Silverio Riva, la scultura come territorio
di Andrea B. Del Guercio
1996
La scultura italiana negli ultimi due decenni, 1970/1990, accentuando la manipolazione dell’interezza dei dati di conduzione e l’impiego dei processi linguistici, si presenta di fronte all’analisi critica caratterizzata da una differenziazione sostanziale della sua immagine rispetto alla sua stessa storia moderna e alla prima fase contemporanea.
Detto giudizio e’ strettamente relazionato con il rigore che impone la ridefinizione della scultura nel XX secolo, quindi attento ad una cultura espressiva che riaffermi la centralità del dato plastico su valori intellettualmente progettuali; un giudizio che si riferisce strettamente e specificatamente ai processi linguistici dei materiali, ai meccanismi ed alle tecniche di produzione, ai sistemi di percezione e fruizione della scultura, ad un organismo spesso complesso ed articolato, ma determinato da una precisa e distinta responsabilità espressiva.
Ciò che si presenta caratterizzante in una prima fase di riesame del patrimonio neo plastico più recente è l’osservazione di un sistema espressivo non più contrassegnato dalla generale tendenza al coordinamento e all’uniformità dei valori formali e di concetto; di fronte alla frantumazione del panorama espressivo e quindi alla frammentazione dell’intera scala dei valori estetici si percepisce un definitivo abbandono di tendenze e scuole di pensiero e di costruzioni formali.
Il panorama italiano di quella generazione che oggi si qualifica attraverso una maturità di percorso appare, quindi, rappresentato da tante e diverse autonomie in quanto all’interno di ogni personalità si contano valori estetici sostanzialmente disorganici tra loro sul piano della ramificazione e della provenienza.
La ricerca ed il conseguimento dell’autonomia creativa, non appare determinata da quell’ansia di sensazionalismo delle tarde neo avanguardie, ma in ragione di contributi individuali che si fondano su patrimoni espressivi caleidoscopici, spesso in palese rapporto di auto contrapposizione, ed in grado di autorigenerarsi su nuovi valori linguistici; un paesaggio che si presenta disunito ma che infine ha saputo permettere al singolo la definizione di uno spazio autonomo e culturalmente qualificato.
Contro una diffusa tendenza a ridurre ed esemplificare su pochi autori la complessità e l’articolazione dialettica dei contributi artistici e della scultura contemporanea in particolar modo ritengo importante sottolineare la presenza di un patrimonio d’arte caratterizzato da un gran numero di nitide ed autonome personalità che hanno saputo definire e specificare le aree di indagine e quindi potuto costruire chiari risultati estetici.
La rigorosa e distintiva parcellizzazione delle aree di indagine, la sperimentazione e la definizione attenta delle strutture linguistiche visive hanno frequentemente frantumato territori tematici troppo estesi e dai confini onnicomprensivi e favorito, attraverso le qualità di ogni singola avventura espressiva, l’approfondimento rigoroso del singolo dato nella specificità dell’area individuata.
Le caratteristiche di questa diffusa tendenza italiana, ma riconoscibile anche a livello internazionale, se hanno creato difficoltà sia ad analisi critiche fondate sulla catalogazione e non sulla specificità dei valori, sia ad un’informazione e distribuzione che predilige la riconoscibilità e la citazione contro l’effettiva originalità della cultura, ritengo che abbiano condotto la cultura artistica ad operare sulla redazione di un più ampio patrimonio di contributi diversi.
In questo quadro ritengo si collochi anche Silverio Riva la cui volontà d’innovazione è apparsa responsabilmente coniugata alle ragioni ed alle ‘conseguenze’ di esperienze personali sempre realmente condotte, in un rapporto stretto tra I’autenticità, la concretezza e la sensibilità verso il più ampio territorio delle interrelazioni ed interferenze culturali.
Il panorama italiano appare oggi non pii’ siglabile per facili e ripetute schede formali, ma deve essere accolto come un sistema tra i più ricchi di contributi specifici.
Rispetto alle lontane stagioni caratterizzate da rigide contrapposizioni che tendevano a negare il più vitale confronto ed un produttivo interagire tra aree diverse, da quelle figurative a quelle informali ed astratte, le ricerche plastiche avviate a partire dagli anni ’60 propongono con sempre maggiore chiarezza una strategia caratterizzata sul ribaltamento di gran parte dei valori acquisiti e sul confronto tra le tematiche distinte; anche per Riva si pose la necessita’ di una elaborazione di sistemi culturali nuovi, interdisciplinari sul piano delle competenze tematiche e dei processi di redazione della scultura e delle sue funzioni, che optano per una centralita’ del processo di analisi e che agiscono su codici linguistici in cui il fattore della progettualità introduce valori di profondità.
In questa sede risulta importante sottolineare come di fronte a tale panorama articolato non hanno saputo rivolgere particolare attenzione le strutture deputate pubbliche, sia a livello nazionale che locale, disattendendo al compito di accrescere, e quindi non solo di conservare, il patrimonio artistico nel contesto della fruizione sociale; dal confronto europeo ed internazionale sappiamo infatti quanto manifesto è oggi il ritardo nella diffusione e maturità di una cultura estetica contemporanea.
Quella stessa articolata complessità fatta di contributi e valori ha probabilmente incrinato dall’interno ciò che un panorama espressivo unitario offriva fino alla prima metà del nostro secolo all’amministrazione statale ed in particolar modo quei valori predisposti attraverso una citazione dal passato svuotata di significato ma di facile ed immediata riconoscibilità. Di fronte ad una cultura che sembra voler sfuggire la complessità e alla diversità ma anche escludere la comunicazione di fattori culturali rigorosamente specifici prediligendo una dilagante genericita’, si osserva la palese corrispondenza con strategie, critiche e di mercato, tese a definire e restringere il patrimonio artistico contemporaneo ad un limitato nucleo di autori e valori che ne emblematizzino riduttivamente l’unità d’insieme; un processo quest’ultimo sostenuto attraverso l’ampia gamma degli stumenti di informazione e secondo una prassi molto siminile alle strategie di mercato dei settori design e moda degli anni ’80.
Di fronte a queste strategie, l’opera d’arte contemporanea e particolarmente la scultura ‘monumentale’, destinata cioè ad una sede espositiva pubblica, rischia di dover escludere dalla sua intrinseca natura l’articolazione e la complessità dei livelli di comunicazione, e dover prediligere apparati formali più semplici ed immediati al fine di tornare a rassicurare il proprio fruitore; pur difronte alla tendenza attuale della comunicazione estetica a determinarsi sul principio del soggetto riproducibile, tipico della moderna cultura industriale e dell’informazione, dove la riproducibilità ha valore oggi di sicurezza e certezza, è altrettanto importante sottolineare come il patrimonio scultoreo contemporaneo si presenta, soprattutto in questi più recenti anni, caratterizzato da una crescita propositiva, dall’affermazione cioè di contributi diversi espressi da una nuova cultura della plasticità. .
Silverio Riva e la definizione del progetto espressivo
Dall’osservazione di due cicli distinti per cronologia, 1965/70 e 1975/80 e per sviluppo formale, rileviamo una serie di dati strutturalmente importanti per affrontare la corretta analisi di quelle nuove opere frutto qualificato degli attuali sviluppi espressivi e principale oggetto di questa edizione.
Il tentativo che qui conduciamo tende a porre in evidenza le ragioni di un’evoluzione formale e quindi dell’articolarsi di diverse aree tematicoproblematiche e di fronte a questi diversi fattori a scoprire la persistente presenza di un clima di ricerca specifico su cui è maturata la personalità dell’artista, e l’unità stessa del suo lavoro.
Una prima serie di dati espressivi importanti sono da rintracciare nella seconda metà degli anni ’60 ed obbligatoriamente nella sola documentazione fotografica, quale unico materiale rimasto di un’ampia ed ‘ingombrante produzione di sculture in legno da tempo distrutte dallo stessa artista in ragione del forzato abbandono di quell’antico ed ampio studiolaboratorio situato nell’ex caserma piemontese di Voghera.
Alcune foto dell’epoca, caratterizzate da quell’uso del bianco e nero e da un’impaginazione tipica di una cultura della documentazione, confermano anche per Riva la corrispondenza con quel clima di generale ed articolata fase di sperimentazione ed elaborazione linguitico visiva che, particolarmente in ambito italiano, trovava sede di affermazione attraverso un impiego di materiali spesso inusuali ed estrapolati da settori diversi della produzione industriale, e di verifica attraverso il confronto con un concetto della funzione estetica estremamente ampio.
Le tavole di abete, sagomate secondo un ‘disegno’ condotto attraverso un percorso curvilineo ma che nei casi di maggiore incisività vede intervenire la contrapposizione di forze orizzontali e verticali, danno corpo ad una serie di sculture che affermano con la loro presenza la ridefinizione dello spazio.
La scelta di Riva appare, sia con soluzioni piu’ immediatamente dichiarate ma anche con espressioni più criptiche, forse oggi più intense sul piano problematico, quell’operare su una concezione della scultura riferibile alla fruizione funzione d’uso dello spazio, giocando propositivamente sul binomio inscindibile di scultura e di sito.
Significative sono, quindi, le immagini di fronte ad una concezione della scultura che attraverso la funzione industriale del modulo riduce il quoziente estetico narrativo per caratterizzarsi attraverso soluzioni tangibili nella riorganizzazione estetica dello spazio.
Se si osservano le grandi sculture superfici ed in particolar modo `Per la nascita di Venere’, presentata nel ’71 alla Galleria San Fedele di Milano, caratterizzata dalla posizione orizzontale alla linea del suolo e quindi rilevandosi spazio frequentabile nuovo, avvertiremo un’elaborazione della scultura come organismo attivo nel rapporto con il fruitore.
Il patrimonio acquisito in questa fase sperimentale e costruttiva, di profonda revisione del concetto della scultura contemporanea e quindi di diversa realta’ organizzata, risulta alla luce degli sviluppi espressivi proseiti, si iiva e per una ricerca di forme e gui i icuramente decisivo per Silverio Ri funzioni che lavorano per dare corpo ad una personale e specifica definizione di spazio e con sempre maggiore chiarezza di ‘territorio’.
Indagini tra il segno e la superficie 1975/80
Nel quinquennio 1975/80 appaiono riconfermati sul piano metodologico, ma rinnovati sul piano della definizione espressiva quei dati formali precedentemente individuati ed elaborati; si avverte, cioè, in un’ampia produzione di bronzi ii mirato tentativo di affrontare l’indagine plastica seguendo un orientamento dettato dal rigore e dalla specificità linguistica. In questa fase Riva ha modo di approfondire alcuni aspetti metodologici, in parte già intuiti, che devono essere valutati di particolare importanza di fronte ai processi di rinnovamento del linguaggio della scultura in epoca moderna ed attraverso gli approfondimenti introdotti nella stagione contemporanea.
In particolar modo è il tema della ‘superficie’, quale realtà costitutiva della scultura, ad interessare l’artista; al peso ed alla forza espressiva del volume che ha caratterizzato la storia della cultura plastica viene in questa fase contrapposta, con estrema attenzione formale, la centralità comunicativa della superficie estesa, di uno spazio che auto rivela se stesso, che auto dichiara la sua presenza alla fruizione.
Assumono particolare valore estetico e metodologico sculture alle cui origini e sviluppo si riconosce l’opzione espressiva per uno strutturale confronto tra la parete e la linea, tra la superficie ed il segno; lo svolgimento in posizione verticale dell’azione linguistica di confronto dichiara apertamente sulla necessità di Silverio Riva di rendere manifesto tale processo; l’osservazione attenta di ogni singola ‘architettura plastica’ rileva., con estrema chiarezza, il senso di un’operazione orientata alla comunicazione della scultura quale realtà autonoma, determinata da proprie e specifiche leggi.
Si tratta ancora di un nuovo passaggio, nel sistema di esperienza di Riva, in cui il valore e il significato dell’opera sembra voler escludere e trattenere con lucidità la componente interiore ed emozionale dell’artista, così che essa appena filtri per sensibilità all’interno del sistema di relazioni costitutive della scultura quale realtà autonoma tra materia ed energie.
La progettualità analitica ed attenta di Silverio Riva viene a svilupparsi lungo la verticalità scabra e sofferta ed incide per strappi e per rotture sulla superficie, nel tentativo riuscito di individuare e determinare un sistema di relazioni contrapposte nella natura di una struttura plastica; ogni bronzo di questi anni si presenta attraverso una natura individuale spiccata, caratterizzata dalla coopresenza di rigore interno e di dichiarata espressività, mentre il divaricamento condotto sulle superfici libera la scultura dalla staticità del volume, l’elevazione riacquisisce all’opera un avvolgente tensione e quindi un intenso e rigoroso fascino.
Ancora per la definizione del ‘Territorio’ 1990/1997
I dati diversi che abbiamo fino a questo punto ricordato attraverso la riosservazione di stagioni espressive distinte trovano in gran parte una riproposizione rinnovata in questo più recente ciclo di opere, ma confermano anche l’attenzione di Riva alla persistente esigenza di operare nell’ambito della ricerca e definizione di ‘territorio’.
Ciò che sostanzialmente vede rinnovare la valutazione del termine ‘territorio’ è un ulteriore sforzo intellettuale affinchè esso venga ad essere osservato oltre i valori contrapposti di immediatezza e di memoria di cui si è detto; un ‘territorio’ in cui le ‘funzioni d’uso’ siano state da tempo riassorbite nel suo significato più antico e, così come risultano profondamente intimizzate nell’elaborazione concettuale i dati di riferimento della memoria colta o della citazione ed assorbiti nella cultura della materia stessa anche i principi linguistico visivi colti all’interno del rapporto piastico espressivo.
Se intorno alla concezione dello spazio e alla conoscenza di esso attraverso la scultura hanno ruotato l’articolazione delle strutture in legno e l’organizzazione delle superfici metalliche, oggi un mirato impiego della terracotta, dichiarata testimone di valori antichi di quella cultura costruttiva che collega il modulo di base alle grandi architetture, ci segnala la volontà di operare nella definizione di un territorio in cui coabitano tutti i frammenti utili per una sua più significativa ridefinizione.
La scelta di Riva, dopo il legno e il bronzo, per un materiale e per una tecnica, la terracotta, attraverso cui scavalcare la definizione contingente di tempo, introduce con straordinaria immediatezza quei valori indelebili, sia dichiarati che impercettibili, propri di una memoria e di una sensibilità che interagisce tra la sensibilità più privata e la sfera civile; anche l’azione plastica appare in un rapporto di stretto confronto, rilevando un’attenzione linguistica specifica, con le caratteristiche di manipolazione della terra, con le possibilità cioè di una comunicazione segnica, riattribuendo in tal senso visualità ad un patrimonio tracciato nel tempo dalla più ampia articolazione di fattori.
Con grande chiarezza Riva mostra una volontà espressiva tesa ancora a mettere in evidenza valori che confermano un comportamento analitico ed intellettualmente progettuale; la redazione appare volta all’osservazione ed alla messa in evidenza di valori che sono concettualmente racchiusi in una memoria che si pone oltre il ricordo; segni e fattori plastici che non racchiudono soltanto la natura umana, ma un tempo che ha saputo avvolgere l’articolazione del tutto per muovere verso l’affermazione del presente e di un nuovo tempo; un tempo che conserva all’interno della staticità della materia e sottolinea l’interagire in essa dell’incisività e della vitalità della realtà.
Dalle terracotte di questi anni ’90 il concetto di ‘territorio’ sembra ottenere una definizione specifica attraverso l’estensione del percorso e la verticalità della sosta; lo sviluppo di un tracciato a livello del suolo e I’insistita elaborazione dei suo tessuto condotta per segni incisi, attraverso frammenti in rilievo e per grumi di materia, esercitano in modo particolare un’azione in grado di determinare e caratterizzare la realtà plastica..
Le condizioni dello spazio, sia in esterno a contatto di una superficie verde che in interno con un conseguente forte ‘intralcio’ alle funzioni d’uso, subiscono attraverso la presenza di nuovi manufatti, una rivisitazione completa, che non ha valore effimero di precarietà, ma indica il senso di una realtà tangibile.
Ogni nuova scultura ci conferma la coopresente interazione tra la volontà espressiva attenta alla ricerca dei valori di progettualità insiti in un sistema plastico segnico aperto allo sviluppo di un tracciato, e quindi che pone l’opera oltre la staticità del volume centripeto, ed una coscienza critica che vede la definizione dell’opera attraverso una sua precisa e concreta fisicità.
Una conferma ed una precisa sottolineatura di tali caratteri di ricerca giungono dall’incisiva presenza nella gran parte dei nuovi lavori di un fattore posto in asse verticale rispetto ad ogni tracciato plastico posto al suolo; si tratta sempre di segni strutture determinate dalla volontà di segnalare e quindi ulteriormente determinare espressivamente e tangibilmente lo spazio; così ogni ‘colonna’ o frammento di essa suggeriscono sempre e comunque l’enigmatica memoria di un segno astratto che distingue e definisce il ‘territorio’ di Silverio Riva.