Liliana Petrovic – Spazi di esistenza 1978

Liliana Petrovic

Spazi di esistenza

1978

Superato il momento di una recensio­ne palese della violenza del quotidia­no, slogan del vivere, o almeno in quan­to particolare aspetto di un più ampio discorso politico e culturale, Liliana Petrovic entra definitivamente, e con un’autentica carica di partecipazione, nel vivo di una pittura dove si dichiara, per un abbandono all’emozionalità esi­stenziale e fantastica, e dove la fantasia in particolare gioca tramite allegorie animali, una sessualità divertita.

Così l’uomo e la donna di Sergio Vacchi, come ambito di ricerca pittorica, diventano il maschio e la femmina del mondo animale della Petrovic e con i quali, rapportandosi ad una violenza fisico-erotica autorizzata e convalidata per appartenenza al mondo della Natu­ra, si abbandona a quest’ultima infine libera da ogni passato di cultura eredi­taria, vista nei suoi aspetti di educa­zione o costume religiosamente osser­vati e condotti.

In questa collocazione e con tale scel­ta tematica, attuata come una « libe­razione », appare il carattere nuovo di questi ultimi quadri e cioè, pur distaccandosi da una figurazione riferita all’Uomo, è in grado di approfondire con maggiore libertà l’elegia di una fi­sicità tutta recuperata nei suoi aspetti magici e inconsci; è bene aggiungere che questo risultato di « natura » della Petrovic si arricchisce tramite l’ironia dell’atto amoroso, cosciente del piacere ma sereno dove i rapporti di base sono la coscienza di un gioco di affet­ti individuali, dialettici e mai tragici, a volte melanconci.

Ora, osservando gli ultimi quadri e tra questi « Madame Recàmier », troviamo una conferma ed un approfondimento a questo clima di ricerca con la presenza di immagini-oggetto che, con fre­quenza ordinata, pur mantenendo un ruolo di contorno alla pittura, vanno sottilmente assumendo i caratteri di quella presenza allegorica che è pro­pria della cultura artistica Jugoslava, terra di origine della pittrice, e che in conclusione vengono a giocare un ruo­lo più dichiaratamente edonistico nel contesto interno al personaggio cen­trale : alla grande testa del leone fanno contorno bigodini-rocchetti da filo, il trono o lettiga romana decorata vivacemente dalle parti, e nel fondo solo un vaso. Parlavo della cultura artistica ju­goslava quale matrice e riferimento cul­turale-ereditario il cui rapporto di im­magini fantastiche ma ben responsabi­le della sua carica, ottiene sul piano visivo la costruzione di una pittura dai risultati conturbanti, penso a Toscovic e soprattutto a Dadò.

Una cultura che sebbene poco compresa in tutta la sua interezza e profondi­tà dichiara la sua carica di « diversa » contemporaneità all’assurdo della con­duzione del mondo e dove tramite una caratterizzazione spesso giocosa e in­fantile si appunta sulle più ampie vi­sioni della mente umana, verso una u­niversale scala di valori, e che vedrei in un ideale collegamento con i versi di Baudelaire:

La Nature est un temple où de vivants piliers

Laissent parfois sortir de confuses paroles:

L’homme y passe à travers des forêts de symboles

Qui l’observent avec des regards familiers.

Ora di fronte a questi vasti spazi di e­sistenza e quindi di ricerche, il baroc­chismo sensuale romano accolto da tem­po con l’ampiezza di un discorso gene­rale e mantenuto alla superficie senza approfondire il significato interno, viene utilizzato da Liliana Petrovic, così arricchito da allegorie provenienti da riferimenti culturali diversi e per scelte esistenziali, nella definizione fantastica della Vita come farsa tragica tra la Morte e l’Amore.