Aspetti della figurazione toscana – Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Forte dei marmi 1985
Aspetti della figurazione toscana
Galleria Comunale d’Arte Contemporanea Forte dei marmi
1985
M.Fallani
I problemi ed i temi che storicamente la ‘figurazione’, nelle sue diverse accezioni ed autonome differenziazioni formali e culturali, ha fino ad oggi sollevato, ritengo non senza prove tornino ad essere dibattuti con rinnovata attualità e con particolare interesse anche da quel pubblico la cui attenzione nel passato decennio si trovò parzialmente sviato su settori di ricerca, peraltro assolutamente non privi di profondità di indagine ma caratterizzati da un globale ‘progettualità’, poi sfuggita ad una altrettanto critica lettura e ricezione e progressivamente venutasi caratterizzando per esigenze eccentriche, consumistiche, proiettate in un contesto di assenza e inesistenza del dato culturale. La figurazione italiana articolata tra aree ideologiche e poetiche diverse vedeva il netto sopravvento di un giudizio critico-politico, figlio indiscutibile del fronte del realismo proprio del dopoguerra, che finì per coprire e frustrare amaramente aree di dibattito culturale ed artistico assai più decisamente proiettate su introspezioni psicologiche di sicura matrice letteraria e poetica. Gli umori politici, ancora dovuti ad un contesto internazionale quanto mai caratterizzato da conflitti bellici di particolare durezza e crudeltà, finivano così per relegare la ricerca e la comunicazione di uno spessore umorale ed emozionale assai più intimo ma non meno rapportabile a valori umani e collettivi in un’area ulteriormente ristretta. Sfuggivano artisti già consolidati in aree culturali particolarmente attente e qualificate, ricordiamo Vacchi e Fieschi, Cremonini e la Maselli, mentre e soprattutto per i più giovani, di diverse aree geografiche quali la nostra si verificava una disattenzione ed un isolamento. In particolare l’area figurativa toscana, quella appunto che presentiamo, collocata in continuità dialettica con l’intimista rilettura delle sgrammaticature rosaiane, ingiustamente assente da tutte le biennali veneziane, mostrava autonomi segni di studio, di ricerca, di profondità culturale.
Ed ecco l’intenzione, nei limiti organizzativi di un piccolo centro quale Forte dei Marmi, di presentare una breve ma esauriente esposizione della figurazione toscana, o più correttamente di alcuni aspetti, ritenuti sintomatici di un umore più ampio ma anche più specifico, della figurazione toscana.
E la figurazione qui ritengo recuperi forse il suo valore più antico ed originario, quello che dal secolo passato ad oggi non ha sentito il duro e sfibrante passaggio dei tempi ma in esso ha trovato conferme e motivi di arricchimento e non a caso abbiamo inserito in questa mostra opere che hanno ormai alle spalle numerosi anni ma testimoniano con vivacità i principi culturali ed i sentimenti poetici che li hanno dettati.
Una figurazione dal campo ampio di indagine, di una pittura che lavora costantemente sull’immagine tratta direttamente dalla realtà ma poi più attentamente estratta dalle forme progressivamente accumulatesi nel percorso culturale, dai dati della letteratura e della poesia a quelli della musica e della Storia dell’Arte. Un incontro inscindibile ed in arricchimento tra reale e realtà citate e riflesse, estratte e mediate nel ricordo del sentimento e dell’emozione, del desiderio d’amore per la vita e dal confronto con le atrocità della violenza e dell’odio. Una pittura che non dimentica facilmente ma che si accanisce in questo immenso territorio di ricerca che è l’emozione, il sussurro ed il ricordo, i profumi delicati e intensi, il confronto civile, la verifica con coraggio dei mostri del profondo e delle maschere del presente.
Così è forse la ricerca e la continuità di un clima toscano, quello già ricordato di Rosai, ma poi interpretato in chiave letteraria, rigenerato dal ricordo proustiano, da Faraoni e Marcucci, vivo nelle tensioni interne di Capocchini e Marino Marini, assai più conflittuale in Viani e Santini; ma è anche un percorso attento nelle avventure internazionali degli anni ’50 con l’Informale e degli anni ’60 con la Pop Art e I’Iperrealismo, per tornare ad essere verificate con vivace intelligenza e delicata disponibilità tra climi neo-classici ed umori ottocenteschi, dal nudo accademico a raccolti giardini privati, tra umori ed affetti sommessi a enigmatici e profondi silenzi.
Questo articolato ed intenso incontro di ‘immagini’ e ‘lettere’ pongono questi artisti, ma altri ancora in una sede più ampia meriterebbero lo spazio di una articolata presenza, ed il loro lavoro pittorico con un peso assai più ampio sulle forme e gli aspetti della cultura. Rifuggire le mode e le etichette ma ascoltare i fatti del costume, gli umori collettivi, assumere le responsabilità di creare luoghi di confronto tra aree di pensiero diverse nei secoli e negli argomenti; un impegno costante quindi ed un contributo ancora alla base di una valutazione umana e civile del confronto culturale.
Così nascono le emozioni rapprese in. gelide composizioni marmoree nei lavori dei primi anni ’70 di Falconi tra luci plumbee, venate di azzurri e soprattutto di viola, ed ancora non sfuggono di fronte a drammatizzazioni maggiori sempre inserite in un contesto pittorico ‘disegnato’ secondo la lezione neo-classica. Solo in questi ultimi lavori e grazie ad un’immissione di vitalità fisica, epica ma con accezioni silvane, e della intera natura, appaiono spessori pittorici assai più ricchi, con la promozione di una più libera emozionalità ed un gusto alla gioiosa partecipazione, sanamente aggressiva e psicologicamente liberatoria.
Una fine tessitura pittorica ed un costante impegno disegnativo caratterizzano le ‘rivisitazioni’ di Bartolini negli angoli segreti della sua città, tra i giardini privati di Pisa, di fronte a sbiadite figure femminili dal ricordo ai bordi di una conca o dall’alto di una terrazza mentre dalle mura alte spunta la torre o la cupola del Battistero.
Un incontro ed una sovrapposizioni di realtà della storia collettiva e di quella privata per ricomporre la complessità poetica dell’esistenza.
In un contesto culturale assai particolare e parzialmente lontano dagli altri artisti qui presenti si devono leggere queste ultime tele di Benucci dove confluiscono stimoli visivi e letterari che possiamo orchestrare in un incontro emozionalmente vivace di fatti estratti dalla sua medievale San Gimignano, tra le severe torri e l’urlo straziante dei corvi, tra le pagine miniate, testimoni di atroci supplizi e torture ed ancora da tanta severa scultura con il suo bagaglio di animali mostruosi, simbologie cristologiche e frammenti barbarici; ed ancora il loro complessivo recupero nei racconti medievali della Blixen ed ancora nella pittura di Boeklin, ma consolidata per via di Courbet.
Accanto ad immagini e sensazioni care al mondo borghese di Lega de « Il canto dello stornello » e del Toma, anche gli ambienti più spogli, gli oggetti più casuali e quotidiani su cui si sparge un velo di polvere e di tristezza, i giardini dove vive solo un fauno di pietra e un bacco, diventano nei quadri di Doni situazioni segrete, enigmatici ambiti di rispecchiamento e di ricordo, presenze inquietanti della nostra solitudine, luoghi dell’oblio e della coscienza.
Il percorso artistico di Fallani risulta fra i più attenti e i più sensibili nel delicato incontro tra fatti culturali ed artistici del passato con quelli accelerati del presente; la lezione di pittura intimamente appresa da informali esperienze giovanili gli permette una mobilità ed una libertà ampia nel viaggio in uno stato di ricordo reso e sentito eccezionalmente presente, proiettato in una luce di viva testimonianza su i grandi temi attuali; non ‘reflusso’ ma rivitalizzazione di una vita carica di valori umani sinceri, di attenzioni quotidiane, di umori civili, di affetti impegnativi per una esistenza migliore, corretta rispetto alle superficializzazioni costanti. Attenzione alle forme della vita, ai suoi oggetti, le umorali nature morte tra bocce di profumo e fiori abbandonati su uno scuro cassettone, ed ai suoi spazzi, i verdi campi oltre i verticali muretti di via San Leonardo tempestati di papaveri, e gli interni di villini residenziali tra otto e novecento, tra le ombre di persiane accostate in religioso silenzio ed ancora nella viva luce solare del grande quadro « Insieme l’estate ».
Una figurazione al fine caratterizzata nel suo insieme da un clima pittorico umorale, interiorizzazione poetica delle ore del giorno e dei fatti quotidiani, privatizzazione attenta delle intime emozioni e di un paesaggio colto tra le ombre dello studio e nelle durezze architettoniche dei vicoli segreti. Impianto diffuso e disperso, trascritto da una memoria proustiana ma a cui non sfugge Io spazio di tensioni emotive ed una carica espressiva scomposta, finemente aggressiva, mentalmente contenuta e trattenuta e così autonoma pittura rispetto alle superficialità del conflitto modernista. Pittura quindi di memoria, ma non reattiva rispetto al contemporaneo ‘neo-barbarico’ ed invece storico-civile, cioè presente oggi con la lezione ben assimilata del passato; e dalle nostre citazioni il passato era un’avanguardia sociale e culturale cosciente e matura, creativa e dialettica ed al cui centro d’attenzione era sempre l’uomo con le sue esigenze, i suoi tempi reali e le sue segretezze.