Tiziano Finazzi: “Le Pagine Narrate”
di Andrea B. Del Guercio
Milano, marzo 1996
Le pagine narrate di Tiziano Finazzi
Ritengo che siano significativamente presenti nell’attualità alcuni autori, quali Tiziano Finazzi, che in ragione di un procedere caratterizzato da un’attenta autonomia linguistica e da una serie rigorosa di scelte narrative, ribaltino su un piano di positivo impegno e costante attività di ricerca la mia valutazione teorico critica che, ad ampio spettro ed in più occasioni, non ha potuto non osservare e rifiutare una cultura artistica e linee di tendenza estetico critiche sempre più caratterizzate nel loro insieme da un’ampia fase di deresponsabilità espressivo linguistica e di deproblematicità culturale.
Già negli anni ’80 avevo avuto modo di indicare gli evidenti difetti ed i tangibili errori provenienti dall’assuefazione formalistica, priva di quel reale approndimento raccolto nei migliori risultati e nelle tangibili esperienze progressivamente depositate nel background individuale e collettivo degli anni ’70 e proveniente dall’area progettuale italiana ed internazionale. I risultati recenti appaiono condotti in un clima di impoverimento della sfera profonda dell’esperienza creativa, con diffusa debolezza di concezione e progettazione, con risultati la cui carica trasgressiva appare appiattita di significato e testimone solo dei confini delle complessità di un continente, dai lineamenti esteriori di quel sistema ampio di valori che l’uomo racchiude ed esprime.
All’appiattimento di quella sfera estetica, caratterizzata all’origine da una natura linguistica progettuale, corrisponde, ma con diversi caratteri, una diffusa tendenza espressiva, allargata sul piano delle competenze linguistiche tra soluzioni neo figurative ed una vasta area neo informale che fa perno per entrambe su demotivazioni lirico poetiche, in apparenza intimiste e sintomatiche di un’esangue natura narrativa.
Rispetto allo stato di tensione della prima stagione figurativa degli anni ’70 e dell’incisivo rigore e responsabilità dell’area analitico astratta, anche in queste aree espressive si affastellano soluzioni trattenute all’interno di contesti che hanno complessivamente perduto l’originaria carica e che prediligono, attraverso una generale tendenza introversa, soluzioni tanto accomodanti da testimoniare un plateale vuoto espressivo.
Un contributo pesante giunge anche da un’attività critica che si presenta schierata anch’essa su ipotesi distinte e contrapposte, ma in effetti, entrambi deboli e poco tangibili al processo storico contemporaneo; alcune ipotesi di lettura si caratterizzano per un’osservazione dai caratteri lenti e metodologicamente ripiegata su un’intimizzazione retorica di soluzioni pittoriche che si collocano, sia per soluzioni aformali, ma anche in linea di continuità con la stagione astratto progettuale, organizzata su esiti formali rigorosi. Diverse ipotesi dimostrano un impegno nel ruolo di affiancamento e supporto di segno genericamente teorico, caratterizzato da un diffuso sociologismo di maniera e riduttivamente cinico.
Una tendenza, la prima, che sembra aver abbandonato le responsabilità analitiche degli anni ’70 mentre per la seconda sembra essere il risultato debole di quanti, immemori dell’originaria carica progettuale e problematico antropologica sempre degli anni ’70, si sono schierati su situazioni ripetitivamente proprie del costume e della moda e, quindi, sempre più distanti dalle drammatiche ed estreme durezze di un reale complesso dagli articolari aspetti.
Un clima in più occasioni e da più parti osservato in rapporto con i grigi caratteri del contenuto nazionale e valutato criticamente rispetto alle necessità di rilancio propositivo, comunque possibile attraverso diversi autori collocati con valori di spicco lungo una trasversale fascia generazionale, di un sistema di riflessione ed elaborazione artistico culturale.
La superficie costruita
Rispetto a questa premessa, a carattere inevitabilmente indicativo per brevità di spazio editoriale ma che ritengo necessaria al fine di porre in un contesto dichiarato le ragioni di scelte e di giudizio critico ampio, colloco la mia attenzione sull’opera di Tiziano Finazzi a cui riconosco un progetto espressivo al cui interno operano ed interagiscono scelte e soluzioni di diversa radice e provenienza estetica in grado di produrre un sistema qualificato di valori.
La superficie pittorica, organizzata per estese monocromie scandite dal dialogare di tasselli di luce, si presenta ora affrontata per soluzioni povere di spessore, a tratti per liquidità e comunque di un’estrema assenza di corpo dalla materia cromatica e di ogni traccia di calda fisicità comunicativa, ma anche per soluzioni forti e chiuse, cioè dove il colore tende a completare la superficie, chiudendo per astrattizzazione qualsiasi spazio di fuga, predisponendo l’impenetrabilità di una parete di rosso, giungendo con l’argento alla metallizzazione del colore ed all’impiego specchiante della lamiera di acciaio.
Nell’estremizzazione delle due diverse soluzioni espressive, l’assenza e l’incidenza della superficie come corpo tangibile di colore, Finazzi pone con chiarezza la volontà di una pittura nella quale il colore, scandito ed organizzato, si dispone nel ruolo di una comunicazione autosignificativa, determinata e tangibile.
Una scelta di comunicazione che non si introduce nella redazione dell’opera attraverso dissolvenze e nebulosità, che non utilizza apparati grammatico segnici, ma che impone il colore attraverso un sistema costruttivo di valori evidenti ed, in quanto tali, portati con organica immediatezza sulla superficie dell’opera.
Il colore ed il metallo
L’osservazione della pittura, la sua stesura ed organizzazione segnala da parte di Finazzi una valutazione del colore quale specifica ed autonoma realtà, cioè realtà caratterizzata da una dinamica di significati simbolici e di attributi in grado di sostenere un processo comunicativo e, quindi, di dar vita ad un sistema organico di valori autoespressivi.
Segue gli stessi processi di redazione già delle superfici, tra assenza e presenza della materia, l’introduzione, all’interno delle ampie stesure monocrome, di piccole finestre di colore e frammenti lucidi di acciaio con mirato valore di animazione ed accensione. La presenza di questi segmenti segnaletici ed in particolare la scelta di un supporto metallico sottolinea la ricerca di una rete di rapporti ed interferenze dal forte valore espressivo e quindi di una volontà di comunicazione.
Una stagione pittorica quella di Finazzi contraddistinta da una gamma selezionata di colori in grado di significare con vigore e di sottolineare, con mirate accensioni, ogni specifica connotazione espressiva; dal confronto serrato e dalla penetrazione all’interno dei rossi, dei viola, degli aranci e dei prugna, attraverso l’insistenza sui gialli, sui blu e sui verdi, l’artista ricava un percorso policromo costruito per vivaci rimandi e conflittuali sollecitazioni del pensiero, per profondità della sensibilità e sconfinamento della percezione attenta, dove ogni singola opera appare porzione autonoma di pagine narrate.
La narrazione cromatica segue il desiderio di espressione di un uomo nel quale convive, accanto a quella chiara coscienza dell’atto creativo che abbiamo osservato teso al raggiungimento di un sistema linguistico, una natura segretamente e intimamente poetica.
Una natura espressiva emozionalmente diretta che potremo con azzardo definire entusiasticamente infantile ed in costante ed umorale evoluzione tra le appassionate accensioni dei gialli e tra il chiarore dei verdi, il languore riflessivo e letterario dei rossi, la profondità silenziosa dei verdi scuri, lo stato di rigore intellettuale degli argenti.
Se la nostra fruizione diventa anche partecipazione sarà inevitabile la percezione di atmosfere concettualmente estrapolabili dal paesaggio interiorizzato dalla memoria e confrontabile con la selezione depositata dell’emozione.
Spunti e brani portati da Finazzi con una responsabille freschezza, a tratti con timidezza a tratti con forza, e testimoni del fluire della vita, sia nel suo significato più ampio e lontano nel tempo e nelle geografie, ma anche nei piccoli spazi e gesti del quotidiano. Allora i gialli e i rossi, i verdi e gli argenti sono pagine narrate.