Ottavio Mangiarini 2013
Ottavio Mangiarini.
La storia espressiva di Ottavio Mangiarini si è caratterizzata attraverso la frequentazione dell’Accademia di Brera come luogo del confronto culturale ma soprattutto quale laboratorio di una grande ed insistita produzione artistica; il giovane pittore non ha mai evitato il confronto con le diverse aree tematiche che gli sono state proposte ma ha rivolto una mirata e personale attenzione al sistema iconografico suggerito dalla realtà.
Se in una prima fase e con due qualificati eventi espositivi, Mangiarini ha osservato l’esperienza dell’alimentazione e inquadrato alcuni soggetti propri del cibo, ha assunto un ruolo esperienziale specifico nuovo il soggiorno di lavoro, organizzato dalle Scuole di Pittura di Brera, in Marocco nel 2011. Un’accurata documentazione fotografica mostra le azioni performative tentate insieme ad un gruppo di giovani artisti nel deserto lasciandoci immaginare le straordinarie sollecitazioni emozionali vissute; un volume mette in evidenza il valore di un’esperienza personale forte, vissuta con partecipazione fisica ed interiore, collegata alla più ampia cultura Land internazionale.
Questo importante passaggio, predisposto con i propri docenti di riferimento Stefano Pizzi e Nicola Salvatore, sembra aver riscritto e comunque si inserisce con valore di maturazione, nella cultura del “Grand tour”, di quel percorso che muoveva dal nord Europa verso il bacino e le origini della cultura classica; un percorso di riscoperta e di immersione che nella stagione moderna e contemporanea si proietta lungo un processo antropologico in “regress” (Claudio Costa) verso le coste ed il continente africano.
È da quella esperienza fatta di percorrenza e di osservazione che Mangiarini scopre la centralità espressiva del blocco di appunti, del taccuino di viaggio, di uno strumento insistito di conservazione emozionale dell’immagine; nasce un documento cartaceo non occasionale ma condotto con perseveranza quotidiana ed elaborato con quella qualità estetica che sembra configurare un atteggiamento di rispetto della memoria visiva. Lungo il viaggio, nelle diverse soste e nell’attenta percezione della luce e delle diverse presenze umane e ambientali, si accumulano i fogli, le pagine di un libro, le forme e il colore.
Da quel primo blocco da disegno ad oggi sono ormai una decina con oltre mille fogli redatti a tecnica mista.
È sulla base di questa esperienza espressiva consolidata che Mangiarini, tra la centralità della carta come strumento di comunicazione immediata ed insistenza iconografica-simbolica ripetuta, trova lo spunto metodologico per la realizzazione di un originale e vasto ciclo di grandi cartoni policromi; nasce all’inizio del 2012 un ciclo di oltre un centinaio di grandi ‘ritratti ornitologici’, persistentemente attenti alla stessa famiglia, alle dimensioni e fattezze, ma in continua articolazione segnico-cromatica.
Forse è ancora la cultura scientifico-espressiva rielaborata nella scoperta dell’Africa, il valore della documentazione antropologica e della catalogazione, a porsi strutturalmente all’origine di questo ciclo pittorico; ma è anche il risultato di un processo di ritorno, di un percorso che si riconosce nel patrimonio colto della ritrattistica antica.
Non sfugge alla ripetizione del soggetto, scalfito da poche variabili formali, ma gestito dalla sola diversificazione cromatica, il sistema antico della ritrattistica applicata alla successione dei Priori nei Monasteri e nei Comandi Militari, nelle Monarchie e nelle grandi famiglie nobili.
Un ciclo pittorico segnato dalla liquidità del colore ad olio e dal disegno, determinato dalla diversa valenza psicologica e sulla fruizione di volta in volta condotta dalla predominanza di un giallo acido, di un marrone bruciato, di un verde brillante, di un rosa pallido ed un rosso acceso; una ritrattistica in cui si confrontano e si intersecano umori e stati d’animo, tra ironia e tragedia, tra serenità e sarcasmo, tra rigore e trasgressione.