La Fondazione Arnaldo Pomodoro

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di Andrea B. Del Guercio

INTERNI

Arte Design, Maggio 1998

La grande esposizione del 1984 nel Forte Belvedere a Firenze, la pubblicazione di un volume monumentale edito da Fabbri nel ‘95, attraversato criticamente nella sua estensione da Sam Hunter, delle Edizioni Fabbri nel 1995, costituiscono, per rimanere nel contesto nazionale, tra le significative tappe di un’azione critico-riflessiva condotta con attenzione antologica parallelamente al percorso plastico-espressivo che Arnaldo Pomodoro ha condotto in progress sin dalla fine degli anni ‘50.
L’istituzione e la progressiva apertura della ‘Fondazione Arnaldo Pomodoro’ a Milano rappresenta un nuovo e fondamentale passaggio accanto a quell’esposizione e a quel volume importanti che hanno avuto il compito di raccogliere e rappresentare non solo le tappe di una storia artistica importante, nel quadro degli avvenimenti culturali contemporanei: questa nuova realtà, perseguita a lungo attraverso progetti e tentativi diversi, si colloca all’interno dell’intima esperienza culturale dell’artista, come fattore che si pone concretamente e qualitativamente sul piano di un processo di documentazione ed elaborazione critica di fronte ad un patrimonio di esperienze plastiche, scenografiche, ma anche di interferenza diretta nell’area vasta della decorazione e del costume; un sistema qui rappresentato da trentacinque sculture, tra maquettes, plastici e grandi opere, dai più importanti modelli teatrali ed ornamenti, maschere ed armature per l’opera “Passione di Cleopatra” .
Il patrimonio espressivo prodotto da Pomodoro ha infatti subito, forse unico caso in Italia, un particolare sviluppo internazionalmente ed una moltiplicazione, negli ultimi anni, di interventi sul territorio nazionale, tra collocazioni ufficiali, dal Ministero degli Esteri allo Stato Pontificio, ad ambiti più intimi, quali il Borgo di Pietrarubbia nelle Marche con l’Altare: Immagine di luce per la Chiesa di S.Silvestro I del 1990.
L’attività e la produzione di Arnaldo Pomodoro, rispondenti ad un sistema comunicativo costruito sul rapporto stretto e costantemente verificato nel sito di collocazione ed in rapporto alle funzioni ed ai valori culturali di cui si assume l’onere nel contesto estetico, lo hanno spinto, per necessità sicuramente interiore e per corretta indagine auto-riflessiva, a predisporre attraverso l’istituzione di una Fondazione la definizione di quello che lo stesso scultore definisce “ sull’esempio di Marck Di Suvero e di Noguchi, dell’utilità di un proprio edificio”.
E’ in quella che può apparire una semplice definizione per ‘un proprio edificio’ che si cela il senso e la funzione di un’iniziativa in gran parte conclusa con l’acquisizione, il restauro e la gestione di una sede in grado di rispondere a problemi di conservazione ed esposizione, con valore rappresentativo emblematico dell’opera di Arnaldo Pomodoro, ma anche per poter guardare e rispondere a progetti e funzioni diverse raccolte e nascoste, dichiarate e stimolate, all’interno ed intorno alla storia nel presente di uno scultore e nel futuro della sua eredità attraverso le sue opere.
Il nuovo spazio viene quindi a valere per Arnaldo Pomodoro e per le sue opere, così come è per l’uomo la propria abitazione, dove si afferma cioè il senso specifico e il valore articolato tra significati diversi di quel proprio edificio, cosi spostando l’attenzione dei suoi futuri visitatori oltre i compiti, un po’ staticamente definiti dalla storia, di una struttura museale, espositiva e conservativa.
La visita alla Fondazione Arnaldo Pomodoro, un’ex-fabbrica meccanica per una superficie costruita di 1.700 mq, ripristinata dall’architetto Pierluigi Cerri (Gregotti Associati (1) ) posta in località Quinto de’ Stampi, ai confini comunali di Milano e ben raggiungibile per il suo inserimento nel tessuto sociale di una periferia residenziale, permette di affrontare l’opera dello scultore da un’ottica e da uno stato psicolgico-culturale sostanzialmente diverso da contesti seppure scientificamente predisposti.
Ogni opera, dalla Grande tavola della memoria in piombo, legno e bronzo del lontano 1959/65, ai sistemi monumentali in bronzo, dal Cono tronco del ‘73 al Gruppo Pietrarubbia del ‘75/’76 al ciclo dei Papiro I,II,II dell’85/’86, alla Colonna di dieci metri dell’88/’89, al grande portale per le scenografie dell’Edipus Rex dell’’88, che già stazionano al piano terra, appare consegnata ad una lettura che si muove nello spazio dell’opera, dove la fruizione interagisce con le superfici ed i volumi, ad una percezione che deve includere staticità e movimento, quelle due condizioni contrapposte, lo stare ed il muovere, che esprime la condizione espositiva e racchiude il museo, ma che è specifica dell’abitare.
Le concezioni specifiche introdotte da Pomodoro e direttamente dalle opere nella definizione della nuova struttura, su cui agiscono sia il ricordo dello studio sui Navigli sia l’idea avvolgente di un’organica abitazione/laboratorio/deposito, devono essere rapportate a fattori problematici strettamente collegati ed internamente connaturati al concetto rifondato di scultura contemporanea, alla globale riconversione della sua natura linguistica.
L’osservazione oggi dall’interno della Fondazione del sistema linguistico redatto da Arnaldo Pomodoro rivela, nell’interezza del suo percorso creativo raccolto, la presenza, alterabile a tratti e per frammenti del binomio inscindibile dell’uomo e del tempo, dello stato e della condizione di stabilità della materia, a sua volta avvolta nell’unità metastorica del tempo. Il percorso del visitatore avviene così all’interno di un edificio testimone luminoso ed organico di una condizione non didattica della scultura e della sua collocazione ma dove ogni manufatto vive ed interpreta la condizione aperta di una performance, di un’istallazione coordinata sulla materia che a tratti si innalza, che si curva e si avvolge su se stessa, si frantuma divaricandosi e svelandosi tra la superficie ed il volume sempre in un clima di teso equilibrio; una scultura quella di Pomodoro che ha in se il valore della contemporaneità attraverso la responsabilità e l’energia del rigore ma anche la volontà di avventura.
Questo nuovo contenitore, protettivo ed ospitale, espressivo per l’ampio sviluppo spaziale di un moderno loft, offre ad Arnaldo Pomodoro la possibilità di consegnare alla propria scultura le possibilità di rideterminare attraverso se stessa la natura dello spazio, reinterpretandone, cioè, la condizione ed il concetto di incidenza e di utilizzo da parte dell’uomo; una scultura quella di Pomodoro che si determina realtà dell’attualità attraverso la collocazione significativa nel contesto di un sistema riflessivo e di un processo espressivo aggregativo di valori e di fattori esterni in grado di prodursi materia per la natura plastica dell’opera; un sistema centripeto quindi di frammenti e forme significative dettate dall’energia aggregante del pensiero contemporaneo, dalla sensibilità linguistica che si ricompongono in un sistema articolato tra i valori antichi del patrimonio terrestre ed i dati inediti di una nuova realtà.

(1) Pierluigi Cerri Fabbrica d’artista in Casabella n. 19

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