Alessandro Spadari e “dello stare immobili” 2010

Alessandro Spadari e “dello stare immobili”.

di Andrea B. Del Guercio.

La condizione di ricerca dell’emozione che nasce dall’accettazione dello stato di liricità appare con maggior chiarezza in questo ultimo ciclo espressivo caratterizzato dalle relazioni istaurate e prodotte tra l’attenzione insistita al soggetto simbolico e l’atmosfera avvolgente della luce; questo nuovo percorso pittorico racchiuso tra l’osservazione della realtà ed espansione del bianco, svela interamente la condizione fino ad oggi mimetizzata ed inconfessata dell’aspirazione di Alessandro Spadari alla poeticità interiore. 

La natura intensamente e dichiaratamente lirica di questa nuova stagione pittorica segnala la volontà di affermare, di mettere dichiaratamente e senza remore in evidenza il valore, di allargare il peso e le qualità di testimonianza proprie del patrimonio di sensibilità personale; un’area espressiva maturata e raggiunta anche all’interno della stessa storia artistico-familiare, significativamente rappresentata dal percorso del padre Giacomo e caratterizzata dall’idea di essere necessariamente testimoni della più ampia sensibilità  contemporanea.

Gia nel precedente ed ampio ciclo espressivo insistito nelle tensioni a-formali del Paesaggio indicavano la concezione di una natura artistica tesa a dare espressione, forse ancora in maniera indiretta, ad emozioni interiori, atta a rivelare la condizione della coscienza in più stretta relazione con l’interiorità, con la riservatezza delle emozioni; l’atto di espansione del colore organizzato attraverso la liquidità, ora dei rossi, ora dei blu, e l’incidenza dettagliata, a tratti sagomata e descrittiva, del nero-forma della realtà, rivelavano la presenza di una volontà espressiva che si poneva in equilibrio ed equidistanza tra l’azione espressiva cercata ed indotta dal concetto di paesaggio, ma anche e già tesa a ‘parlare’ dall’interno del proprio essere, interiorizzando la pittura attraverso lo strumento del colore. 

 Nello Studio scorrono sotto i miei occhi le grandi pagine pittoriche a-formali, poi quelle recenti costruite su una luminosità proiettata oltre i ‘paesaggi’ e caratterizzate dalla presenza fisica del nero catrame; Spadari muove dagli ultimi Paesaggi per dar seguito alla volontà di andar oltre, verso grandi finestre di luce, lungo le pagine di un libro che svelano, rivelano per successione e contatto, per ripetizione e insistenza iconografica, uno stato di sospensione psicologica, di attesa del giudizio e della partecipazione. 

La pittura ora unisce ed ora divide i due diversi cicli pittorici, nel ed oltre il paesaggio, tra le grandi estensioni orizzontali solcate dai blue, dai viola e dai neri, ed ancora nel nuovo ciclo costruito per grumi di materia nella luce dei bianchi.

Due distinti sistemi di fare e di esprimere la pittura e una diversa intenzione del testimoniare la propria riflessione sensibile, la propria necessità di poesia è ciò che divide l’estensione a-formale della pittura di paesaggio dalla descrizione emozionale del battello, del cargo proiettato nella luce sospesa, nebulosa e plastica, abbagliante e profonda, del bianco.

Nello spazio bianco della Galleria d’Arte due grandi tele sono esposte in posizione affiancata svelando un paesaggio esteso, un confine più ampio, un orizzonte dilatato; Spadari ha condotto un’azione di riduzione del colore e del gesto, per andare a porre in evidenza la centralità  espressiva del soggetto, per navigare intorno ad esso attraverso la materia e lo sguardo. Nella dialettica tra il bianco ed il nero, tra la luce e la materia, tra atmosfera e immagine, si osserva la presenza mirata e totalizzante di una realtà nuova, la configurazione della poesia, della sensibilità interiore di fronte al vuoto, dello stare nel tempo senza energia, nel disegno senza prospettiva, nello allo spazio senza mobilità.  

All’interno dello spazio espositivo e in relazione all’espansione ambientale della pittura constato come la fruizione o lettura dell’arte condotta dal visitatore rimanga subito coinvolta e direttamente partecipi condividendo il clima perseguito ed espresso da Spadari; appare evidente come la percezione emotiva all’immagine si caratterizzi attraverso una condizione di condivisione psicologico-culturale e quindi di corrispondenza estetica. 

  

Oltre il paesaggio.

Trovo difficile inoltrarmi all’interno dei significati simbolici, la nave e la nebbia, il grumo “catrame” e l’estensione luminosa, rappresentati da Spadari senza correre il rischio di esemplificare e ridurre la portata dell’esperienza nella fruizione e nella condivisione, ma non sfuggo al compito di testimoniare una riflessione attraverso il sistema d’immagini poste in corrispondenza con lo stato diffuso di memoria e di vita.  

Il bastimento alla fonda che ha circumnavigato il pianeta, il cargo arenato che ha solcato i mari raggiungendo i porti e le isole, il battello avvolto nella luce abbagliante dell’alba, restano a raccontarci di una corrispondenza con la nostra perdita di orientamento e di reciproca accoglienza, ma anche scoprire ‘dello stare immobili’ quale forma alta di percezione e di ascolto, di arricchimento nel silenzio della propria voce, di osservazione del proprio io interiore.  

All’interno delle tante sfaccettature del pensiero visivo e dell’emozione interiore le pagine di pittura di Alessandro Spadari si disgiungono dall’immediatezza della riconoscibilità per immergersi nell’esperienza del fluire dei pensieri e aprono ad una condizione di sospensione del tempo che non può non riferirsi ad un clima di spiazzamento metafisico, di evanescenza rispetto alla tangibilità della materia attraverso l’incisività simbolica del ricordo. Uno stato di s-definizione dello stare nello spazio per perdita di riferimenti ambientali, ma anche di abbandono dello stesso moto ‘da – verso’, di allontanamento e sconfinamento nell’indeterminatezza quale nuova condizione di luogo. Una corrispondenza con il raggiungimento di perdita di orientamento e di accoglienza dello stare immobile quale forma alta di percezione e di ascolto, di arricchimento nel silenzio della propria voce, di osservazione del proprio io interiore.  

Immagini della pittura e versi della poesia, materie cromatiche e pigmenti di nebulosità climatiche e temporali, pagine letterarie e sonorità, da William Turner a Giacomo Leopardi, da Thomas Mann a Gustav Mahler, da Luchino Visconti a Wim Wenders, sembrano rincorrersi all’interno di questo ciclo tanto nettamente configurato sull’intensità dell’esperienza interiore, dello stare con il proprio essere nella condizione di realtà, di restare onestamente attoniti nella quotidianità.