Ecco vedete – Andrea B. Del Guercio legge Nicola Carrino e Alberto Gianfreda.

Ecco vedete.

Andrea B. Del Guercio legge Nicola Carrino e Alberto Gianfreda.

Alla base della pubblicazione di  questo ‘epistolario’, che oggi si allarga al mio contributo, si deve porre l’incontro a tre  avvenuto nel 2012 in occasione dell’assegnazione del Premio Antonio Canova da cui è scaturita la mostra a Passignano e quindi questo documento cartaceo. In quella occasione non potei non promuovere la conoscenza diretta tra Carrino e Gianfreda, certo che al mio giovane ex allievo aprivo una forma importante di rapporto con la ‘storia studiata della scultura’ e per il Maestro vedere la continuità di processi linguistico-espressivi a cui ha dato tanta sostanza teorica.

E’ necessario ricordare che il mio legame con Carrino ha origini lontane, costruite su un rapporto di familiarità, qualificato attraverso iniziative espositive ed editoriali. 

Parallelamente il mio legame con Gianfreda corre attraverso questi dieci anni che ne hanno visto maturare il percorso creativo all’interno di Brera, in qualità di studente e  oggi  di docente, ma direi soprattutto avendone seguito costantemente le tappe espositive e editoriali che lo hanno condotto all’attuale produzione.

Sulla base di quel breve incontro del 2012 e quando il ‘sistema dell’arte’ mi ha offerto l’occasione di redigere la prima monografia di Gianfreda, per attenzione di BancaSistema, ho ritenuto immediatamente utile riconfermare l’incontro tra i due artisti, che seppure appartenenti a due generazioni lontane, si sono dimostrati in grado di sviluppare un confronto aperto e significativo sul piano della riflessione critica. La disponibilità di Carrino ad intervenire con un testo nella monografia edita da…. ha confermato il valore e l’attualità della sua lezione; ma d’altra parte lo stesso Gianfreda aveva dimostrato una spiccata attenzione teorica, quindi ponendosi in un rapporto di continuità con la riflessione teorica, con una prima pubblicazione del 2013.

Memore di aver messo mano nel 2009 alla riflessione critica dedicata ai contributi teorici di Yves Klein, editi da ObarraO, attraverso il diretto l’utilizzo della lettera del 2 maggio 1959 di Lucio Fontana e delle sue riflessioni dedicate al giovane artista francese, ritengo, anche in questo caso, interessante procedere  al confronto e all’interazione tra i due testi.

Leggere Carrino.

“. Nella lezione arganiana che non ho potuto e non potrò mai dimenticare,è l’artista, per primo a dare ragione del suo esprimersi, del suo modo di vedere, analizzare e interpretare il mondo. L’arte è comunicazione e per l’artista, l’oggetto che ne invera il pensiero, altro non è se non possibilità comunicativa.”

Dobbiamo osservare come su questo passaggio si costruisca l’intero impianto del confronto, i suoi contenuti allargati verso la responsabile centralità strutturale del testo teorico ed applicato al fare dell’arte; riprendendo dalle indicazioni metodologiche di Giulio Carlo Argan, dall’attribuzione di valore attribuita alla sostanza del pensiero critico e alla testimonianza riflessiva dei processi scientifici di analisi, Carrino crea una relazione diretta su base linguistica tra pensiero, parola e immagine. Nella definizione “dell’oggetto che invera il pensiero” pone infatti l’unità inscindibile della comunicazione, sostiene le forme di attraversamento esperienziale dei processi creativi, divarica la stessa fruizione verso una condizione di conoscenza competente e qualificata. Una posizione ulteriormente sottolineata: “Strumento possibile del porsi in relazione. Produttivamente si spera. Produttività che risponde a coerenza. Metodo che non sia soltanto costruzione ideologica, quanto fondamento di dubbio. Apertura alle possibilità dei linguaggi come del proprio linguaggio dell’arte.”

Questo passaggio assume un particolare peso teorico in quanto introduce nel noto clima di rigore costruttivo dello scultore una preziosa apertura esperienziale, sia sul piano dell’attività espressiva che su quello della fruizione visiva e del consumo ambientale. Intorno al dato del ‘dubbio’ si pone infatti l’idea dell’apertura alla sensibilità diretta, la condizione di spiazzamento metafisico, lo stato di relazione concettuale con il soggetto plastico, inteso sul piano tematico e formale. Un clima racchiuso nell’ultimo passo presente nel testo di Carrino:”Laddove il mistero fosse divenire di possibile rivelazione.”

Leggere Gianfreda.

La ‘risposta’ all’area del divaricamento verso la sperimentazione e quindi della libertà intesa non con anarchia espressiva, si qualifica attraverso una condizione umana di ascolto, di trascrizione dell’esistente; si percepisce con chiarezza la connotazione di un’attività che non intende ne aggiungere ne sottrarre, ma che osserva per sottolinare, collegare e mettere in evidenza valori e dinamiche.

“In questi anni ho lavorato dedicando attenzione alle relazioni tra i materiali, pensando la forma esclusivamente come risultato di un processo di forze in costante azione.”

Questo frammento riassume una lunga stagione caratterizzata dall’applicazione del valore linguistico del ‘frammento’ e delle sue relazioni con l’insieme; ricordo con interesse quanto Gianfreda abbia dettagliato questo suo operare  tra frazione e unità, applicandola attraverso un sistema analitico partecipato da sentimento riservato, ma riconoscibile per sensibilità e cultura, attraverso l’impiego della carta e della pietra, confrontandosi con il ferro e il legno, la terra e la stoffa. 

Il patrimonio acquisito si oggettivizza strategicamente in questa fase e viene enunciato dallo stesso Gianfreda con valore di ‘offerta’ di riflessione e di comunicazione al Maestro: “Il progetto espositivo raccoglie un gruppo di sculture articolato e eterogeneo con un importante presenza  di lavoro artigianale, che non riporta al problema del fare con la mano ma al desiderio di raccontare la situazione di un territorio. Ci sono lavori in tessuto dei setifici della Brianza comasca, i legni lavorati delle gambe di tavolo prodotti dalle falegnamerie locali e il cotto lombardo”.

Con questa sintetica analisi Gianfreda di fatto dettaglia la ‘filosofia’ che orchestra il proprio lavorare e quindi la composizione dell’esposizione negli spazi milanesi di BancaSistema e in prospettiva nel contesto storico del Museo Canova a Passagno. Una filosofia di cui tenta di far partecipe, di coinvolgere il Maestro attraverso un rimando alla sua storia più nota rappresentata dai ‘Costruttivi’ degli anni ’60: “Credo in un’immagine finale che non sia un’icona ma solo il destino inevitabile della riduzione ad una forma.Penso  che le radici di questo pensiero siano anche nella sua ricerca, nella serie dei costruttivi e dei decostruttivi. “

Leggere Carrino.

Ed a questa filosofia territoriale risponde il riscontro di Carrino e la sua condivisione.

“Assemblaggio di materiali casualmente accostati che sembrano richiedere ordine. Nella crisi economica che attanaglia, globale. E pur vigorosi nella totalità ambientale che ne registra in misura la forza generativa erompente. Si mostrano così accampate nello spazio le ultime forme, asimmetricamente relazionate.”

Sul terreno predisposto e contrassegnato dalle sculture di Gianfreda, il testo di Nicola Carrino si arricchisce e si espande, si fa umanamente oltre che culturalmente partecipe, sia anima e si espande, assume carattere realmente poetico e responsabilmente visionario. I passaggi si fanno dettagliati interpreti del lavoro ma anche allargano la visione filosofica propria del fare dell’arte. Cosi appare illuminante e partecipato di fronte allo spazio : “E pur vigorosi nella totalità ambientale che ne registra in misura la forza generativa erompente. Si mostrano così accampate nello spazio le ultime forme, asimmetricamente relazionate. Cerchianti altrove sacri ambulacri. Prefigurando orizzonti schierati e reti sottese di rimando.”

Per poi chiudere in termini  di straordinaria prospettiva il presente-futuro della scultura a cui ha dato l’intera sua esistenza, sia sul piano espressivo, con straordinari risultati, che didattico, quale impegno etico-morale, e quindi politico attraverso la valenza profondamente intellettuale dell’artista contemporaneo: “L’arte deve rispondere a funzione di necessità. Essere intrusione di cambiamento e novità. Cambiare il circostante. Cambiare l’artista. Cambiare se stessa. 

Un procedere in base al quale l’obbiettivo diventa ‘alto’:”Sculture in contrasto materico variante. Mutevoli. A volte sofferte e intrise di mistico essere. Il ciclo della forma accennato, ti appassiona e ti occupa sino a volerne cercare il possibile afflato dello spirito. Il significato del divino. Laddove il mistero fosse divenire di possibile rivelazione.”

Cari Nicola e Alberto, ecco vedete quanto l’attività critica sia non solo lettura e analisi, interpretazione e giudizio, ma anche straordinaria fonte di confronto e di comunicazione, forma di registrazione del pensiero e dei linguaggi della creatività artistica. Una affettuoso saluto ad entrambi racchiusa in quella foto del 2012.  Andrea B. Del Guercio