con effettivi risultati, ho ritenuto di dovermi impegnare anche oltre l’esperienza accademica; cosi come è avvenuto in altri contesti, il mio impegnare professionalmente ha incluso l’organizzazione di una ulteriore fase caratterizzata dall’obbiettivo importante di non veder disperso ma anzi di far conoscere un patrimonio artistico prezioso.
Quest’ultimo ambito di pensiero ha suggerito l’utilizzo del concetto di ‘talento artistico’ inteso sia sul piano delle diverse specificità e degli indipendenti valori espressivi, ma anche in relazione al timore che un patrimonio caleidoscopico non rischi di sfilacciarsi tra le difficoltà della quotidianità dei sistemi sociali. Il ‘talento’ nel fare dell’arte è infatti il frutto nascosto che si afferma, che si ‘espone’ attraverso la conoscenza e la ricerca, che si evidenzia in ragione dell’acquisizione di tecniche e di sistemi di linguistici; gli artisti-soggetti di questo progetto rispondono oggi, in questa fase della loro esperienza, ai parametri di uno stato di maturità artistica ed elaborano un caleidoscopio di forme visive emblematiche della cultura contemporanea. Non si tratta quindi di leggere il progetto ‘Talenti’ sul piano di un evento espositivo casuale ma lo si colloca in relazione a quelle dinamiche in cui il desiderio, il gusto, l’impulso, e l’istinto si configurano sul piano tecnico-espressivo, e sulle relazioni ambientali, andando a costruire una Collezione di opere d’arte.
La creazione di una Collezione diventa quindi l’occasione per mettere insieme e selezionare forme linguistiche la cui condizione di base è la contemporaneità; mi sembra che si possa e si debba rilanciare l’idea e il pensiero che nella contemporaneità si verifichi un sistema caleidoscopico, dove in altre parole, in assenza del giudizio storico tutto si muova per incastro e sovrapposizione, in un movimento costante e all’interno di una condizione d’instabilità. Ogni singola opera del Progetto ‘Talenti’ documenta l’articolazione iconografica, tecnico-linguistica di un patrimonio quale risultato di relazioni con i sistemi espressivi contemporanei raggiunti e confermati; nella produzione espressiva si afferma un sistema estetico complesso e dialettico, e in questa natura organica, in cui cioè il singolo elaborato espressivo è frutto di stabilità ma anche di movimento, di staticità e di vitalità interiore; ogni singola opera frutto e conseguenza di un processo linguistico, trova in se stessa energia e vitalità, mentre la fruizione ne percepisce, attraverso gli strumenti intellettuali che le sono propri, la mappatura e l’itinerario nella storia dell’arte contemporanea.
Ponendomi in un rapporto di relazione storica con la presenza degli artisti ticinesi nella vita dell’Accademia di Brera, ritengo che la configurazione di una nuova generazione di ‘talenti’ sia una scommessa importante anche per le Istituzioni pubbliche e private del Ticino e da questo alla Confederazione Elvetica. D’altra parte sappiamo quanto ogni territorio europeo abbia prodotto nei secoli quelle forme di cultura artistica di cui oggi viviamo il valore e che a nostra volta dobbiamo contribuire ad accrescere con quelle nuove forme espressive rappresentative del presente.
In questo processo si inserisce la cultura antropologica di Petra Zamaroni, l’anatomia del corpo di Ivana Vitali, il racconto e la visione nel segno di Alain Rampini, l’energia performativa di Luca Abate, l’esperienza della cultura pittorica di Elia Gobbi.
Sulla base di queste riflessioni, valori, esperienze e giudizi ho ritenuto che l’inizio del percorso espositivo, inteso quale forma di confronto e di analisi delle opere potesse trovare una sede intrigante e difficile nell’architettura leonardesca del Rivellino e nella stessa Locarno, quale polo di riferimento per i Maestri delle Avanguardie Storiche; sulla base dei risultati estetici frutto delle istallazioni recenti di Peter Greenaway e di Okana Mas, ma anche alla luce della diretta esperienza espositiva condotta lo scorso anno, ritengo che l’articolazione dell’organizzazione spaziale della galleria sia in grado di fornire un percorso che si costruisce sul concetto di relazione e interazione tra le opere, sul dialogo e forse anche sullo scontro, dove si intende testimoniare la forme vitale del fare dell’arte.
Al percorso espositivo si collega la volontà affermativa di uno strumento editoriale, dove il ‘giornale’ della Mostra non può che rappresentare il recupero simbolico di un vero strumento di comunicazione; la scelta di tornare a realizzare, sulla base dell’esperienza degli anni ’70, un tabliod, con le sue grandi pagine iconografiche, articolate tra la forza espressiva della singola immagine e l’incisività dell’insieme dei manufatti, appare in grado di recuperare la volontà di rigore e di severità, la distanza dall’auto-referenzialità del ‘catalogo’, e perfettamente rappresentare i contenuti del Progetto Talenti.