Antonio Ievolella

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di Andrea B. Del Guercio

1988

Conosco Antonio Ievolella da pochi mesi ma da tempo rivolgo attenzione al suo lavoro incontrando strutture severe ed enigmatiche, a volte inquietanti, all’interno dei confusi per­corsi fieristici europei; recentemente sono entrato nel suo studio per ripercorrere le diverse tappe di una avventura creativa partita dalla lontana Benevento, memore di una tra­dizione familiare di “decoratori”, ma anche per conoscere segreti operativi, svelare tecniche di redazione, che ogni opera segnala sin dalla prima osservazione.
Ievolella nella conversazione che accompagna la mia visita, dopo un primo momento di timidezza e riservo, si dichiara impegnato nella fase di acquisizione di esperienza tecnico­manuale, di conoscenza del mestiere, da cui riceve stimoli determinanti nella qualificazione dell’opera finale.
Su questi passaggi si vivacizza la nostra discussione per affrontare più ampi temi estetici e aree di indagine culturale che riconosco subito in sintonia con la mia natura caratteriz­zata da vivace partecipazione, sia sul piano del supporto, della manualità, e di quella condizione di analisi e progettua­lità di cui una contemporanea creatività responsabilmente necessita.
Nel clima di una articolata e vivace attenzione alla tridimen­sionalizzazione dei linguaggi visivi da parte di un numero crescente di artisti, convivono tra diverse origini e qualificati valori, due linee fondamentali di tendenza espressiva atte a superare definitivamente la stagione post moderna, neo pit­torica nazionalista e citazionista; si osserva l’interagire tra un attento riesame di area minimal ed analitico, ed una riattiva­zione vivace della cultura materiale e polimaterica, mentre per i migliori risultati interviene un generale clima progettua­le, relatore di responsabile vitalità. Antonio levolella è da tempo testimone ed artefice tra i più incisivi ed esperti di un clima “antropologico”, nel quale trovano spazio umori “anti­chi” sia nel tema che nell’impaginazione e nei materiali impie­gati, la pietra, la terracotta, il legno.
Lungo l’intenso percorso creativo di levolella è attivo anche un crescente stato di rigore formale che in quest’ultima pro­duzione, installata nei Giardini della 43″ Biennale di Venezia, giunge a più ampia affermazione e maturità, accentuando in pari tempo il clima costantemente severo che appare una componente fondamentale e qualificante nel clima culturale prescelto.
Si dovrà ricordare in questa sede, per cogliere in pieno il significato racchiuso nel recente “lavoro” veneziano, la ricca produzione del passato relatrice complessivamente di caldi umori mediterranei, tra archeologie popolari e colte, avvolte da tensioni, sovversioni e placate solarità. II riferimento più diretto di questo clima va ad un grande portale di pietra, forse tufo, animato nel suo tessuto da sgrammaticature, frequen­tato da figurate presenze in altorilievo. Matura ancora il rigore e la severità dopo una lunga stagione caratterizzata per allar­gamento verso più ampi confini etnografici, caratterizzati da crescente progettualità, per cui ogni singolo lavoro assume i termini sempre più precisi dell’installazione, visualizzata attraverso la presenza incisiva dell’uomo sul territorio, tra strutture abitative e strumenti a funzione d’uso.
In relazione al clima culturale perseguito e conseguito, ha ori­gine anche quest’ultimo lavoro sul quale intervengono una drastica riduzione dei termini espressivi e quindi una cre­scente concentrazione delle strutture formali impiegate, delle valenze materiche.
Tre segni lineari proiettati verticalmente per oltre cinque metri con valore di impegno dello spazio, delimitazione del territo­rio, segno tangibile di presenza dell’uomo, realtà segnica enigmatica e incisiva nella sua inquietante e vigorosa carat­terizzazione materica; un supporto plasmato da una volontà creativa tesa a ridurre concessioni gratificanti, sgrammatica­ture di maniera con l’uso del legno, della grafite, del piombo, relatori ancora di umori antichi ed emozioni severe; è in que­sto clima, tra durezze già tipiche del senso profondo della scultura, e con valore di quintessenza antica della cultura antropologica dell’uomo, che si riconosce l’intera storia espressiva di Antonio Ievolella.