“Il giallo nel Cuore” – Progetto Medtronic Italia 2010
“Il giallo nel Cuore”.
Progetto Medtronic Italia 2010
Una lezione di anatomia dell’arte.
“Tutte le vene e arterie nascano dal core, e la ragione è che la maggiore grossezza che si trovi in esse vene e arterie è nella congiunzione che esse hanno col core, e quanto più se removano dal core, più si assottigliano e si dividano in più minute ramificazioni” L. da Vinci
La citazione conferma quanto l’intero patrimonio della storia dell’arte europea sia attraversato da una costante attenzione al rapporto tra arte e medicina, dove si intende che questa relazione si articoli per forme e funzioni diverse; spostando le questioni scientifiche sul piano del sistema delle immagini, si avverte quanto il “descrivere” rappresenti una volontà di analisi, di osservazione e documentazione, di condivisione della ricerca.
Esemplare manifesto di questo percorso collegato tra arte e medicina, articolatosi tra disegno e pittura, ma anche specificatosi nella relazione con la scultura da cui sono nate le Cere anatomiche per i Gabinetti Scientifici, è sicuramente rappresentato dalla “Lezione di anatomia del dott. Tulp” opera di H. Rembrandt del 1632.
L’esperienza pittorica attenta all’evento scientifico si sviluppa sulla base del patrimonio storico rappresentato dall’iconografia della “Deposizione di Cristo”, quindi dall’osservazione di un cadavere maschile e spesso con mirata attenzione alle ferite inferte al corpo; si tratterà di impostare una relazione diretta tra il corpo del Cristo Morto del Mantegna del 1475-1478, con il dettaglio del sollevamento della pelle sul dorso delle mani e dei piedi, con il cadavere preso in esame da Rembrandt. L’evento didattico- scientifico è ulteriormente ripreso ancora da Rembrandt nel 1656 con la “Lezione di anatomia del dott. Deyman”, contrassegnata dall’attenzione alla scatola cranica.
H.Rembrandt “Lezione di anatomia del dott. Tulp” 1632 H.Rembrandt “Lezione di anatomia del dott. Deyman” 1656
Lo studio dell’anatomia ha rappresentato una componente centrale nella vita delle Accademie di Belle Arti e rappresenta anche oggi un passaggio didattico obbligato; non è un caso che fino a pochi decenni fa l’anatomia, intesa come osservazione e descrizione visiva del corpo, della struttura ossea e del sistema muscolare, era affidata direttamente ad una docenza con laurea in medicina, con evidente sottolineatura della preziosa componente scientifica all’interno del più ampio sistema della creatività artistica.
Oggi l’insegnamento dell’anatomia nell’Accademia di Brera ha significatamente allargato lo spazio della ricerca. Lungo questo processo di sviluppo del concetto e del valore dell’anatomia, un più dettagliato spazio didattico e di creatività è stato assunto dal Corso di eccellenza attento alla Terapeutica Artistica; un’area della didattica dell’arte contemporanea che torna a confrontarsi direttamente con la Facoltà di Medicina di Pavia e quindi operativamente con il sistema ospedaliero di Milano e della Lombardia.
Lungo la stagione dell’arte moderna e contemporanea la relazione tra arte e medicina ha subito non solo una conferma di centralità, spesso con intensi caratteri problematici, ma costanti approfondimenti e dettagliati risultati. Cosi come si è solo brevemente indicato per il patrimonio storico, dalla stagione antica a quella moderna, anche lungo il secolo scorso si è osservato un processo di contaminazione, a tratti anche esasperati, orientati sulla centralità e la totalità delle questioni rappresentate dal corpo umano.
Accanto ai grandi eventi performativi e di body art propri delle seconde avanguardie degli anni ‘60, trovo più interessante segnalare in questa sede editoriale, traendo spunto dall’esperienza personale, il lavoro di antropologia di Claudio Costa e la sua stretta relazione con la medicina di Mimmo Lo Russo.
Sulla base dell’attenzione espressiva di Costa condotta “in regress” sull’uomo e quindi anche sulla sua storia anatomica, il suo procedere lo conduce tra gli anni 1988-1995 ad agire nell’ambito della malattia mentale.
Appare interessante, anche ripartendo dal dipinto di Rembrandt del 1656 dedicato all’immagine celata dell’apertura del cranio, come l’artista genovese abbia direttamente affrontato, gia nei primi anni ’70, con studi e con alcune opere in bronzo, l’entità complessa del cervello umano. Una stagione espressiva a carattere concettuale documentata fotograficamente dalla figlia Marisol.
Un lungo percorso condotto non più sull’equilibrio tra arte e scienza medica, ma in piena e operativa contaminazione, allargando lo stato di borderline a quello di borderland (specifica cosa intendono questi due concetti), e giungendo ad entrare direttamente, a condividere lo spazio della quotidianità con i degenti dell’Ospedale Psichiatrico di Quarto a Genova.
C.Costa
M. Lo Russo
Su un versante operativo scientifico si è collocato Mimmo Lo Russo nella sua duplice veste di Primario di Chirurgia-plastica e artista; invitato da Eugenio Miccini, Lamberto Pignotti ed Egidio Mucci a intervenire all’interno del Convegno Critica 1 di Montecatini del 1980 con la performance “First Aesthetic Operation”, operando chirurgicamente sull’artista Galezzo Nardini. L’azione performativa si colloca all’interno di una linea di contaminazione tra arte e medicina gia caratterizzata da Lo Russo attraverso i valori diversi dell’estetica racchiusi e rappresentati dall’indagine “radiografica” lungo il decennio 1976-1987; un percorso insistito a cui faranno seguito un succedersi di nuovi cicli espressivi ancora caratterizzati dall’osservazione del corpo e della malattia.
All’interno di un quadro ampio di esperienze si colloca il Progetto “Il giallo nel cuore” contrassegnato dalla volontà di condivisione dell’Accademia di Brera, dei suoi docenti e studenti, di sostenere in forma concreta la cultura della ricerca, le azioni che possano offrire sollievo alla sofferenza. L’ampia produzione di opere, in questa sede editoriale documentata, ha visto il posizionamento centrale dell’iconografia del cuore quale valore d’immagine comune e centrale per ogni artista coinvolto. La presenza prestampata del tema, secondo una consolidata tradizione iniziata dalla Pop Art, ma ricollocabile nella primaria stagione dell’icona antica secondo la maniera greco-ortodossa (A.Maksimjuk), appare terreno fertile di una creatività che ha coperto soluzioni linguistico-espressive ed aree tematiche diverse. Sfogliando ogni singolo passaggio iconografico si scopre come centrale di un sistema caleidoscopico sia il dato dell’esperienza umana (A. Lorenzini) e artistica; il dato cromatico appare in grado di rispondere, sia con la sua matericità (I. Forlini), con la vitalità e il contrasto (F. Nacci), ma anche con la sottolineatura espressionista (C. Passerella, A. Ostermayer), ora all’espressione del dolore ora della vitalità (C. Sabbatella, G. De Siati) dell’energia (A. Puce, M. Lodi), della paura (A. Urso e V. Sonzogni) e dell’attenzione al bene, al dato del giudizio scientifico ma anche a quello prezioso dell’assistenza, del sollievo e della condivisione. E’ in quest’ultimo ambito che si colloca l’opera più votata dai medici partecipanti al Convegno e firmata da Federico Unia, un giovane artista tra i più attenti al complesso sistema delle relazioni sociali.