L’uomo nel tempo di Gabrio 1978
L’uomo
nel tempo di Gabrio
Andrea B. Del Guercio
La complessa. ed articolata tematica di questa ultima produzione pittorica e grafica di Gabrio riporta alle sue spalle, è bene ricordarlo, un bagaglio di esperienze svolte nei diversi aspetti componenti la sua maturazione artistica. Ricordiamo la formazione informale, le numerose esperienze sulla grafica e soprattutto quella del ’77-’78, e significativo mi sembra il volgere attenzione dell’artista toscano verso un confronto ed approfondimento di fatti letterari utili a raffinare la sensibilità espressiva e ad allontanarlo da un superficiale bagaglio di immagini ideologizzate.
Se la tematica costante di ieri era quella di una interpretazione apocalittica della condizione generale dell’uomo e del cosmo che lo avvolge, oggi viene proposta una visione di esistenza disincantata, divaricata sugli spazi e segreta sull’uomo. I segni tangibili di questa collocazione tematica apparivano in nuce, ma con situazioni pittoriche da meglio mettere a fuoco, per un periodo recensito da Renzo Federici sotto il titolo « Tempi dinerzia »: « L’occasione sono certe ore torpide ed immote dell’estate fiorentina, col cielo plumbeo il silenzio come una greve bambagia, i rapporti con altri spenti, o come non mai esistiti… ».
Un’attesa avvolgente, asfissiante, creata, in questi ultimi quadri, da una serie articolata e dialettica di situazioni, dall’acido compenetrarsi di condizioni ambientali contrapposte; la natura avvolgente di un bosco, di un giardino curato, tendono ad assorbire contemporaneamente ambienti dalle fatture estive ed architetture mistificanti situazioni di ossessività. Un clima di languore e di asfissia nelle visioni di campagne e di mare, dove, ai condizionamenti di labirintiche architetture ed alle stesse reti metalliche, si sostituiscono il Mare ed il Cielo, materializzati in muraglie, incombenti sull’uomo, sui suoi tempi mentali, sulla sua interiorizzata esistenza.
Queste presenze fisiche ambientali, sia naturali che costruite, non si visualizzano esclusivamente nella strutturazione del quadro, ma vengono sorrette da una colorazione per tonalità fredde, da una diffusa luce lunare, negando calore alla natura boschiva ed anche ai rari momenti di distenzione dell’immagine.
La luce acida dell’acrilico si rende utile se non indispensabile sulle architetture costruite per scacchi di marmi colorati dove non sfuggono i termini della pittura ed architettura toscana trecentesca, tra Giotto
del Campanile e delle architetture dipinte, e la facciata di San Miniato al Monte.
L’insieme di queste situazioni ambientali e la loro visualizzazione pittorica, apportano momenti di tensione e di apprensione magica intorno alla incombenza statica dell’ora, del tempo.
Risultati complessivi che possiamo rilevare dalla primordiale tematizzazione letteraria: il dialettico binomio tra « Alice nel paese delle meraviglie » e ‘Desidera’ nella « Vita Interiore », cioè tra l’allegoria sensuale e magica di Carrol e la sessualità ghiacciata ed assillante di Moravia.
Mi sembra, arrivando alle conclusioni di questa proposta di lettura, che la ricerca ed i risultati pongano a buon diritto Gabrio all’attenzione ed in uno stato di credibilità per un pubblico indubbiamente disorientato, e credo che offrano alla critica d’arte le possibilità indispensabili alla continuità di una riflessione estetica ed al consolidamento di una linea di condotta metodologica.
Firenze Novembre ‘78