Giuliano Giuman

di Andrea B. Del Guercio

Questa raffinata edizione monografica, rappresentando la mia prima occasione di confronto critico con l’opera di Giuliano Giuman, non può non collocare il suo lavoro più recente ed osservarne la specificità dei valori espressivi, all’interno di un’analisi dell’intero percorso intellettuale e creativo e quindi di un giudizio mirato sui fattori di metodo che costituiscono il territorio consolidato della sua figura d’artista.
Solo alla luce di un’indispensabile conoscenza del percorso e dei processi espressivi elaborati e maturati da Giuman in questo ventennio, ritengo sia possibile rintracciare le ragioni ed il senso esperenziale che lo hanno portato, oltre l’occasionalità di un’esperienza di lavoro, ad una tanto specifica attenzione nei confronti del vetro quale materia di supporto espressivo ed alle tecniche ad esso collegate; la costante esigenza di ricerca di una diversa natura dell’arte e quindi di una personale collocazione all’interno dei processi linguistico-visivi rappresentano infatti il territorio complesso ed aperto per l’intera operatività di Giuman.
In stretta relazione con una mirata etica della sperimentazione, tematico-culturale e linguistico-visiva, dell’arte contemporanea, Giuman è andato definendo un territorio determinato dai valori dell’esperienza, culturale ed umana, intellettuale e fisica, in cui rinnovati appaiono, attraverso la successione di diversi cicli espressivi, i confini; mantenendo rigorosamente centrali le forme estetiche nelle propria attività di indagine tematica e di ricerca della comunicazione, in cui pittura e scultura hanno concettualmente interagito, appare possibile riconoscere una volontà espressiva all’interno di grandi questioni ambientali, sia in riferimento al concetto di territorio che di società umana, di viaggio tra le sue radici e lungo la sua storia, ricostruita tra i reperti del passato e i frammenti della contemporaneità, insieme proiettati in un sistema in cui, annullate le differenze esteriori, si uniformi nel concetto di essenza simbolica.
A questi vorrei tentare di aggiungere la componente di sperimentazione intrinseca in quegli anni in cui si definisce un territorio culturale di riferimento dai confini ampi e con particolare attenzione a questioni ambientali, di riferimento al concetto di territorio e di società umana, di viaggio alle sue radici e nella sua storia, di una storia fatta di reperti e di frammenti proiettati nello sconfinamento del tempo e della storia.
La cultura artistica e l’esperienza intellettuale svolte da Giuliano Giuman sono ricollocabili hanno rapporti interessanti con il paesaggio antropologico e con la vastità di un borderland, in cui la responsabile libertà e la scientifica versatilità del pensiero e della prassi artistica producono inascoltati ‘barometri’ del presente.
Il ‘colore’ ha assunto, in questo paesaggio espressivo caratterizzato da esigenze di ricerca, e lungo l’intero sviluppo del suo lavoro così come significativamente nel presente, un ruolo centrale, in cui da strumento dipendente della comunicazione artistica è diventato un vettore autonomo del concetto di esperienza nel presente ed un testimone attivo della realtà che si è configurata rivelatrice della propria storia.
Rientra nella cultura della ricerca anche l’approfondito e rinnovato impiego del vetro, condotto attraverso una particolare tecnica di realizzazione delle lastre e quindi della loro mirata sovrapposizione; una sperimentazione tecnica ed un processo espressivo attraverso cui Giuman ha tentato, con straordinari e specifici risultati, l’affermazione, insito nel valore espressivo del colore, della sua plastica tangibilità; il processo espressivo predisposto in questi anni e significativamente esasperato con le ultime opere, appare oggi dettato dalla volontà di operare sulla relazione stretta e quindi inscindibile tra il concetto di ‘luce’, quale territorio originario e tangibile del colore, e la configu­razione della realtà tra i processi della vita e l’emozione dell’esistere. L’azione espressiva di Giuman sembra interpretare il vetro all’interno di fondante culturale materiale, in cui l’evoluzione delle tecniche di fusione e di impiego permettono di riconoscerne il ruolo di significativo tassello lungo la storia della società umana, ed attraverso una personale sperimentazione permette all’artista di riportarsi nel tracciato di una cultura alchemica attenta ai preziosi processi di vitalità della materia. Un atteggiamento estetico-culturale, quello di Giuliano Giuman che non deve essere quindi riferito al processo di ‘citazione’ tecnico-linguistico della tradizione estetico-decorativa ottocentesca, svuotatasi anche nel XX secolo degli originari contenuti di riferimento e delle funzioni d’uso, particolarmente di culto; una concezione estetica ed una sua specificazione anche nelle grandi vetrate, che, costituitasi nel contesto artistico-critico contemporaneo ed in aperto confronto con il patrimonio problematico presente, è oggi in grado, con rari altri esempi creativi, di specificarsi nella produzione delle grandi vetrate e da queste ad una nuova concezione dello spazio interno e dell’architettura.

Tra la luce della pittura, la forma del design e lo spazio dell’architettura

Rispetto ad una lunga stagione creativa in cui la policromia multipla delle superfici di vetro, pur segnalando una significativa presenza fisica e quindi un’incidenza forte anche sulla percezione e sullo spazio, in cui l’area di riferimento più sicura continuava ad apparire la pittura, intesa nel quadro di un contesto astratto-aformale, una più recente produzione di opere, che questa edizione raccoglie, permette un netto raffronto con le questioni diverse della scultura, con i valori tangibili della materia nell’occupazione, anche attraverso la vivacità ed il contrasto del colore, nelle superfici e nei frammenti di luce, dello spazio fisico.
Attraverso la conoscenza ormai completa dei mezzi tecnico-espressivi, Giuman, in questa nuova stagione, animato da un particolare entu­siasmo e probabilmente da una volontà ulteriore di rinnovamento attraverso l’azzardo formale, ha potuto lavorare con maggiore mira espressiva sulle questioni della scultura riconoscibili nel binomio colore-luce, dove cioè l’esperienza plastica sintetizza il triplice confronto tra la luce della pittura, la forma del design e lo spazio dell’architettura. Rispetto ai sistemi policromi dettati da una volontà pittorica ricca di passaggi e contaminazioni, sfumature e liquidità, decisamente più frantumato ed articolato appare il paesaggio che l’insieme delle nuove opere, raccolte nello studio di Milano e predisposte in questa iniziativa espositiva; di fronte alla documentazione fotografica su cui la memoria visiva opera per rivisitare il progetto espressivo d’insieme e rileggere il singolo pezzo, si comprende con chiarezza la presenza di un sistema sia cromatico sia formale rigorosamente fondato sull’energia problematica della dissonanza, costruito attraverso l’incisività della frattura e l’attenta successione delle frammentazioni.
Il nuovo paesaggio cromatico-plastico scaturisce da un’azione espressiva caratterizzata dal confronto tra manufatti ‘disegnati’ da un’inedita volontà di purezza formale, al cui interno il colore, nelle soluzioni in cui la materia vitrea appare più vicina alla configurazione rarefatta e impalpabile della luce, e dalle relazioni improvvise ed esasperate di frantumati brani di materia nelle superfici aggredite dal rosso e dal giallo ed ancora dall’accesa monocromia dei verdi e dei blu.
Il percorso espressivo predisposto da Giuliano Giuman, ritengo sempre con straordinario entusiasmo e rigoroso impegno, in questa recente stagione appare significativo frutto di una forte volontà di ulteriore rinnovamento metodologico e quindi estetico; significativo in que­sto ambito di riflessione e di ricerca l’introduzione di una polimateri­cità netta e condotta attraverso la pietra e il ferro in ‘Forza leggera’, sottolineata dal marmo, forse ancora memoria, di un ‘Amore impos­sibile’, ed ancora un clima generale di tensione nella ricerca di un’energia ovunque racchiusa nel segreto di quella materia, il vetro, nelle sue piegature e fratture lungo l‘interminabile processo di fusione e raffreddamento sottolineato nel ‘Il colore delle ombre’, racchiuso nel ‘Rosso’, percepito nei ‘Voli’.
Attraverso la percezione in serrata successione da ‘Tracce’ a ‘Dietro’ e da queste a ‘E allora?’, con ‘Pronti’ e ‘Curiosità’, risulta chiara la ra­refazione della pittura a cui si sostituisce l’assorbimento ‘plastico’ del colore da parte delle forme strutturate vetro; seguendo un percorso di raffreddamento del sistema formale, in cui lo spazio culturale del design sembra affiorare, testimone di nuovi fattori processuali, ogni singola opera viene ad acquisire in se stessa più segrete tensioni e l’emozione di un momento estremo.