La Scultura Disegnata
di Andrea B. Del Guercio
1991
Anche questo titolo, a lungo scandito nella mente e studiato in attesa di vederne definiti i contorni editoriali ed espositivi, si pone in stretta relazione di continuità, con valore di approfondimento specifico, con il lavoro di questi anni dedicato alla storia contemporanea della scultura, a quel complesso di fatti tanto diversi che ne hanno rinnovato le grammatiche e rifondato le responsabilità espressive.
Sia all’interno, che in soluzioni autonome collaterali a progetti criticoespositivi di ampio respiro nell’arco espressivo posto tra la fine degli anni ’50 ed i nostri giorni e tra autori che hanno tracciato un percorso logico per una certa storia artistico plastica, e che anche in questa sede trovano esemplare approfondita riproposta, hanno trovato luogo momenti di più filologica attenzione dedicati a fatti problematici specifici; in quest’ottica si pone un lungo lavoro ricostruttivo sul valore qualificante e strutturale nella redazione del manufatto rappresentato dal `supporto’, ed ancora in riferimento a generi espressivi determinati da autonome regole linguistiche, mirata attenzione e spazio fu osservato per la fase strutturalmente progettuale rappresentata dalla `maquette’.
Queste premesse hanno il compito di collocare la lettura interpretativa del `disegno’, in una prospettiva problematicamente caratterizzata dalla duplice natura di genere espressivo qualificato da una funzione plastico tridimensionale; una duplice natura, quella del disegno, già insita nella sua storia, tra autonomia di qualità estetiche e funzioni di progetto e preparazione per altro, per un genere espressivo `maggiore’.
Questa duplicità assume particolare peso nel disegno di scultura, dove la variabile rappresentata dalla funzione, la componente progettuale e costruttiva qualifica e rafforza i valori di redazione estetica; il disegno scultoreo, rileva cioé la componente di visualizzazione plastica, i valori concettualmente impressi nel processo costruttivo, e la sua grammatica in questo clima si specifica oltre una libera espressività pittorica.
Un ripetere insistito per un `motivo formale’ ben diverso da un automatismo lirico espressivo, un sistematico lavoro tra brevi e grandi spostamenti dal generale al particolare concepito da una volontà che collega strettamente l’estetica con l’esperienza visiva del manufatto, del costruire la tridimensionalità, con i valori progettuali evidenti.
Un disegnare la scultura che in questa luce rappresenta correttamente un procedere per visualizzazione, che ci riconduce all’originaria natura del termine, al suo valore preparatorio, che svela un procedere, un incedere responsabile, un movimento per comprendere, di avvicinamento all’opera.
Su questa base di analisi, attraverso l’individuazione di processi espressivi mirati, dobbiamo ritenere il disegno in grado di rispondere ad una conoscenza reale, rivelatrice della natura linguistica della scultura contemporanea e dei suoi singoli artefici.
In corrispondenza con la tendenza diffusa alla revisione storico critica degli anni Cinquanta e Sessanta, si è operato sulla `scultura disegnata’ definendo un campo ed area di indagine, delle `superfici progettuali’, qualificato nello sviluppo storico del linguaggio e del dibattito generale, e nell’articolazione degli apporti individuali.
Delle `superfici progettuali’.
Il taglio che definiamo delle `superfici progettuali’, è il risultato di un lavoro condotto in questi anni sull’articolarsi per profonde differenze dei linguaggi plastici, con volontà di definire e leggere attentamente un lavoro condotto sul tema della `superficie’, nello spazio piano, nella progettualità del foglio ampio, di un procedere svelato, che non si ripiega quindi sull’unità segreta del volume del blocco, e che ancora si caratterizza, grazie anche ad una responsabile libertà di impiego dei supporti, per apparati formali dialoganti con i dati esistenti e preesistenti dell’habitat.
La linea culturale è espositivamente introdotta da due disegni del 1958 di Pietro Consagra, al quale si riconosce un’anticipata attenzione espressiva per una redazione plastica caratterizzata dall’impiego della superficie piana, di uno spazio di comunicazione in grado di ricevere una grammatica segnica, sia in rilievo che in sfondamento verso lo spessore ed il volume; una scultura che vede rinnovato il suo linguaggio costruttivo del volume, come unità del blocco, al foglio della comunicazione, oltre la riduttività minimal, per intervenire direttamente in un rapporto aperto di fruizione, sia per leggibilità che per possibile impiego funzionale, in soluzioni edificabili e costruttive.
Le `superfici progettuali’ di Consagra segnalano in termini di grande qualità un rinnovamento linguistico problematico in grado di ribaltare ruoli e valori culturali, nell’accezione di responsabilità civile collettiva del termine.
All’interno di questo clima con approfondimenti diversi ed autonomi valori leggiamo le `carte’ di Alcide Fontanesi rivelatrici di approccio formale analitico e lineare, che acquista certezza attraverso atti di composizione e collegamento dei piani; il disegno, da osservare sempre in relazione ad una serie che rafforza il carattere progettuale attivo e vitale, conserva delle grandi sculture, l’emozione filiforme della leggerezza, di una de contrazione in ogni caso rigoRosa ed a momenti severa.
Costruttività perseguita attraverso una grammatica geometrica essenziale sigla il lavoro di questi trent’anni di Nicola Carrino, dai `moduli’ alle `ellissi”. Ogni disegno, sia in libertà per slancio che in orma attenta di progetto definitivo, testimonia la coopresenza inalienabile di tutti i dati di una ricerca estetica caratterizzata dalla più incisiva carica psicologico percettiva, ma che si confronta attivamente e costantemente con lo spazio, sia interno che esterno, con l’habitat da cui non può, per presunte metafisicità, prescindere.
Gli studi di Mauro Staccioli introducono ad una volontà espressiva caratterizzata costanteme`ndne’i ressi costruttivi che l’impiego del cemento armato sottolinea e rafforza all’interno di una grammatica plastica qualificata da una severa geometria solida; gli studi svolgono il duplice ruolo interpretativo del manufatto modulare, dai cubi aggressivi degli anni passati, all’attuale predilezione per geometrie triangolari, rigorosamente progettato e prodotto per conseguire quel massimo di vitalità ed incisività, verificabile in una specifica e mirata collocazione nello spazio, predeterminato e segnato dall’architettura e dalle funzioni d’uso.
Ad una severa logica geometrica si contrappongono le `carte’ di Pino Spagnulo solcate da un segno gestuale caratterizzato da una matericità espressiva, sottolineata dall’impiego di un nero carico, emblematicamente estratto da un paesaggio di fonderie, del ferro e della ghisa; con grande incisività le `carte’ introducono ad una creatività ancora intensamente progettuale, nel dialogo contrapposto tra il movimento circolare e lo statico rigore della lastra, esplicitamente testimone di energia nell’atto dichiarato dello strappo, nell’incisività concettuale del peso materico, in un supporto conservato allo stato spesso primario ed originario di fusione, di manipolazione a tratti informe, seppure sempre sottoposto il tutto, ogni procedimento, da severo controllo.
Rispondono esemplarmente alle `superfici progettuali’ le autonome indagini di Teodosio Magnoni e di Carlo Lorenzetti, caratterizzate da una filologica manipolazione del foglio in lastra, di acciaio ed in ottone, in forma di foglio, alleggerito nello spessore e quindi dei valori forti insiti nel materiale industriale, per essere poi solcato da piegature, sottolineature e punti di forza.
Un operare concentrato, in grado di produzioni qualificate da una serie di ricerche attente a valori estetici condotti tutti all’interno di brevi spostamenti, secondo un paesaggio formale analiticamente studiato.
Un foglio di carta entra a far parte, anche per assonanze cromatiche, di una manipolazione del tutto similare all’impiego intensamente lavorato del foglio di ottone e di acciaio di Lorenzetti; il foglio di oggi sinuoso e morbido ha alle sue origini una scultura che si architettura per accostamento delle lastre, per ampie superfici piane.
I progetti di Magnoni si pongono in sintonia dialettica con una ricerca plastica da cui è assente il volume come massa di materia per prediligere una redazione di superficie, tracciata per piegature, tra accentuazioni e risultati cromatici, così come interagisce una tessitura segnico filiforme, ancora per definizione lineare della superficie.