Lydia Silvestri
di Andrea B. Del Guercio
L’indagine critica non può non muovere i suoi primi passi di fronte ad un “percorso urbano” costruito a Milano nell’ ’89 attraverso grandi sculture, poste in un rapporto di serrata continuità e racchiuse nel titolo Arianna e il Minotauro, ed in base a quest’esperienza espositiva complessa ed affascinante, riconoscere significati e valori espressivi presenti nella vasta ed articolata cultura plastica di Lydia Silvestri.
Il “percorso della scultura” si sviluppa lungo l’intera estensione di Corso Vittorio Emanuele attraverso “stazioni” atte ad individuare i diversi attori ed i soggetti simbolici presenti nel mito di Arianna, e reinterpretato dall’artista attraverso una partecipazione intensa e creativa, a tratti delicata e trattenuta, sottolineata dal bianco e dal rosa, ma anche caratterizzata da momenti di forte ed espansiva energia e vitalità, racchiusa nel bleu notte e nell’accensione dell’oro.
La Silvestri predispone, quindi, un racconto visivo attraverso manufatti relatori di ricerche plastiche diversificate nella natura formale: impegnano lo spazio urbano masse forti, tornite in espansione verticale e sollecitate da una controllata tensione, da una trattenuta energia fisica, ma anche più morbide e sinuose volumetrie in estensione lineare, dettate da umori poetici sensibili ed intimamente delicati, e ancor più piccoli brani, attimi di sosta tra grandi attori testimoni silenziosi ed enigmatici, rispondenti a una volontà espressiva che tende anche a preservare, a salvare il fascino del segreto rispetto al tutto dichiarato.
Sulla base ed in relazione ai positivi risultati espressivi di questo complesso progetto si colloca la produzione più recente della Silvestri, impegnata ad essenzializzare ulteriormente i dati ed i passaggi narrativi in ogni singola scultura: si avverte un lavoro che, pur rispettando le due distinte aree formali, il monovolume radicato al suolo ma in estensione verticale ed una sinuosità orizzontale in alleggerimento lineare, punta verso l’ulteriore esaltazione di un clima di preservata enigmaticità ancora di fronte ad una condizione problematica di grande energia poetica e di estremo vigore fisico.
Nelle più recenti sculture ed in particolar modo in La strega e la sua legge si scopre un inedito clima formale caratterizzato da un procedere “in togliere”, per epurazione di ogni possibile dato di riconoscimento, attraverso lo studio attento della sagomatura del volume, lo scarno impiego del taglio, l’uso delle ampie superfici piane.
Alla base di questo impegnativo percorso espressivo si colloca, quale costante dato di supporto, il lapis, un materiale nato dalla miscelatura di inerti, pietra e granito, e vinilesteri. La Silvestri ha indubbiamente individuato uno strumento di lavoro di per sé autosignificante sia sul piano della procedura tecnica di redazione, cioè attraverso la predisposizione di una formatura e la successiva colata, sia per alcuni particolari valori di preziosità cromatica della superficie conseguibile attraverso la fase di patinatura, del tutto simile a quanto avviene per la pietra. Ogni volume risulta da un processo di gestazione culturale e tecnica, dove per redazione illapis appare rispondente al duplice atto del mettere e del togliere, del plasmare morbidezze e del segnalare con forza: una problematica, il maschile ed il femminile, l’attrazione fisica e la tensione spirituale, una duplicità sessuale complessa, segno peculiare di ogni essere vivente, che la Silvestri esprime e risolve compiutamente in ogni singolo lavoro e nell’unità del suo sistema espressivo.