Giancarlo Marchese: Lo spazio e la luce della scultura
di Andrea B. Del Guercio
1993
1. I caratteri diversi che sono propri della produzione di questi ultimi dieci anni, con particolare attenzione alle ragioni metodologiche di scelta e alle specifiche soluzioni formali intervenute nella definizione finale dell’opera attraverso l’impiego della lastra di cristallo, anche di notevole ampiezza e spessore, potranno essere correttamente indagati e più specificamente valutati se posti in relazione e confronto con alcune questioni fondanti per la storia della scultura contemporanea. Si dovrà osservare l’impiego del vetro e valutare la specifica soluzione della lastra, il particolare processo di manipolazione e redazione, di fronte alla straordinaria varietà di materiali di supporto e all’aperta evoluzione delle tecniche sulle quali si è costruita, ancora tra la vitalità espressiva dell’antico e la proliferazione del nuovo, la nuova cultura plastica contemporanea.
La lastra di cristallo introduce particolari valori formali e di funzione d’uso all’interno del confronto problematico ad ampio spettro con quanto ha caratterizzato la produzione ed animato il dibattito sulla scultura di questo secondo dopoguerra. La lastra di cristallo introduce alcuni dati formali, la trasparenza e quindi il rapporto aperto tra leggerezza e peso, e particolari valori quali l’attraversamento e la sosta, memori della funzione d’uso. Temi e soluzioni che necessitano, soprattutto in ambito italiano, di essere con più certezza valutati, sicuramente riorganizzati in un’ottica responsabilmente aperta, in quanto piattaforma costitutiva della scultura attuale, di un complesso culturale vitale animato da un fitto tessuto di interferenze, tra interrelazioni, scambi, rimandi e recuperi.
Quell’intera materia espressiva che definiamo oggi scultura, le cui origini sono nelle infinite sfaccettature progettuali ed analitiche delle Avanguardie Storiche, ha infatti subito un globale rinnovamento ideologico e strutturale rispetto all’originaria natura e ai suoi significati, ha visto, cioè, l’evoluzione delle sue voci e tecniche di redazione, per intervenire attivamente nella fruizione assolvendo compiti e funzioni d’uso individuale e collettivo.
L’opera recente di Giancarlo Marchese, collocandosi con autonomi valori estetici all’interno di questo ampio contesto, presenta dati di rigorosa corrispondenza con una concezione concettuale della scultura, con una progettualità posta in chiara evidenza nella redazione e quindi per la fruizione; si tratta di una visione della scultura divaricata ed aperta, qualificata da una rigorosa interdisciplinarità e da mirate interferenze espressive, e quindi in grado di plasmare realtà plastiche, sensuali ed avvolgenti, sfuggenti per alleggerimento di ogni dato ed affascinanti per luminosità.
2. In questa sede editoriale, nel quadro di un rapporto di confronto critico tra la recente produzione e le diverse tappe dell’intero percorso espressivo, ritengo utile segnalare il breve ma qualificato interesse di Giancarlo Marchese per la stagione informale, riscontrabile in alcuni bronzi datati alla fine degli anni cinquanta e nei primi anni sessanta, nell’accezione “fredda” e quindi a carattere astratto.
Sin dagli inizi è evidente una mirata attenzione dell’artista per una scultura costruita sullo sviluppo e l’estensione della superficie piana, di una parte, quindi, organica per lo sviluppo della comunicazione; una scelta espressiva che si pone in contrapposizione con una visione della materia plastica come massa stabile, quale brano fisico in grado di preservare l’intimo segreto della realtà.
Un indirizzo che colloca subito Marchese all’interno di una visione internazionalmente nuova della scultura, di una lingua rifondata su nuove grammatiche e diversi indirizzi.
Ritengo importante e significativa la presenza di queste sculture autonomamente riconducibili a un fenomeno culturale di grande importanza e articolata portata tra aree diverse di pensiero e di comunicazione; una stagione, l’informale, che in ambito artistico visivo è tuttora oggetto di un dibattito critico aperto sui dati espressivi introdotti e soprattutto in merito agli sviluppi intervenuti successivamente verso ambiti estetici sempre più dichiaratamente caratterizzati da un’evidente progettualità.
Una stagione e un’esperienza che, all’interno della ricerca plastica di Marchese, è risultata importante su un piano soprattutto metodologico dall’espressione visiva, suggeritrice di energie e di curiosità, ma anche fase rapidamente superata dell’artista interessato ad ipotesi linguistiche ricostruttive di nuovi linguaggi e attento alle rinnovate competenze della scultura.
3. L’abbandono dell’informale che nella scultura trova rari esempi di esplicazione di quei valori che sono emblematici per la pittura, e che ritroviamo sotto forma di primaria carica energeticovitalistica, di esistenzialità profonda ed estrema, in forme di concettualità antropologica e ambientale a favore di processi espressivi analitici e soluzioni linguistiche astratte, suggerisce a Marchese una crescente attenzione e concentrazione sul tema del piano e quindi con definitivo rifiuto del volume, della materia come massa.
Attraverso soluzioni linguistiche astratte che si fanno rigorose e che progressivamente si proiettano verso fasi di minimalizzazione, Giancarlo Marchese perfeziona lo sviluppo della componente espressiva fondata sul racconto, e organizza una comunicazione dialogante e aperta; le nuove sculture risultano, in una prima fase, impostate sull’articolazione dei piani, sul movimento delle facce calde del bronzo, e quindi progressivamente vedono l’apertura di un confronto strutturale tra le superfici tecnologicamente diversificate del bronzo e dell’acciaio inox, tra un dato plasmato, memoria dell’informale astratto, e una parete specchiante, tra il movimento e il rigore di una architettura miuimal. Un dualismo strutturale fondato sui materiali di supporto che risulta caratterizzante per l’intera evoluzione espressiva dello scultore. La monografia Sculture dal 1960 al 1978, Edizioni Scheiwiller, non a caso si concludeva con una piccola scultura, indicata dalla sigla “SN 10 75”, composta da due lastre di acciaio in leggera divaricazione, entrambe poste in verticale equilibrio, geometricamente nette e rigorosamente specchianti; una superficie piana di bronzo, attraversata da una sensibile manipolazione plastica, diventa elemento dialogante all’interno del sistema minimale dell’acciaio. I disegni di progettazione confermano un processo di destrutturazione analitico delle figure geometriche solide, del cubo e della piramide, e di riorganizzazione divaricata e aperta delle pareti e dei nuovi livelli per i piani di accesso.
L’attenzione rivolta da Marchese a nuovi materiali, quali l’acciaio, il duralluminio e quindi il vetro, un’applicazione iniziata nel 1980, si pone anch’essa in rapido rapporto di continuità con l’adesione a una nuova cultura visiva in cui è dichiaratamente presente la responsabile analisi e ricerca dei processi di redazione dell’opera d’arte; una nuova cultura dei materiali, una libertà d’impiego e manipolazione, e ancora lo scavalcamento e il conseguente libero sconfinamento tra generi espressivi, linguaggi e grammatiche, competenze e funzioni risultano fattori ulteriormente determinanti per la storia e lo sviluppo della cultura visiva contemporanea e principalmente della scultura.
È in questa particolare fase e con questi dati fondanti, in grado di ricucire ritardi e strappi, che si riconoscono le avventure espressive italiane e quindi di Marchese all’interno del contesto internazionale.
4. Lo spazio della scultura
Accanto a questi dati critico metodologici, rispondenti a un procedere sperimentale attento e soprattutto a lungo insistito e costantemente verificato su ogni opera di una intensa produzione scandita tra gli anni 1960 1980, si dovrà sottolineare la costante presenza dello “spazio” quale qualificante dato tematico depositato e consolidato nella cultura artistica di Marchese e ancora affrontato in quest’ultima elaborazione su inedite e innovative basi espressive.
Si colloca all’interno del ciclo “Scatole della memoria” una piccola scultura, Ribaltamento prospettico del 1982, che ci propone il tema della superficie osservata in posizione orizzontale, distesa sul piano di appoggio, una lastra metallica solo leggermente spessorata. Una piccola scultura indicativa dei processi e degli sviluppi in atto, in continuità nel clima ampio del divaricamento nello spazio, nell’alleggerimento dei volumi verso la conquista di una impaginazione del piano di servizio e di fruizione.
L’opera, anch’essa con sicuro valore indicativo di una sua possibile realizzazione nel contesto esterno, qualifica e caratterizza il tema della superficie, a lungo affrontato, disponendosi in posizione orizzontale sul piano di appoggio. La maquette, annullato il volume attraverso il breve spessore della lastra, rinuncia anche a innalzarsi, a ergersi predisponendosi a una fruizione la più diretta, quella legata al fisico attraversamento. Marchese, attraverso il ciclo scultoreo “Paesaggi”, predispone un lavoro definitivamente svuotato da sovrastrutture, dove la lastra distesa ed estesa si propone in forma di un nuovo piano, di quel principio base, di quella realtà che definiamo la soglia, le fondamenta, ma con cui raggiungere rigorosamente il dato strutturale di base, il “la” costruttivo. Nelle nuove maquettes e in una lunga serie di sculture realizzate lungo tutti gli anni ottanta lo scultore annulla la plasticità e sceglie lo spazio del piano, un tracciato sul quale interviene leggera l’espressività “progettuale”, l’incisione segnica, il disegno.
La scelta estrema del piano su cui intervengono i dati della fruizione attraverso l’estensione del tracciato è sottolineata, sul delicato piano di una progettualità ideale, dalla crescente presenza di grandi vetri verticali, e attraverso la frequente sottolineatura strutturale di un lineare modulo di appoggio.
Se la ricerca, in un primo periodo, si era venuta qualificando attraverso la frequentazione della superficie quale spazio aperto di comunicazione, verifichiamo in questa più recente fase come sia maturata e quanto si sia articolata espressivamente la concezione centrale dello spazio quale valore tangibile e incisivo, relatore di un confronto dell’artista con la realtà e, su diversi piani di percezione e funzione, per il fruitore. Non più quindi la parete, la lastra come fattore espressivo a sé stante, sede separata di intervento ma, oggi, lo spazio quale dato strutturale, spesso cardine centrale di un sistema espressivo dai commi e dalle competenze ampie. Questo nuovo dato non è quindi valutato su un piano astratto di riferimento e quindi per una produzione dai connotati esclusivamente estetico formali, ma fattore strutturale di redazione, soggetto intorno a cui si costruiscono e si aggregano le materie, vi si articolano componenti qualificanti; sullo spazio, nel sito interviene la redazione attraverso strumenti formali in grado di predisporre e significare un nuovo spazio e un nuovo sito. Lo spazio risulta un dato di riferimento reale, concettualmente intuibile, progettualmente verificabile, intorno a cui lo scultore opera per definire. Se il concetto tangibile di superficie assunse una indubbia centralità all’interno del rinnovamento linguistico e problematico della scultura moderna, si dovrà osservare il tema dello spazio soggetto specifico e centrale per la stagione contemporanea di una nuova scultura.
L’ampiezza tematico problematica racchiusa nel termine “spazio”, viene quindi affrontata da Giancarlo Marchese per nuclei di opere, “Paesaggi”, “Labirinti”, anche estremamente diversi sul piano formale e autonomi per i materiali impiegati, dal bronzo al marmo, dal gesso al vetro. La scultura, nelle piccole e nelle grandi dimensioni, tende a uno sviluppo articolato e organico dei piani verso la definizione di un’area, appare caratterizzata da un attento processo costruttivo e si dilata verso l’organizzazione di un nuovo territorio. Ogni scultura presenta ormai dichiaratamente i precisi caratteri di un ricercato rapporto con la progettazione architettonica e con le problematiche urbanistiche, esprimendo una tensione espressiva fondata sul coinvolgimento diretto, nelle grandi dimensioni urbane, dell’uomo. L’impegno espressivo di Marchese, qualificato dalla partecipazione ad alcuni concorsi nazionali (associato con gli architetti Viganò e Salatino) e da alcune importanti commissioni pubbliche (il monumento a Pierre Gemaiel a Beirut), appare attento alla ridefinizione e al rilancio della scultura pubblica in Italia.
5. La scultura di vetro. “1 trasparenti”
La frequentazione progettuale dello “spazio” attraverso diversi sistemi strutturali in progressivo alleggerimento volumetrico, e in particolar modo, gli studi dedicati alla “superficie”, in particolar modo la scelta delle facce specchianti dell’acciaio inox, durante gli anni settanta, e quindi del vetro, sin dal 1980, risultano tuttora la base fondante per il nuovo cielo, 1992 1994, di sculture caratterizzate dall’inedito impiego di grandi fogli di cristallo. L’intero viaggio creativo di Giancarlo Marchese appare esemplarmente filtrato e straordinariamente rinnovato da una redazione, sperimentale e sensibilissima, delle sculture; “I trasparenti” vedono esemplarmente espressi i valori di trasparenza e luce, presenza e trepidazione, riduzione, rarefazione e una emozionalità narrata sempre all’interno di un costante clima di rigore.
In riferimento a una concezione della scultura “in togliere” e quindi proiettata verso una condizione di essenzialità e concentrazione analitica di ogni dato estetico funzionale, nascono opere che agiscono sullo spazio con una leggerezza dal carattere metefisico; i brani caldi di scultura in bronzo e in ghisa intervengono sotto forma di architettura, e sono quindi, strumenti indicativi sia di sostegno della superficie vitrea, sia di organizzazione e definizione dello spazio in cui si afferma l’articolazione linguistica dell’opera.
Architetture minimali, finestre e varchi sul mondo, frammenti spezzati, brani e grumi di una realtà scarnificata, fratture nel paesaggio costituiscono il territorio espressivo strutturale per l’innalzamento creativo di estese superfici di luce; una barra tracciata sul piano, un traliccio forte in ghisa appoggiato, un sasso incastrato, un drappo di bronzo sospeso, sono i soggetti dolorosi e poetici che la luce, nell’esplosione della sua concettuale leggerezza, lega e sostiene, interpreta ed esalta.
Al centro delle diverse strutture metalliche Marchese colloca i fogli di cristallo dopo averne plasmato l’intera superficie, consegnando all’unità dell’opera un’inedita plasticità; l’intervento creativo sulla trasparenza del materiale, sulla sua luminosità, imprime una vivace e vitale luminosità a un nuovo corpo scultoreo.
Il risultato è quindi una rigorosa e tangibile presenza sullo spazio ottenuto attraverso l’esaltazione della leggerezza e della luce; un risultato che premia l’intenso e autentico percorso di ricerca di Giancarlo Marchese, condotto lontano da facili e gratificanti clamori, costruito su valori importanti e riscontri reali, e di sperimentazione sui nuovi linguaggi della scultura; un’indagine che non risulta mai fine a se stessa, che accetta asprezze e sa proporre durezze, per poi esemplarmente raggiungere e comunicare con elegante sensibilità i valori culturali ed estetici, la severa tensione del dolore e la liricità del piacere, attraverso “I trasparenti”.