Equilibrio
di Andrea B. Del Guercio
1984
Quando mi è stato proposto di curare criticamente una mostra che raccoglieva l’attività recente di Rodolfo Aricò, Riccardo Guarneri, Giulia Napoleone, Bruno Conte, Giuseppe Uncini, Carlo Lorenzetti e dopo la riconferma raccolta da una attenta verifica che evitasse le improduttive contrapposizioni con il diffuso clima post moderno, e quindi evitasse arroccamenti sulla persistenza specificizzata proveniente dagli anni ’60 e ’70; ho tentato “con la mente e con il cuore” una ricollocazione dello spirito di ricerca all’interno di una storia più ampia rispetto allo strettamente specifico dalla quale hanno tratto beneficio ulteriori momenti espressivi, e preso avvio nuove avventure, ed ancora osservare l’interscambio sottilissimo per la particolarità del settore con fenomeni diversi, lontanissimi, oltre i limiti dell’immaginazione `fredda’ ma apprezzabili da parte di quanti condividono uno spirito di partecipazione intellettuale.
In questo tentativo, che molti probabilmente non condivideranno, non si vuol tacere sulla condizione di isolamento subito da diverse aree di ricerca del trascorso decennio e numerosi autori che in rapporto di continuità operavano su i temi della ricerca inizialmente proposti dalle `avanguardie storiche’; non ritengo, in questa sede, assolvere dalle gravi responsabilità di una strategia della critica d’arte ufficiale, per altro proveniente in gran parte dalla scuola `astratta’ di Giulio Carlo Argan, interprete esclusiva di nuovi fermenti espressivi ma frequentemente fuorviati ed estremizzati con soluzioni ambigue, che sembrano cancellare decenni di sperimentazione e ricerca, di progressi metodologici d’espressione; una strategia che se per un verso corrispondeva all’esigenza di un mercato esauritosi nella durezza ed inespressività del fenomeno concettuale non poteva per questo cancellare con l’approssimazione e la superficialità che internazionalmente la distingue, l’insieme del paesaggio creativo, ma operare su di esso nei termini di aggregazione di nuovi valori, persistenza e rinnovamenti, aggiunzioni e sottrazioni relazionabili agli umori del costume collettivo.
Che la ‘compenetrazione degli avvenimenti espressivi non deve essere osservata meccanicamente e con tempi ridotti per la riflessione, è stato da me dimostrato a livello emblematico in numerose occasioni.
Ritengo infatti che ciò che caratterizza a livello `strutturale’, l’attuale diffusione di una nuova creatività, rinnovata nella carica espressiva, e condotta con gli strumenti istituzionalizzati dalla tradizione, corrisponda ad un fenomeno del tutto nuovo rispetto alla storia artistica passata e recente; intendo riferirmi, anche rispetto alla collettivizzazione rilevatasi nella stagione pop ma fratturatasi sul terreno tradizionale dello scontro politico ideologico, ad un clima non solo persistente sul piano formale, ma soprattutto sul dato comune di interferenza ed acquisizione di una condizione di costume complessa e diffusa.
Usando per comodità l’ambiguo termine `postmodern’ si può constatare l’abbandono di quella lunga tradizione espressiva e quindi espositiva tesa a conservare la separazione dei linguaggi, formalisticamente intesi, e quindi collegare ad esse aree tematiche d’interesse specifico, pervenendo ad un collage culturale aperto ai più lontani contributi ed alle problematiche più intimamente individuali.
La collettivizzazione del fenomeno culturale attuale si arricchisce anche di significato politico, secondo nuovi modelli, qualificando o riportando ad un originario significato positivo il `fenomeno di costume’.
Il concetto di manipolazione, intesa con volontà di costruzione di un vocabolario espressivo, e di analitica indagine, insistita su i dati primari della comunicazione visiva, sono i due temi rilevabili con maggiore peso e significato nell’attività svolta dagli artisti qui coinvolti. Ora se la storia del loro svolgimento è stato ampiamente trattato in numerose sedi critiche ciò che in questa occasione mi sembra importante iniziare ad affrontare, è la valutazione del significato d’attualità di quanto prodotto e di quanto nuovamente si imposti.
Rispetto al primo argomento, la manipolazione come impiego di energie creative finalizzate e non casuali, nel senso di informale, è stato osservato come la “rivoluzione nell’uso dei materiali e nelle tecniche operative” abbia caratterizzato le profonde differenze tra l’arte moderna e contemporanea con l’arte del passato (mantura); l’evoluzione dei rapporti con i materiali avviatasi agli inizi del nostro secolo ma che solo nel dopo guerra ha finito per depositarsi a livello di coscienza collettiva e la collaborazione alla realizzazione di questo progetto culturale, iniziato dalle avanguardie storiche, non può quindi non vedere presenti tanti operatori che su questa base espressiva hanno operato e tentato con insistenza strade diversissime ma riunificabili nella costante crescita di auto responsabilità d’uso ed invenzione.
Ma è ancora da sottolineare il passaggio avvenuto, sempre leggendo per linee generali un fenomeno estetico complesso e culturalmente interdisciplinare (dalla prima stagione ’60 a quella degli anni ’70) da una interpretazione `costruttiva’, cioè con dati ed elementi di responsabilizzazione ideologica, a soluzioni progressivamente arricchitesi di dati metafisici e di enigmaticità; si è trattato quindi di una evoluzione che già al suo interno seguiva un filo di interferenza culturale con funzione di consolidamento dell’esperienza e le cui tappe tematiche appaiono in chiara corrispondenza se non anticipatorie rispetto all’evoluzione del costume culturale collettivo. 1 possibili rapporti tra avventura artistica e storia dell’immagine collettiva sarebbero qui strutturalmente numerosi e ci porterebbero a superare i limitativi arroccamenti di un’intellettualità, provincialmente auto osservatasi in una condizione di casta, ed in gran numero riconoscibile nella sinistra; senza populismi ma con libero atteggiamento di compenetrazione tra fatti e forme d’espressione diverse credo che la lettura delle passate stagioni e quindi del percorso degli artisti qui coinvolti possa essere avviato e creare una rinnovata attualità in una rinnovata valutazione alla funzione creativa di quelle opere. Se Conte usa la manipolazione del legno in funzione dell’edificazione di racconti minimali, abbreviati e segnaletici d’enigmaticità letterarie, (“la lucertola aveva al polso un orologio da poco. Sono un liutaio per talpe. Non è facile costruire violini destinati a suonare sotto terra. . . un cane triste era tenuto al guinzaglio da un cane… un tirannosauro trovò la penna biro e da questo solo oggetto riuscî con pazienza a ricostruire le probabili sembianze di un paleontologo” B.C. in disegni e `aneddoti’, 1978), e si riosserva nel complesso spirito antropologico, poesia visiva, land, dell’oggettistica progettuale; se Lorenzetti ripristina l’uso del rame e dell’ottone per dar vita al racconto delle leggerezze che navigano l’aria, i ricordi e le promesse come nuvole e foglie, ma sottostante a questa ormai chiara voglia di liricità, compiutamente espressa negli ultimi lavori, tanto attuale ed in relazione con gli umori collettivi più diffusi interdisciplinarmente, si nascondono spunti antropologici depositati nella coscienza popolare ed in particolar modo degli antichi sbalzatori per cui della concettualità ha ereditato il significato metodologico più profondo, completando ancora in senso attuale la sua avventura creativa: se Uncini ed Aricò progettano da tempo contributi per un paesaggio civile, risultati di ricerche costruttive attraverso materiali d’uso antico (il mattone) e moderno (il cemento ed il tondino di ferro) con caratteristiche. retrospettive di tipo land per il primo, e memore della lezione creativa esclusivamente apportata dalla pratica dei territori sfaccettati della scenografia e dell’architettura mentale e dell’urbanistica ideale il secondo. Si avverte per entrambi in condizione di anticipazione il senso sicuramente migliore degli attuali tempi post moderni, ed ecco per Uncini valere per intera la lezione metafisica che sugli spazi collettivi lo porta ad intervenire con reinvenzione di strumenti con funzione d’uso interno o per lo spazio urbano, mentre per Aricò avanzare l’arricchimento d’attenzione emotiva e di trepidazione pittorica della superficie modulare architettonica secondo la pratica e prassi di un’esigenza di personalizzazione profonda della comunicazione.
Con Aricò siamo passati da una condizione di manipolazione costruttiva, caratterizzatasi con caratteristiche ideologico culturali allargate grazie ad interferenze specifiche di un deposito d’esperienza personalizzato intimamente, all’auto analitiche indagini di Guarnieri e della Napoleone svolte sulle componenti strutturali della creatività ed al loro successivo passaggio verso le soluzioni dell’auto narrazione, quindi con funzione di privatizzazione dell’operatività artistica. Se per il periodo ‘storico” dei due artisti possiamo oggi pensare una riunificazione dei precedenti percorsi trattati e confrontare il tutto con le qualità crescenti nelle nuove generazioni, figlie della nuova stagione espressiva, e direzionate nuovamente sulla sperimentazione anche analitica, degli antichi e nuovi materiali artistici, ben più lineare ci appare il rapporto di vivace collocazione dell’attuale produzione di Guarneri e della Napoleone con gli umori collettivamente diffusi di neo espressione, di esigenze narrative con valore di contributo privato.
La manipolazione dei materiali trova oggi corrispondentemente soluzione nella riscoperta delle tecniche e nella congiunzione di usi diversi, mentre lo spirito analitico segna gli ultimissimi tempi di una creatività più attenta e filologicamente auto responsabile dopo le violente emozionalità del primo momento; emblematica di questa situazione è l’improvvisa scoperta da parte delle giovani generazioni ed in clima di ricezione allargata di Fausto Melotti non a caso avvenuta dopo i tempi freddi della concettualità e sbocciata nei tempi riscaldati da una creatività vitale, figlia di una visione aperta e responsabile della realtà e ben più matura delle posizioni critiche più in voga.
Il confronto e la contaminazione da me operata in questa sede tra gli artisti coinvolti ed i nuovi umori di una creatività allargata non solo allo specifico settore dell’arte, mi sembra oggi necessaria perchè sia inteso interamente il messaggio dell’opera d’arte il cui stravolgimento produttivo di nuove indicazioni risulterà segno di vitalità contro gli sterili arroccamenti di maniera, sintomatici di una neo accademia a cui saranno precluse le strade del futuro. Ma forse un tentativo in questo senso, cioè per una metodologia aperta al confluire dei messaggi culturali e delle diverse latitudini espressive, potrà essere verificato nella lettura che già da più parti si sta avviando dalla complessa stagione rappresentata dagli anni ’60 e che non deve rischiare soluzioni di musealizzazione.