Angelo Titonel

titonel

Andrea B. Del Guercio

Milano, 25 marzo 1994

Il contributo critico che colloco all’interno di questa edizione, pur dedicato specificamente all’attività recente di Angelo Titonel, non può non tener conto, e nella natura di un saggio breve e non esaustivo sul piano storico più ampio, di un autore che ha attraversato ed ha significativamente contribuito alla storia ed allo sviluppo della cultura pittorica italiana sin dalla fine degli anni ’60. Una stagione particolare all’interno della più ampia storia artistica contemporanea e nella sua natura interna complessa e combattuta. Un patrimonio sfaccettato di esperienze visive redat­to, tra tendenze figurative, sviluppi informali ed affermazioni astratte, per attraversamenti della realtà, lungo quelle intime avventure che fanno l’esistenza dell’uomo; un percorso espressivo, che si è costruito sul terreno di una sincera e profonda sensibilità poetica arricchita per contributi culturali diversi nella natura linguistica. Una materia complessa sul piano dell’articolazione formale e di difficile definizione per l’impalpabilità, la perdita di contorni certi in una materia quale è la condizione di poeticità, del concetto di sensibilità, del significato e valore di emozione interiore.
Un territorio tanto autonomo nella cultura visiva che la critica, in passato, ha attraversato con frequente approssimazione e ridu­zione di strumenti, ora con legami troppo stretti con le conflittua­lità sociali, ora per frequentazioni letterarie svianti verso facili retoriche interpretative. Un clima estetico che dovrà essere riosser­vato con quella mirata attenzione che ogni singola pagina richie­de, in un rapporto di filologica osservazione della struttura di comunicazione, nella rispettosa preservazione di ogni raccolta segreta emozione.
Ritengo che Angelo Titonel abbia costruito in questa recente stagione, con valore qualificante nel conseguimento di quel clima che abbiamo indicato, un procedere espressivo fondato sull’alleg­gerimento di ogni relazione e struttura per conseguire un’immagi­ne pittorica autonoma rispetto al reale e quindi in affermazione del soggetto e delle fasi di comunicazione del progetto. Si avverte cioè un procedere verso l’individuazione e la messa in evidenza, per il raggiungimento di una centralità del valore espressivo, di un’immagine quale dato estrapolato da quel complesso paesaggio che definiamo realtà.
Si afferma il tentativo di un lento e completo abbandono, di una mirata presa di distanza dalla realtà attraverso l’approfondimento di dati che per forma e memoria a questa sono appartenuti, ed ancora come tale processo in “togliere” risponda alla ricerca nella forma di un significato nuovo e diverso, valori che affiorano nella grammatica visiva per opere disegnate, che si impongono per immagini costruite per forte plasticità. L’intero ciclo recente appa­re fondato su una pittura che si configura nella monocromaticità del disegno, nel suo processo linguistico e nei suoi valori estetici; il disegno quale strumento di analisi e di progettazione, strumento di indagine e di ricostruzione, tratto che affiora dalla memoria e che si qualifica nella natura di appunto grande, con esaltazione di una condizione di sensibile incertezza, ed ancora per grandi sagome imperanti in una superficie sempre animata.
Le pagine bianche di Angelo Titonel, le sue grandi lavagne chiare, sono superfici interamente attraversate dallo spessore caldo di una materia fatta per macerazione di micro segni, per trepidazione di ombre, per morbidezza di una luce che si diffonde e si distende; pagine che si propongono ricche per una propria natura comuni­cante, che fanno proprio il processo espressivo teso ad una condizione di assoluto poetico, di emozione avvolgente come nebbia, di superficie lunare impalpabile in cui pure la sensibilità sconfina, senza ricerca di confini.
Ed è su questa materia predisposta con raffinatezza, nel clima impercettibile del dubbio, che si osserva un primo segno, il breve tracciato di linee che, seppur marcate, sono sempre testimoni di un delicato tracciato verso l’individuazione di un contorno, me­moria segreta di un soggetto. Affascina il silenzio bloccato propo­sto dall’immagine, la sua espressiva povertà di fantasma segnico, di trascrizione enigmatica e mistero che aggiunge altra dimensione e ne espande l’effetto oltre la realtà di riferimento, verso le ragioni dello spirito.
Ma il disegno di Titonel si impone anche nel tracciato forte, per segno scandito da una geometria rigorosa dello spazio e che quindi si fa testimone progettuale del volume, fino a conseguire una plasticità tangibile; non solo segni di memoria, ma affermazione del ricordo attraverso un dato strutturato e costruito, architettura sulla superficie, ingranaggio prodotto.
Si avverte con chiarezza un perfetto controllo del soggetto attra­verso la cresciuta presenza degli stessi mezzi espressivi ed ancora lo sviluppo, attraverso di essi, di una volontà di approfondimento di quel costante mistero che avvolge la realtà e diventa nell’opera forza dell’emozione, tensione del pensiero.
Utilizzando la parola controllo nella redazione pittorica intendo e quindi implico la conduzione attenta di componenti, di forze contrastanti che si possono solo avvertire subliminalmente, e che conferiscono alla pittura un senso di sortilegio, lo stesso che proviamo davanti ad antichi manoscritti, a rovine dissepolte, ma anche per oggetti che sono nel nostro distratto quotidiano; ma l’opera pittorica di Titonel non pretende giustificazioni contenuti­stiche e tanto meno sentimentali.
E’ il segno, con i suoi intimi valori, elemento fondamentale del suo linguaggio, punto di partenza e di arrivo per un percorso mentale che proprio nella normatività imposta dalla ragione, da un’intelligente esperienza sensibile, ha trovato il modo di esclude­re ogni facile impronta emotiva e troppo fredde ripetizioni e compiacimenti di forme svuotate, per giungere ad un assoluto espressivo: ed è forse segno poetico.