Realtà dell’Immagine
di Andrea B. Del Guercio
1980
La mostra che mi pongo qui ad introdurre ritengo sia nata con l’intento di apportare un contributo critico al dibattito che si è aperto attraverso saggi ed articoli, tra esposizioni private e pubbliche, tra polemiche scandalistiche ed inneggiamenti festanti nel complesso paesaggio artistico italiano. Ora seppure condividiamo con interesse i recenti ripensamenti sul fare artistico espressi da parte di quei tanti che ne progettavano ancora di recente «il congedo illimitato, anzi definitivo» (R. Longhi), non possiamo non sollevare preoccupazione per quell’aria di abbandono e di squallore che caratterizza in genere tali recenti esposizioni e dove fondamentalmente scarsa si rivela la consistenza culturale degli intenti tematici e debole la conoscenza degli specifici termini dei linguaggio impiegato dagli operatori prescelti a sostenere e confortare tali ripensamenti. Cadono così nel vuoto gli inviti allo studio degli antichi, soprattutto dei manieristi, ed i richiami frettolosi ai maestri del ‘900, non trovando negli operatori un valido supporto tecnico operatico ed una consolidata attitudine culturale.
Rispetto quindi ad una situazione caratterizzata ancora ampiamente da improvvisazione più che da reale e specifica riflessione, questa mostra tenta di aprire un varco, tra le chiusure ermetiche degli spazi espositivi ‘ maggiori ‘, ad un materiale che in un ventaglio ampio di tecniche e di tematiche risolva le precedenti preoccupazione ed i dubbi. Ma se la presenza di una interdisciplinarietà linguistica e tematica ci è subito sembrata componente naturale della mostra non riteniamo di aver perduto il « controllo continuo, immancabile, dell’opera base » (R. Longhi, Proposte per una critica d’arte, 1950) . In questo ambito vanno osservati gli arazzi della Forster, le incisioni e le acquetinte ‘ letterarie ‘ della Toraldo, e le fotografie ‘ ritoccate ‘ di Mazza.
Così di fronte ad un panorama sempre più articolato di linguaggi e di espressioni diventa fattore di primaria importanza, così come nella psicologia analitica di Jung la ricerca della « Realtà dell’anima », la valutazione nell’opera della « Realtà dell’immagine ». Secondo Jung infatti l’artista trae l’immagine « dalla più profonda incoscienza per ravvicinarla alla coscienza, ne modifica la forma in modo che essa possa essere accettata dall’uomo d’oggi a seconda della sua capacità ». In prospettiva con questa esemplare definizione dell’immagine pittorica, constatante sottilmente le realtà incluse e tutti i meccanismi operativi ed organizzativi del percorso esplicativo, crediamo di collocare la nostra ricerca e subito riteniamo le architetture ed i paesaggi di A. M. Caffè esserne esemplare traduzione. Ancora in questa prospettiva allargata si collocano, seppure sotto forme diverse, le opere ‘ antiche ‘ di Bollea, caratterizzate da «naturalismo archeologico» (R. Tassi), del Di Cocco, secondo la preziosità del segno sul ‘fondo oro ‘, e dei Doni per l’attenzione a storici e metafisici umori.
E’ con molta preoccupazione e rammarico che trovandomi alle conclusioni debba riconoscere come diffusa una caduta di qualità sia nella lettura critica, non più memore dei termini di interpretazione storico artistica, sia nella produzione artistica dalla prima stimata secondo periodizzazioni argomentativo formali o generazionali antropologiche mentre nel complesso i due termini, dopo l’esclusione terroristica dal paesaggio quotidiano dell’opera, appaiono privi di un vissuto esistenziale profondo. Di fronte a tutto ciò, l’invito longhiano alla ricerca ed alla riflessione, alla verifica dei passaggi senza i ritmi consumistici delle mode ed i tempi accelerati dei quotidiani, mi sembra ancora l’indicazione di maggiore rilevanza ed attualità.