Dell’esteriorità di Dio – Un percorso ascensionale di riflessione 2017
Dell’esteriorità di Dio.
Un percorso ascensionale di riflessione.
2017
1. In occasione del Convegno dello scorso anno, parte della mia relazione era dedicata alla funzione ‘teologica’ della cultura artistica e ‘liturgica’ dell’opera d’arte sacra; sottolineavo l’abbandono dei processi narrativi della stagione antica e introducevo l’esperienza concettuale, l’attenzione progettuale, il processo ermeneutico dell’arte contemporanea.
Attraverso il percorso espositivo ‘ascensionale’ predisposto all’interno della Facoltà Teologica e dedicato al clima visivo immaginabile e percepibile di Dio, si osserva che la cultura dell’arte ha indagato e commentato, descritto e interpretato l’esperienza inscindibile della vita e della morte; un percorso iconografico sviluppatosi lungo l’intera sua storia, dal patrimonio archeologico all’attività contemporanea, e quindi con le tecniche ed i sistemi formali, i processi linguistico-visivi e l’intima relazione personale; l’arte ha consegnato attraverso le opere i presupposti ed i risultati dell’incontro esperenziale all’interno delle relazioni tra la vita e la morte, dove l’immagine pittorica ed il marmo scolpito, la lastra incisa e la pellicola fotografica, l’istallazione del corpo nello spazio ed un video non sono ‘contenitori’, non valgono come forme implose, ma materia viva, palpitante ed animata, estroflessa rispetto alla stessa morte. Ogni nuova opera visiva e dell’arte non è quindi da intendere come realtà ultima, rispondente ad un percorso finalizzato alla ‘conclusione’ di un itinerario terreno e di accompagnamento, ma valore individuale di ritorno, rete che recupera, ricordo che vive lungo la propria composizione-attraverso la stessa rinascita nella fruizione. L’opera d’arte che si pone all’interno di tale confronto, di consequenzialità, promuove attraverso l’atto della ‘creazione’, lungo il percorso intuitivo e l’emozione espressiva, la vita nella morte stessa, la sua nascita, il suo stare nello sguardo, nel gesto e nel segno, nel percorrere.
Lungo le diverse tappe del percorso espositivo dedicato all”esteriorità di Dio” ogni opera d’arte conferma e segnala alla riflessione attenta il valore della sacralità nella creatività per sua intrinseca natura processuale ed all’interno di ogni dipendenza tematica, tra soggetti formali ed apparati; così il percorso che collega ‘della vita e della morte’, il loro sviluppo nel comportamento dell’agire e del subire la scomparsa, del vivere l’esperienza dell’essere e della perdita, è percentualmente incluso ed estraibile attraverso la mirata istallazione in ogni opera d’arte.
1.Con questi principi nati dall’esperienza, dal percorso che ho svolto direttamente e intimamente con le opere, dal mio convivere con esse nello sguardo e nella frequentazione quotidiana, ed ancora dall’aver capito da esse della ‘natura’ umana e culturale dei loro artefici…nasce anche questo percorso espositivo. In questo quadro le opere e gli artisti hanno dato risposte ‘aperte’, hanno installato stazioni nel tentativo di rispondere al compito affidatoci da Pierangelo Sequeri di dare immagine all’Esteriorità di Dio.
Così ogni opera ha trovato collocazione costituendo il valore esperenziale del percorso espositivo, assicurando significato allo sviluppo ascensionale dello spazio architettonico della Facoltà; opere di diversa natura linguistica, dimensione e forma, che si sono articolate muovendo dalle prime due nicchie ai lati della grande scala testimoni della riflessione e del ricordo dell’umanità di Dio (Marco Pellizzola e Ezio Cuoghi); opere in ‘alleggerimento sensibile ’ e ‘purificazione emozionale ’ protette ancora all’interno delle cinque preziose nicchie lungo lo scalone d’accesso (Stefano Pizzi); la scultura che si presenta nella forma simbolica del dono salvifico di dio e quindi dell’offerta spirituale dell’uomo a Dio (Nicola Salvatore); riservato spazio per le lavagne bianche che trattengono il ricordo del tracciato tra l’umano ed il divino tra la Croce e la Risurrezione (William Xerra); la superficie pittorica che esprime nella luce abbagliante dei bianchi l’intensità spirituale del canto che unisce la condizione umana a quella divina (Franco Marrocco) dove si intende uno stato di reciproca donazione di sentimenti e di affetti anche nella pala d’altare dedicata alle variabili accese dai rossi agli aranci ai verdi nella reciprocità aformale tra elevazione e discesa (Italo Bressan); due grandi superfici visive dedicate al rapporto tra la vita e la morte, tra il divino-umano ed il divino che ama l’umano e per entrambi lungo il percorso ascensionale, dialogante della resurrezione, dal corpo alla luce del padre (Gastone Mariani) dalle radici dell’architettura che contiene, preserva e trattiene alla luce che libera (Rinaldo Invernizzi); trittico del racconto biblico dedicato al percorso ed alla traccia, tra presenza e simbolo del ricordo (Mauro De Carli) fino a giungere al ‘coronamento’ che lega insieme una condizione umana frammentata, consumata e ondeggiante, in un abbraccio che salva (Alberto Gianfreda).