Testimonianza per Gabrio
di Andrea Del Guercio
Firenze, febbraio 1977
« …abbagliante e agghiacciante rivelazione dell’umanità che si annuncia ossessiva e sperduta tra la foresta dei segni … »
Mario Luzi.
Il mio testo viene a collocarsi indubbiamente in un « momento » assai particolare nell’attuale situazione artistica del nostro paese e poi particolare per Firenze dove Gabrio lavora; e così non è cosa ardua trovare complessità (aspetti contraddittori o metafisici, come vorrebbe Vacchi) nel nostro mondo, e non più solo in ambiente artistico occidentale, quando ci si trova ancora allo « sconvolgimento » di una cultura vecchia e nuova, seppure affascinante, e nella quale non è facile neanche trovare « ispirazione ».
Indubbiamente è il momento del ’700 generalizzato sulla scia di una particolare riscoperta, forse illegittima o « nefanda », ma comunque di un periodo che poi è stato complesso e straordinario, e che intanto ha portato all’affermazione di quel mondo che ancora ci domina.
Così ci schieriamo indecisi tra i sorrisi di un Watteau ed il sogghigno lucido di Voltaire.
Ma i ripensamenti mi porterebbero sicuramente all’infinito nel lamento delle « ferite » di una schermaglia sottile e spesso presuntuosa o superficiale, così che, dopo un solo accennato momento riflessivo, arresto la mia passionalità originaria per essere critico, nel senso originale del termine, difronte a queste chine di Gabrio; luminose e complesse di di citazioni sia strettamente letterarie al testo di San Giovanni, che dalla Storia dell’Arte ufficialmente intesa e trascritta nei manuali.
Ora questo lavoro monografico di Gabrio, costruito su un testo di ampia fortuna critica e tematizzato assai spesso nell’ambito della cultura (di pensiero e figurativa) dell’Occidente cristiano già ai suoi esordi, mi è sembrato un ottimo momento riflessivo e di verifica di tutta la produzione fino a qui svolta e seguita da critici quali Solmi e Bramanti, poeti come Luzi e scrittori come Piero Santi.
Senza soffermarmi in una notazione di brani di chi validamente mi ha preceduto, credo di poter affermare che ha ben fatto Gabrio a prendere tale testo, che, per la sua folla di avvenimenti, di immagini e di colorazioni di un passato ricchissimo di storia e mistione di culture (dal mondo ebraico a quello persiano di Zoroastro) gli offriva i massimi spazi per sprigionare la sua carica espressionistico-disegnativa nel magma di una complessa fantasia, ma che in ogni caso, devo subito dire, non sembra avergli mai preso la mano per condurlo al « gesto »; ed anzi qui le chine sottolineano anche la volontà di essere incisivo ed attento nel dare, nel breve spazio del « cartoncino », la massima caratterizzazione e intensità all’avvenimento profetico.
Questa attenzione e ricerca di incisività si conferma per ogni tavola con il mantenimento di un lavoro di cernita di quel segno « grafico » che pure è inesplicabile e contorto mentre le immagini « groviglio inestricato di frammenti cromatici », si sfaldano e si ricompongono, grazie anche ai colori sempre accesi, utili per la visualizzazione dei corpi e degli oggetti, « così da costringere l’osservatore a uscire dalla sua inerzia ed a seguire la necessità e la sostanza introversa del pittore » (Piero Santi).
Avvenimenti di grandi masse di uomini « disperati », accanto a simboli del sogno e dell’estasi, stragi punitive di un Dio certo anch’egli ricco di immaginazione, accanto poi a scene di un pasto povero, forse sentore di un nuovo spirito religioso: quindi un ventaglio di immagini nelle quali Gabrio non ha voluto perdersi, ed evitando gli scompensi di un così complesso testo, ha mantenuto quell’equilibrio ed unitarietà che « giustificano », se in questo modo vogliamo pesantemente esprimerci dati gli attuali frangenti economici, questa breve monografia nello spirito di un particolare giro di amici a Firenze, intorno a Piero Santi. Vorrei proseguire l’analisi di questi « studi », suggerendo ancora i tratti di un vasto bagaglio culturale ed artistico di cui Gabrio ha fatto uso per arricchire le sue immagini mitiche; in un clima genericamente espressionistico ritroviamo immagini della pittura d’affresco dell’Alto Medioevo, mentre per venire al nostro secolo, sentore della ricerca di un Bacon per il discorso generale ed esistenziale, mentre sul piano visuale, abbiamo il ricordo, giustamente stravolto, dei primi esempi di fumettistica U.S.A. di largo consumo.
Credo in tal modo, per concludere queste annotazioni, che il presente lavoro di Gabrio debba essere valutato come punto sicuro e rappresentativo della sua passata ricerca, un’esperienza quest’ultima che grazie ai caratteri di completezza, unitarietà del discorso figurativo, riconfermano una personale dialettica interiore fantastica e quindi caratterizzazione dell’immagine attraverso colori vivaci fa il punto della situazione raggiunta e nella quale, oltre a proporsi per un ampio dibattito, si trovano i caratteri per una continuità di lavoro verso spazi di ricerca.