Massimo Barzagli
di Andrea B. Del Guercio
La pittura italiana contemporanea e specificatamente quella espressa dalle nuove generazioni, vive il momento dell’auto riflessione rispetto al fervore creativo degli ultimi sette otto anni e giungendo in alcuni casi a soluzioni estetiche e direzioni di ricerca sempre più chiaramente specificate, anche se questa recente rifondazione sul complesso visivo ereditato dal passato presenta scarse condizioni di responsabilità auto decifrazioni delle provenienze formali; quella stagione di libera manipolazione dei materiali artistico visivi, positiva nella funzione auto liberatoria rispetto ad una prolungata crisi ermetico progettuale, subisce rispetto ad una condizione creativa nella quale si chiarisce l’esigenza di individualizzare dei linguaggi, il riaffiorare ed aggravarsi di tutti quei problemi di coscienza culturale a lungo rinviati.
L’esigenza di uscire da una condizione collettivizzata di creatività non sempre dimostra un reale ed un’autentica qualificazione del messaggio creativo ed ancora dolorosamente vani si dimostrano i numerosi tentativi, avallati a fatica e con scarsa creatività da parte degli apparati critici, immemori da tempo di un ruolo di responsabile stimolazione culturale. In entrambi i casi e con dolorosa conseguenza per i primi e grave inadempienza dei secondi, la situazione generale rasenta una diffusa banalizzazione e perdita conseguente di quelle numerose e vivaci potenzialità individuali che attendevano solo il momento di una autentica verifica interiore, di un periodo di attenta riflessione e di studio; ma rispetto a queste attese non si può non riconoscere per le diverse componenti del settore artistico visivo, con riferimento sempre alle nuove generazioni una logorroica fantasticazione strategica dipendente dall’« informazione », nel significato di standardizzazione degli apparati linguistico visivi. L’uso « formulato » degli apparati critici e nell’elaborazione artistica, autorizza a leggere la situazione in una generale tendenza « citazionista » con valore di dipendenza sostanzialmente improduttiva da un deposito artistico e storico critico, la cui ricchezza e complessità problematica richiederebbe contributi articolati e creativamente imprevedibili; una condizione « citazionista » ricollocabile all’interno di una nuova teorizzazione di « morte dell’arte », ma della cui prima stesura sembra aver perso la ricca elaborazione teorica.
Rispetto ad un quadro di depauperazione di valori e qualità individuali, ancora in situazione potenziale, il richiamo ad una elaborazione culturale fondata sull’analisi critica dell’ereditato poteva sembrare un’utopia se non fosse stato difficile riconoscere e rilevare, anche in un paesaggio espositivo de scientificizzato a causa di un forzato protagismo, quelle singole individualità espressive, costantemente ed autonomamente maturate in questi anni vivaci:
Massimo Barzagli, non ancora venticinquenne, con cinque anni di attività espositiva, ma con un impegno culturale assai più lungamente radicato nella compenetrazione tra le emozioni della pittura e la sensibilità della poesia.
Il ciclo pittorico e le due terrecotte policrome che questa edizione finemente raccoglie, sono il risultato di un progetto culturale che Barzagli persegue da tempo e con una costanza che rivela un sottostante debito sentimentale; un impegno creativo le cui origini profonde lo stesso autore chiarisce in un testo, anch’esso in questa sede riedito.
Le nuove opere presentano come primo dato una inconfondibile continuità con le precedenti stagioni mentre i dati di rinnovamento, di maturazione e crescita, vanno osservati in termini di assolutizzazione delle intenzioni e quindi della grammatica espressiva; nell’attività pittorica posta tra I’82 e I’83 il dato od oggetto reale, sempre o preferibilmente di origine naturale, subiva già un’astrattizzazione utile alla promozione di una riconoscibilità, emozionalmente fondata; nell’attuale produzione una tematizzazione imposta, la testimonianza visiva di inalterati e comuni umori naturalistico-ambientali con il corpo poetico e letterario Campaniano, e non quindi in funzione filologico illustrativa, troviamo riconfermata quella prima indicazione critica che risottolineo in forma di estremizzazione emotivo formale. Su questo dato estetico, l’astrattizzazione, sul quale si vanno intrecciando spesso confuse ed insostenibili attenzioni critiche, subito responsabili di esclusioni espositive, individuerei la specifica qualità pittorica del ciclo di Massimo Barzagli le cui origini non si trovano in una più o meno frettolosa e dipendente « informazione », ma nella natura culturalmente fondata del progetto creativo.
Se per un verso mi è familiare il suo racconto emozionato del paesaggio e delle diverse componenti ambientali di quella appartata porzione di Toscana che si stringe intorno a Marradi, così come la emozione di atti quotidiani, di atti generazionalmente ripetuti, ora riconosco grazie a questo ciclo come quel mondo avesse in origine l’atto culturale di introspezione di una sensibilità dolcissima e dolorosamente vitalistica quale fu quella di Dino Campana ed ancora del contributo poetico rimasto inedito del cugino Raffaele. Ma accanto alla qualità straordinariamente ricca del referente letterario rappresentato dai due Campana, giustamente osservato con rispettosa autonomia dall’artista, e con l’intenzione di apportare in base ad una comune condizione ambientale un ulteriore contributo creativo, va ancora ricordata la presenza stimolante di quell’Eduardo Gordigiani che trafuse in lunghi soggiorni un’autentica cultura pittorica « impressionista » da quel paesaggio geograficamente appartato. Anche in questo caso colto Barzagli si è dimostrato attento e sensibilissimo artista, costantemente pronto anche adesso a captare suggerimenti e suggestioni provenienti da altra epoca ma costruttivamente trasferibile e produttivamente verificabile tra nuovi ricordi e diverse emozioni.
Così il progetto creativo di Barzagli va lentamente svelando i suoi diretti supporti culturali e le scelte grammatico visive assumono una decifrazione ed un peso qualitativo fondato.
Ogni opera viene a racchiudere una porzione di quel mondo vissuto e dal quale numerosi sono nati i messaggi e le testimonianze creative; ogni opera è testimonianza di una coralità di voci per cui ogni soggetto del reale vive una condizione pittorica di estremizzazione emotivo formale e I’astrattizzazione è il risultato di una assolutizzazione linguistica.