Scultura Italiana – Interni d’Artista

English

di Andrea B. Del Guercio

Maggio 1997

Innovazione sul patrimonio plastico attraverso un mix tra volontà di conferma del conseguito e di ricerca innovativa, sia agendo all’interno del sistema linguistico, sia per sollecitazione dall’esterno.
L’articolato patrimonio espressivo elaborato dalla scultura italiana a partire dalle due distinte fasi quella del superamento dell’Informale attraverso sistemi analitici astratti tra il 1958 e il 1963 e quella costruitasi su valori etico progettuali confluiti nel patrimonio concettuale tra il 1966 e il 1970 trova in questi anni momenti qualificati di verifica e soluzioni monografiche di significativa novità. Rispetto ai tre decenni di produzione 1960 1980, e pur conservandosi profonde le diversità dei sistemi culturali tra le due aree espressive, alcune più recenti produzioni rivelano la presenza di valori linguistici specifici per singolo autore, dati sottovalutati dal giudizio critico all’interno delle passate esperienze, che possono in parte fornire indicazione di confluenze e relazioni anche profonde, e che in ogni caso ridisegnano la articolazione di una rifondata cultura plastica. Delle recenti esposizioni personali e interventi di colloca­zione stabile hanno rilevato il superamento di troppo lunghe fasi di giudizio fondato sull’aggregazione collegiale di tendenza e di squadra, con il risultato di svilire con forzature 1’interrelazione espressiva tra opere anche profondamente diverse; in parallelo si è potuto percepire nella sua interezza la debolezza e l’evoluzione di significato ideologico di sistemi di comunicazione estetica impostate su troppo rigidi schemi formali. In particolar modo, possiamo osservare che la rigidità di alcune frequenti `auto citazioni’ formali ha condotto alcuni autori su un terreno espressivo in cui l’opera affermala propria volontà comunicativa non più attraverso l’innovazione ma in conseguenza con l’autorità indotta dalla notorietà ; se si osservano le più recenti edizioni dalle Sfere e i Dischi di Arnaldo Pomodoro alle eleganti superfici di vetro delle nuove Igloo di Mario Merz vi si percepisce l’opzione per uno spazio espressivo nuovo, caratterizzato dalla perdita di sacralità e disgiunzione dalla segretezza dell’originario e dall’acquisizione di nuovi valori già tipici della riedizione e quindi della persistenza del messaggio attraverso la persistenza immobile del manufatto; nei due tanto profondamente diversi esempi e nei loro processi espressivi frequentemente riconfermati attraverso precise e conosciute soluzioni formali si può ulteriormente riconoscere la presenza di quell’aura specifica non più dell’arte ma forse del design, intendendone il significato mirato di un prodotto qualitativamente catalogato dal depositato equilibrio tra estetica e funzione. Rispetto a dette realtà si rilevano, con soluzioni di contrapposizione, elaborati che si devono osservare con attenzione e che rispondono a processi diversi di riaffermazione della tipologia plastica depositata; si tratta di operazioni espressive dettate da una volontà di ricerca caratterizzata da necessità di approfondimento e quindi da risultati motivati da valore di svelamento del nuovo attraverso spostamenti brevi di forma, variazione minima del segno, mobilità dei piani e dei volumi; si tratta di un patrimonio plastico che in quest’ultima stagione difficile si è venuta a caratterizzare attraverso un sistema combinato tra volontà di conferma del conseguito ma anche ricerca di innovazione, sia operando dall’interno del proprio sistema linguistico sia per sollecitazione dall’esterno. Di fronte ad autonomie espressive riconoscibili e quindi distintive rispetto a forzate aggregazioni per superate linee di tendenza appare di estremo interesse condurre una ricerca percettiva all’interno degli spazi di confluenza e interferenza tra sistemi espressivi aperti e quindi impegnati sulla ricerca di passaggi linguistici nuovi: non si tratta di tentare ricerche tese sulla riconoscibilità formale ma orientata sulla percezione sintomatica combinata tra condizioni e stati interiori di narrazione. Possiamo assumere in questo tentativo difficile di verifica . dell’intuizione critica ipotesi a tratti e parzialmente diverse e contrastanti, per porzioni e frammenti, tra le opere; mi riferisco alla centralità del materiale unico di supporto, dal gesso al ferro al marmo al bronzo, al vetro, quindi ad una scelta espressiva rigorosamente mirata ed esclusiva con valore di territorio specifico e dove questo assume i connotati anche autonomi dell’autocomunicazione attraverso un approccio linguistico `aperto’ da parte dell’artista; il materiale di supporto si presenta cioè con funzione non dipendente dalla comunicazione ma integrata con valori specifici al suo evolvere; leggerezza e peso, energia della forma e fattori della dimensione del manufatto appaiono strettamente collegati ad ipotesi specifiche di confronto con lo spazio, di relazione attenta con i valori che l’habitat di volta in volta propone. La lettura di alcune grandi mostre monografiche di questi ultimi anni, l’osservazione attenta di alcuni precisi valori giunti attraverso l’esperienza estetica consolidata alla vitalità dell’elaborazione innovativa suggeriscono un’ulteriore operazione espositiva mirata sulla verifica e sul confronto diretto tra gli elaborati plastici; un percorso e quindi la percezione di un nuovo percorso che includa la strutturalità divaricata, memore di una passata rigidità, ed ospitale espressa dal Luogo dei quattro punti cardinali di Giò Pomodoro installata nel ’95 nel Parco di Tamino (Varese), la disseminazione chiara del gesso artefice di una scultura che tenta di prendere possesso di sè e dello spazio attraverso intelligenza dettagliata del frammento osservata nell’antologica tenuta presso la Galleria d’arte contemporanea di Trento nel ’96 da Paolo Icaro, il forte impatto condotto attraverso 1’essenzializzazio­ne analitica dei sistemi espressivi e l’interazione del manufatto con l’esterno attraverso il piano inciso, la putrella e la calamita per una scultura in `sospensione’ da Eliseo Mattiacci nell’esposizione del ’96 presso l’ex Pescheria di Pesaro; la estremizzazione del rigore quale risultato di un sistema analitico della forma nella superficie e limpido nell’organizzazione di essa per piani e distintamente nel sistema articolato della linea e della barra condotta per sensibilità da Teodosio Magnoni per l’esposizione del 1997 alla Rocca di Umbertide; l’improvvisazione organica di una neo­monumentalità scandita da Antonio Paradiso nel `96 lungo il centro di Asti e nel ’95 di Reggio Emilia; la ricerca e l’esaltazione di una condizione di energia trattenuta dall’orchestrazione delle macchinerie di Massimo Ghiotti, presentate alla sede della Provincia di Torino; l’ultima istallazione di Pietro Coletta, impostata nell’estensione spaziale sul rapporto tra i valori segnici del ferro e l’energia statica della pietra, realizzata nell’inverno ’96 per il Museo di scultura di Tortolì. Realtà espressive diverse, dalla cui collisione è forse possibile trarre il significato più intrinseco del patrimonio plastico italiano e al cui interno agiscono, da Gabriele Giorgi a Christian Cassar, da Antonio Ievolella a Carmine Tornincasa, da Anna M. Santolini a Lucilla Catania, in autonomia e con valori espressivi propositivi.