Antonio Paradiso

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di Andrea B. Del Guercio

Luglio 1990

Antonio Paradiso mi accoglie nel suo studio tanto simile ad un brano di Puglia nel cuore di Milano, composto subito di una corte bianco calce ombreggiata da un rigo­glioso pergolato, ed animato da ampie sagome in pietra di Trani, severe steli in granito lombardo, solidi volumi nel caldo colore del tufo.
Una situazione ambientale, la sua orga­nizzazione ed i suoi segni, che suggeri­scono perentoriamente del profondo radicamento del manufatto artistico con la più strettamente privata avventura umana del suo artefice, per giungere ad un percorso che si articola sfuggendo alle più prevedibili formalizzazioni critiche. Questa prima ipotesi di lavoro critico esclude i più facili luoghi comuni rac­chiusi nell’abusato utilizzo di schemi e soluzioni fondate sulla citazione e la rico­noscibilità, ma intende affrontare alla radice la natura del gesto creativo, rile­vare una ancestrale logica nell’approccio espressivo e nel processo più generale che intercorre tra l’uomo e la realtà alla luce della responsabile consapevolezza delle problematiche contemporanee.
Il tema problematico delle radici sfugge ad ipotesi generiche ed anzi riceve ricon­ferma con particolare incidenza e note­vole puntualità di fronte ad una raccolta di reperti preistorici e manufatti etnogra­fici, nata nei lunghi soggiorni, negli attra­versamenti numerosi delle vaste aree desertiche dell’Africa, ed oggi conservata e quotidianamente frequentata nello spa­zio privato del grande studio.
Queste seppure brevi indicazioni di pae­saggio e di vissuto, non hanno in nessun modo carattere aneddotico, ma rientrano con un peso caratterizzante e qualificante per i processi espressivi dell’artista e quindi in fase di lettura e decifrazione cri­tica dei risultati, intesi sia su un piano ampio e generale che per autonome e par­ticolari caratterizzazioni.
È all’interno di questo quadro e tra le infi­nite sfumature di quei diversi valori coin­volti, appena segnalati sul piano del con­tributo critico ad una lettura autonoma e liberamente interpretativa, che si deve operare un confronto interpretativo per le opere che compongono la storia di Antonio Paradiso; nei confronti dei due nuclei problematici suggeriti, si dovrà parlare, non tanto con le delimitazioni specifiche, il mondo meridionale e la cul­tura antropologica al centro di una fortu­nata stagione “progettuale”, ma per con­testi ed aree culturali di riferimento intese su un piano ampio di prassi e di atteggiamento, di approccio e di reda­zione.
Sotto questa luce temi diversi affollano una produzione tanto diversificata sul piano delle risoluzioni grammatico-­visive, nella tecnologia di redazione e nelle qualità dei supporti, per gravitare riunificate in una definizione dello stesso Paradiso del ’76, “Vorrei conoscere l’energia operante, l’universo a produrre, il conservarsi e distruggersi, la natura”.

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