Nino Cassani – La pietra, luogo antico della comunicazione

di Andrea B. Del Guercio

Blocchi di pietra di Vicenza, un’arenaria dall’uniforme colore delicato e caldo, sono il dato di supporto costante per l’opera scultorea di Nino Cassani: si tratta di un materiale inizialmente tenero, quando è di recente estrazione, e che solo con il tempo tende ad assumere una maggiore e stabile compattezza; una pietra quindi “ospitale”, atta a ricevere un segno‑disegno in movimento all’interno e lungo il contorno della sua superficie.
La pietra, luogo antico della comu­nicazione, dai brevi spazi della scrit­tura alle grandi pareti dell’architettu­ra, si pone al centro di una redazione che, sin dagli esordi espressivi, vede l’abbandono del volume e dei suoi segreti inscindibilmente legati alla storia del materiale e della stessa scultura antica, per predisporsi, all’interno di un progetto scultoreo moderno, per articolata organizzazione di piani e di elementi astratto‑modulari, ora in estensione verticale, ora in sviluppo orizzontale, ora in movimento circolare.
Si tratta di una materia ospitale per una grammatica organizzata per masse e volumi dettagliati e dialoganti rispetto all’unità del sistema su cui si distribuisce una fitta rete di piccole incisioni.
Ogni scultura appare quindi una autonoma pagina, ma di un racconto caratterizzato da valori che possono apparire segreti e mimetizzati; ma se si osservano con attenzione il singolo pezzo e l’intera produzione di Cassani, si avverte che l’impegno espressivo è dedicato ad un concetto della realtà e dell’esistenza di ogni sua componente in una condizione di trattenuta mobilità, cioè di qualcosa che afferma la propria presenza, i propri caratteri costitutivi ma non rinnova il suo stato, che non travalica il proprio spazio e non muove oltre le proprie caratteristiche. Costante è la presenza dell’elemento rotante tanto simile ad un sole, quale allegoria di uno stato di energia irradiante; persistente è anche l’attenzione rivolta ad un elemento segnico‑segnaletico, quasi un modulo simbolico per un soggetto, forse l’uomo, enigmatico nel clima di astrattizzazione che lo definisce. Cassani appare interprete, attraverso un’organizzazione semantica espressivamente rigorosa, di una liricità trattenuta e solare, sottolineata dal colore caldo della pietra, avvolgente e comprensiva degli infiniti e sfaccettati aspetti del nostro esistere sul pianeta.
Un lungo percorso di lavoro caratterizzato da un impercettibile autorinnovamento, quasi un procedere nell’immobilità, quale componente significativa di un progetto culturale avvolgente, perseguito da Cassani con estrema sensibilità opera dopo opera; l’artista insiste su ogni nuovo blocco di pietra muovendo con attenzione una trama organizzata per superfici e per segni, al fine di qualificare un progetto culturale ed artistico in cui si afferma l’attribuzione di valore significativo dell’esistere ed al cui interno i dati che fanno la realtà restano immobili e si ripetono come le stagioni e le ore del giorno, mentre l’uomo si dibatte irragionevole all’interno di una conflittualità troppo spesso scarna di significative motivazioni.
La persistenza severa del racconto di Cassani scopre in se stessa, nel suo prediletto dato di supporto, la ragione superiore del processo culturale, e artistico in specifico modo, confermandosi all’interno del “ciclo del sole… di geologie…” secondo l’intuizione critica di Valsecchi.