Antonio Paradiso

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di Andrea B. Del Guercio 

1992

La scultura nella città di Antonio Paradiso, solleva una serie di problemi e questioni, che a secondo le provenienze cul­turali di ognuno di noi, si può indagare e approfondire. Il fatto stesso di un direttore di museo, un filosofo, un architetto, un editore, vuol dire articolare la discussione e uscire dal ghetto della storia dell’arte ed entrare in altri settori, non solo la scultura e la città, ma la mostra nella galleria con il lavoro sull’ulivo in cui Perniola ha precisato il suo pensiero. Riflettendo, io penso, non è la scultura e la città, mala scultura per sua natura, è, per la città, il sociale e collettivo. Il tema monumento per quanto amato o odiato è un opera collettiva. Quindi la scultura come ornamento della città, tanto che in tempi passati ne avevano fatto del nostro paese il più impor­tante parco sculture del mondo.
Innanzittutto, vorrei ricordare che, una volta rientrava­mo a Milano, da Reggio con Antonio Paradiso, dopo aver montato la mostra ed erano già usciti i primi artico­li e c’era stata la prima battuta polemica, che Antonio Paradiso, sinceramente, ricordo che era molto triste, e una parola un po’ banale, ma amareggiato, perché non si sarebbe aspettato certe durezze, ma neanch’io, non avevo nessuna intenzione di scioccare la città. Il signore che ha fatto l’intervento ha ragione perfettamente, per­ché non siamo stati in grado di distribuire meglio l’informazione, e lei ha detto benissimo l’origine pugliese di questa cultura volevo presentare un qualche cosa di così profondamente antico, quale è la pietra.
Il muro di cui parla Perniola, questi denti di pietra, que­sti mattoni di sasso che vengono da Trani, e sono una pietra calda. Io non sono d’accordo con Perniola, la scultura provoca spaesamento? io non lo sapevo, la scultura è arte, è realtà, penso di si, ecco detto questo si può dire che la pietra parla da sola.