Antonio Ievolella
di Andrea B. Del Guercio
Lugano, Five Gallery, 2015
tratto da: Scultura. Opere per l’architettura
Le costanti dimensioni della monumentalità
Sebbene non sia questa la sede editoriale per affrontare la complessa realtà della scultura monumentale moderna e contemporanea, ritengo utile chiarire la collocazione dell’opera scultorea di Antonio Ievolella nel contesto di una creatività che intende configurarsi attraverso un’entità indipendente e autonoma, frutto di un patrimonio ereditato, riletto e rivisitato, espressione di un nuovo pensiero e propositivo di diversa esperienza nella collocazione spaziale e nella fruizione individuale. La monumentalità di Ievolella è di fatto insita nei processi della sua cultura meccanica, nella relazione tra le componenti materiali, il legno, il ferro, il piombo e il vetro, collegate nel raggiungimento del dialogo tematico; la monumentalità genera il movimento, sia inteso sul piano fisico che su quello percettivo, produce volume ed esprime il rumore, sollecita l’attenzione attraverso l’esperienza della teatralità, parla attraverso le grandi dimensioni fino a raggiungere la spettacolarità spaziale della città.
La scultura monumentale, di Antonio Ievolella, frutto di memoria e di sensibilità, è tale in quanto forma complessa di esperienza attiva; in questo ambito si pongono le diverse redazioni dedicate e raccolte nel Ciclo ‘Ghirbe’ e datate tra il 2014 e il 2015; le dimensioni ambientali documentate sia all’interno che all’esterno degli spazi collettivi, dalla Chiesa di Santa Maria Incoronata a Napoli a piazza della Stazione a Padova, sottolineano il più straordinario intervento plastico-policromo quale primario soggetto simbolico della cultura alchemica, testimonianza di una forma per eccellenza dell’esperienza umana, fondata sull’acquisizione e sull’offerta, sul ricevere femminile e sul consegnare maschile. All’istallazione di manufatti che superano i sette metri di altezza, si collegano strettamente i due recenti volumi predisposti per lo spazio espositivo di Lugano ed in grado di confermare attraverso una percezione diretta e tangibile, l’insistito rapporto tra equilibrio e disequilibrio, tra mobilità e staticità, frutto dei principi metodologico-linguistici del collage cubista, della strutturale organizzazione della saldatura e dell’imbullonatura, ed ancora l’incidenza di una visionarietà dadaiste, l’incisiva tracciabilità dell’objet trouvé e il suo esteso sviluppo verso i territori dell’antropologia.
Sulla base di tali principi di metodo creativo, interpretati e vissuti con una partecipazione autentica ed acquisiti quali autentici valori antichi, le nuove “Ghirbe” di Ievolella si impongono nello spazio privato, lo determinano e lo caratterizzano introducendo sia lo stato d’intensità psicologica frutto dell’unione della cultura materiale e della tecnologica, sia il tracciato di un’energia che collega l’officina del fabbro alla grande siderurgia, alla cantieristica industriale.