Igino Legnaghi – Passaggi obbligati e luoghi di sosta
di Andrea B. Del Guercio
In un rapporto di continuità generazionale ed artistica si colloca la presenza di Igino Legnaghi all’interno della scuola di Scultura di Brera, dove per rapporto e continuità si intende il complesso tracciato in evoluzione della scultura contemporanea internazionale.
Legnaghi si colloca, infatti, con soluzioni subito autonome all’interno di una stagione espressiva che, a partire dalla seconda metà degli anni sessanta ed in costante sviluppo lungo gli anni settanta, appare caratterizzata dalla volontà di ricerca e di studio di apparati linguistico‑formali in riduzione e minimalizzazione e quindi tesa a predisporre sistemi comunicativi costruttivi dettagliatamente severi e rigorosi. Si tratta di un procedere per lo scultore veronese all’interno di una valutazione della scultura come linguaggio che tende verso e si ricostruisce attraverso nuove grammatiche e quindi nuovi valori culturali risultanti dalla specifcazione analitico‑espres‑siva del segno e della superficie: una stagione di ricerca che, caratterizzata da attenzione e rigore progettuale ed in sintonia con i significati simbolico‑concettuali racchiusi ed emblematizzati nel processo produttivo e nel manufatto industriale, giunge ad una nuova cultura plastica e, sempre su questa base, anche ai valori di una nuova monumentalità.
All’interno del percorso espressivo di Legnaghi coesistono anche fre‑quenti relazioni per specifci momenti d’indagine e di approfondimento, il sistema espressivo della superficie, emblematizzato dal rigore assoluto della lastra, e quello del fattore segnico, rappresentato dalla putrella e dalla barra. Due fattori presenti sin dalle prime esperienze, indicativi di un procedere logico all’interno del sistema “ferro”, e quindi “industria”, scelto come terreno operativo d’indagine. Scegliendo il ferro, l’acciaio, l’alluminio, Legnaghi imposta un diretto rapporto con il manufatto industriale, con un materiale, cioè, già predisposto dal sistema produttivo e testimone emblematico di un sistema strutturalmente rigoroso e razionale.
Il foglio di lamiera e l’impiego del colore con valore segnaletico, in una prima fase, e progressivamente della lastra di ferro, offrono a Legnaghi lo spazio di verifica, in logica relazione con i dati di spessore del materiale, di un procedere espressivo attento alla piegatura, a brevi e calcolati tagli, e per sovrapposizione ed organizzazione di elementi modulari: un operare ed un procedere verso il concepimento di uno spazio scultoreo, di un’architettura dal preciso impianto plastico nei cui confronti la fruizione sembra muovere in un clima di libertà responsabilizzata.
L’interesse per le possibilità espressive della lastra e quindi l’esperienza condotta sull’estensione scabra dello spazio plastico della sua superficie, viene a ricollocarsi, anche con soluzioni funzionali, all’interno di un tema, quello della “porta”, antico e ricco di significativi valori. Lo spazio della porta, quell’area delimitata, organizzata dalle architravi, è segno di uno spazio preservato e sacro, dove per attraversamento non si intende l’atto effimero, ma l’evoluzione responsabile di uno stato: porta come sosta, condizione riflessiva di attesa, evoluzione sensibile in atto: «Io sono la porta: chi entrerà attraverso me sarà salvo…» (Gesù parla di sé nel Vangelo di Giovanni, 10, 9).
Sulla base e all’interno di questo clima intenso, caratterizzato anche da valori di profonda spiritualità, si collocano le ricerche rigorose e si radicano le grandi opere di Legnaghi degli anni ottanta: sono solidi portali ed imperative architravi, pareti e muri, passaggi obbligati e luoghi di sosta.
Accanto ai dati formali della superficie, Legnaghi affianca l’organizzazione attenta ed incisiva di elementi segnici, con impiego della sbarra, del tondino, del monoblocco lineare, sia pieno, sia scatolare: nascono ancora opere monumentali, architettonicamente animate, in cui si conferma il clima intensamente espressivo già osservato nei portali; sono architetture che s’installano enigmatiche e nei cui confronti la fruizione tende ad essere attiva, per frequentazione.