Ardengo Soffici nella solarità del Mediterraneo
di Andrea B. Del Guercio
1984
Premessa. Ardengo Soffici nei programmi della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Forte dei Marmi.
La Mostra e questa pubblicazione che ne illustra lo svolgimento è una tappa fondamentale nella storia della Galleria d’Arte Moderna ed in particolar modo di un programma di documentazione e studio di un complesso ed internazionale coacervo di personalità delle arti visive, delle lettere e della musica che ha frequentato per brevi e lunghi periodi, trovando valida occasione di collegiale e intimo approfondimento di temi, soggetti e nuove posizioni, Forte dei Marmi sin dagli ultimi decenni del secolo scorso e in particolar modo nella prima metà del ‘900.
Dopo l’esposizione dedicata ad Henry Moore, il cui peso riconosciuto internazionalmente rivelò la fondatezza scientifica del programma che si andava elaborando, si potè predisporre una successiva tappa espositiva con la quale si emblematizzavano le possibilità ampie di indagine e di studio e tali da specificare la richiesta di recupero del Fortino Mediceo a spazio museale permanente e documentario; la Mostra « 1880 1940 Frammenti di cultura visiva a Forte dei Marmi» presentò quindi e tra gli altri la comunità artistica di lingua tedesca rappresentata da Bocklin ed Hildebrand quali figure di maggior spicco, che per prima iniziò la frequentazione di quello che alla fine dell’800 non era altro che un poverissimo borgo ed un piccolo attracco per le golette adibite al trasporto dei marmi, e con progressione cronologico generazionale, documentando la presenza, a partire dagli anni venti di Dazzi e Carrà, Tosi e Soffici, De Chirico e Savinio, ed i più giovani Cagli e Mirko.
Quell’iniziativa emblematica di un complesso culturale tanto straordinario convinse tutti sulla fondata importanza del progetto di documentazione e studio, monografico e per realtà affini, e la Mostra che quest’anno viene dedicata ad Ardengo Soffici ne è una positiva conseguenza ed un concreto invito a lavorare per una situazione museale oltre che espositiva.
Ardengo Soffici: Introduzione critico metodologica
Non è assolutamente un caso se la Stagione Espositiva Estiva 1984 è dedicata ad Ardengo Soffici ma ciò risponde al tentativo, in questa fase iniziale del programma, di mantenere vivo contemporaneamente spessore e ramificazioni internazionali e vitalità dialettica e conflittuale nel percorso di creatività; due dati ritenuti necessari per una strategia espositiva e di interpretazione responsabile ed attenta non soltanto ai dati qualitativi e scientifici interni al corpo oggetto d’immagine ma oggi anche rispetto ad un contesto assai più ampio che nella `politica culturale’ include, dopo una stagione `effimera’, fenomeni generali di costume collettivo.
Quando infatti si parla di `effimero’ si vuole riflettere sulle degenerazioni e soprattutto sulle soluzioni di mistificante riduzione di valore problematico, proprio di un’epoca `Post Industriale’ al cui interno, di una condizione generale d’interpretazione dei fenomeni creativi e di consumo, trova posto, con ampio valore, di interferenza, la recente riscoperta del Novecento e delle diverse soluzioni di ritorno su valori formali riconoscibili in una cultura italica, romanica e giottesca.
L’arte italiana `moderna’, ricevette ricollocazione problematico critica, pur con gravi assenze, e nel rispetto della bibliografia storica, con la Mostra parigina « Le Realismes» del 1980, attraverso la quale si può osservare l’internazionalizzazione del `fenomeno italiano’ ed ancora in costante progressione I’affermazine di suoi diversi artefici.
Sono quindi di questi ultimi anni tutta una serie di grandi e piccoli recuperi e riscoperte, attentamente delimitate cronologicamente e monograficamente tra le quali si possono ricordare « II Novecento» (La Permanente Milano 1983) e la proliferazione di interesse verso la `Metafisica’ (Palazzo Grassi Venezia) e Giorgio De Chirico, comprendendo del Maestro di Volo anche tutta l’attività successiva all’adesione al Ritorno all”Ordine’. Sara in base ad una nuova valutazione di De Chirico che anche il caso Soffici sarà in questa sede osservato.
Il successo recente, databile ufficialmente al 1975 di una strategia estetica internazionale e particolarmente europea focalizzatasi nazionalisticamente su forme espressive relative ai primi decenni dell’epoca moderna, quelli posti al passaggio fra gli ultimi due secoli, deve essere osservato infatti non solo a livello specialistico, sia in termini di studio ma anche in termini più. generali e socialmente diffusi di recupero e riapplicazione di soluziono. La responsabilità quindi di manipolazine espositiva ed editoriale del materiale visivo a cui il programma di indagine prefissato dalla Galleria d’Arte Moderna di Forte dei Marmi fa riferimento è pienamente intesa ed è con questa valutazione che sono rilevabili indicazioni critiche atte a delucidare la conflittualità insita, più o meno apertamente, nel percorso creativo di ogni artista indagato. Mai come in questo momento ed in un tale contesto si dimostra utile ad una esatta lettura del fenomeno espressivovisivo il contributo di una riflessione criticocontemporanea e `militante’ sopraggiunta a precedenti studi di ricollocazione storica, attribuzionistici e documentaristici.
L’interpretazione dell’oggetto in esame richiede quindi nuovi contributi secondo quella prassi metodologico critica già annunciata da Longhi, frequentata con intima partecipazione da Arcangeli.
Soffici nella solarità del Mediterraneo
Quando ho dovuto indicare un titolo che racchiudesse il significato nuovo della Mostra dedicata ad Ardengo Soffici e prediligendo di questi l’attività paesaggistica elaborata durante i soggiorni estivi trascorsi a Forte dei Marmi a partire dagli anni ’20 e mai interrotti, mi espressi per una soluzione che racchiudendo sotto un clima forse fin troppo banale, la solarità è infatti sinonimo di belle ed estive giornate, e nel moderno costume con dati di vita di spiaggia, un significato enigmaticoemblematico di una condizione culturale a cui solo di recente si stà porgendo una inconscia attenzione. Non intendevo citare quel passo di De Robertis «Ma l’arte più vera di Soffici è arte solare… » che in quel momento non conoscevo nè correggere la specificazione dello stesso «o per togliere a quest’aggettivo il fastoso e il classico e il panico…» ma cosa mai tentare di comprendere l’opinione per cui l’arte «sua, arte festiva, solatia io direi; che canta le stagioni, la primavera l’estate l’autunno, se non l’inverno quando dà segni del tempo rinascente…».
Figura scomoda quella dell’Artista toscano, si dirà e documenterà più avanti, a cui non si perdona va l’adesione, dopo una intensa attività di studio e documentazione e partecipazione alle Avanguardie Storiche, alla stagione del Ritorno all’Ordine che pure, e non si dice, fu un movimento d’avanguardia, sicuramente nuovo nelle intenzioni programmatiche; e senza starne qui a citare e didatticizzarne la scaletta da cui per altro ritagliò un autonomo spazio, mi proponevo col titolo «Soffici nella solarità del Mediterraneo», di trovare le ragioni di quel lungo abbandonarsi del pittore al fremere emozionale, liricamente sempre nuovo del mondo naturale, e specificantosi tra la campagna toscana e le spiagge pinete monti della Versilia.
Con il termine «solarità», rafforzato e specificato in senso epico da «Mediterraneo», intendevo riferirmi ad un clima di emozioni culturali nate ed affermatesi in Italia presso i più sensibili artisti ed esclusivamente quanti uscirono realmente delusi e battuti nell’entusiasmo rinnovativo, e ripeto non solo formalmente inteso, ma in alcuni casi collettivizzato; una condizione di creatività che non deve essere superficialmente interpretata in uno stretto ambito nazionalistico ma proprio attraverso i significati universali dell’epica mediterranea universalizzata come luogo e tempo culturale del riconoscimento originario.
La campagna collinare intorno a Poggio a Caiano, frequentata da tante citazioni della stagione epica, e soprattutto le distese di spiaggia deserte con la macchia che arriva quasi a toccare il mare della Versilia, sono fatti significativi di questo spirito del ricordo e del languore ma van,io intesi non come emozione «r. gressiva» rispetto ad un ipotetico progresso ma strategia di auto conoscenza e recupero di un potenziale culturale ed umano depositato nella coscienza più profonda. Solarità è tappa decisiva per il conseguimento di una troppo incompresa eredità a cui tentarono, e non a caso sulle stesse spiagge, gli artisti tedeschi, Bocklin e Hildebrand, già coscienti di una recuperata intima epica silvana e barbarica.
Il nome di Bocklin non può che riportarci, se il titolo non lo avesse già suggerito, a Giorgio De Chirico, sia nella stagione dell’enigma (dell’oracolo) e della metafisica che in quella concettuale della «gratificazione» delle esigenze estetiche sociali. L’introduzione del Maestro di Volo ha quindi significato in questo contesto di problematicizzazione per una frettolosa liquidazione di Soffici paesaggista post 1920 ma è anche occasione di immissione di un ulteriore dato di valutazione.
Quando infatti De Chirico, pur provenendo dall’esperienza della stagione «Metafisica» da cui indubbiamente ricevette incomprensione e qualche riduttiva citazione, intendendo una limitazione della portata universale, aderì espositivamente alle teorie della Sarfatti ed al gruppo del Novecento ed ancora progressivamente fino alla scomparsa si dette all’auto citazione metafisica, all’auto effige seicentesca e rubensiana, dette fondo, su un piano metodologico espressivo sicuramente pre concettuale, ad una prassi del tradimento e quindi all’assolvimento delle richieste de problematicizzate del gusto e della «fame d’immagini» del corpo sociale.
Quanti «…vorrebbero strappare canti di consolazione, voci d’armonia, capolavori di serenità ad artisti che sono pure uomini quanto gli altri. Che cosa penserebbero della nostra epoca i posteri se, da un ipotetico naufragio, ne emergessero soltanto pitture di eredità classica, di placida visione? Che cosa potrebbero capire di questo terribile, oppresso, angosciatissimo…» (F. Arcangeli Jackson Pollock in l’Europeo 1956).
Ora senza voler accentuare i termini di un’ipotesi già troppo impietosa, è possibile riflettere sulle soluzioni, conseguenza di una più o meno cosciente delusione di auto gratificazione espressiva che nel caso di Soffici corrispondeva al vivo amore per il paesaggio e per l’ambito naturale, responsabilmente contaminato dall’uomo. Una posizione creativa a cui l’artista darà una lucida definizione nel termine «Realismo sintetico» (vedi antologia testi critico artistici di A.S.).
Lo spirito di ricerca di Soffici si indirizzerà quindi alla costante lettura dell’ambiente che lo circonda, e si avventurerà nella spiaggia e nelle pinete poco oltre la casa di Vittoria Apuana riconoscendo gli spazi ampi, sempre nuovi per la sua colta sensibilità e che faranno il piacere della pittura; su blocchi di carta appunta le idee che saranno necessarie, più o meno direttamente, alla redazione di un quadro ma sono anche spesso risultati autonomi di una improvvisa emozione, mentre nel complesso forniscono e testimoniano l’immagine più fresca ed autentica del felice rapporto istaurato da Soffici con il paesaggio e la natura del Forte; ogni piccola scena o particolare appena abbozzato è occasione di curiosa indagine, e mai insistita ed anzi rispettosa dei silenzi animati soltanto da un alito profumato di vento ed attenta a riportare intatto il fiero languore rappresentato dalle montagne subito a ridosso; qualche bagnante appena tratteggiato, le barche in mare e quelle tirate sulla spiaggia e tutta una serie di freschi acquerelli dedicati alle costruzioni in legno appena mimetizzate dalle poche piante che a stento nascono sulla sabbia. Ogni immagine del Forte, prediligendo della stagione estiva il settembre quando più intenso è il rapporto con il paesaggio, indica con certezza l’atto d’amore di Soffici per la pittura quale fonte inesauribile di poesia, strumento di compenetrazione con l’esistenza e per la comprensione del suo più profondo significato. Il segno della matita, la liquidità dell’acquerello, la matericità dell’olio non descrivono né scontornano in cerca di presunte verità, ma si dispongono, a seguire le indicazioni espressive dell’emozione e del sentimento che il dato della realtà ha provocato e che nella forma di un nuovo contributo si rinnova predisposta verso ulteriori letture. Ma questa è già letteratura.
In questo più ampio contesto si comprende 1’insistita interpretazione delle spiagge con il fremito lirico, ma trattenuto da una metafisica solitudine, e 1’aggiunzione sul paesaggio naturale di qualche presenza umana, emblematizzata ancora metafisicamente con le cabine, isolate citazioni classiche, e le barche a riva e le vele bianche in lontananza, mentre alle spalle, subito protettrice appare il complesso delle Alpi Apuane ed in particolare la mole viola della Pania.
Ogni opera, la tela impegnativa ed il piccolo olio, fanno insieme l’immagine ed il segreto svelato ed ancora relatore di nuove emozioni e reconditi ricordi di quest’area geografica ed emblematicamente della solare mediterraneità della sua natura e dei suoi gravemente contaminati limitati e rispettosi inserimenti umani.
Ardengo Soffici: Mostra Antologica
Se il tema di questa presentazione di Soffici è quello relativo ai risultati dei lunghi soggiorni estivi trascorsi operosi a Forte dei Marmi e quindi alla pittura di paesaggio, ora delle ampie spiagge e della distesa marina, ora della pineta con grande spazio sul fondo alle Apuane, non poteva essere evitata, seppur succinta e con valore emblematico, una scelta di opere che documentassero le diverse tappe ed i temi che hanno fatto e composto l’intero percorso creativo di Ardengo Soffici, e che lo pongono tra le figure più complesse e ricche del paesaggio intellettuale della prima metà del nostro secolo.
Espositivamente quindi assume particolare valore la presenza, tra le piccole opere, di `La vite’ e `Nervi’, riferite agli anni 1903 1907 attraverso le quali è possibile riconoscere i dati della intensa presenza del giovane Soffici a Parigi in un ambiente ricco di presenze diverse, che per l’artista si specificano in chiave simbolista ma con dati di trasgressione materica, densa e plasmata, cromaticamente espressionista, ma portata su una solida figura, secondo uno spirito rinascimentale che l’artista dimostrerà di conservare interiormente e pronto a recuperare dopo le avventure sperimentali. Sono di questi anni la formazione internazionale di Soffici e la scoperta di giocare un ruolo di studio e di recupero dei ritardi di informazione sullo svolgimento della cultura letteraria e visiva francese della seconda metà dell’ 800; un ruolo affrontato direttamente con traduzioni ed incontri, quando possibile, diretti con gli artefici di quelle esperienze ed ancora facendosi carico di trasferimento di esperienze e notizie negli ambiti intellettuali italiani ed in particolar modo di Firenze.
Così accanto all’attività pittorica nasce quella di commentatore attento di avvenimenti artistici e letterari trovando sulle riviste specializzate dell’epoca ampio e interessato spazio; dalla collaborazione al `Leonardo’ e `Vita d’arte’ per entrare a far parte degli operatori più vicini a Prezzolini, direttore della `Voce’.
Intorno a quest’ultima rivista Soffici incontra e frequenta Croce e Salvemini, Cecchi e Serra e Bacchelli.
L’apporto di Soffici alla `Voce’ è tale da essere indicato tra i maggiori artefici del rinnovamento dell’elaborazione artistica italiana, rimasta attardata su forme accedemiche, tardo settencentesche e regionalistiche nel caso dei Macchiaioli toscani e dell’ambito partenopeo. Giocano un ruolo fondamentale i saggi su Cézanne e l’Impressionismo e su Medardo Rosso, da cui nascerà l’impegno diretto dell’artista alla realizzazione della mostra dedicata al movimento francese ed aperta a Firenze nel Maggio del 1910.
Ma il ruolo di Soffici si caratterizza intellettualmente attraverso il suo costante incontro e scambio epistolare, spesso amichevole e fraterno, con le figure di spicco e propulsive sul piano delle posizioni d’avanguardia che abitano a Parigi provenendo da tutta l’Europa, ed in particolar modo con Picasso, Jacob ed Apollinaire; quest’ultima figura d’intellettuale complesso ed estremamente nuova rispettò alla tradizione sarà sempre per Soffici fondamentale per la valutazione ed interpretazione dei tempi culturali.
Questo costante impegno di interscambio sfocia in ulteriori impegni editoriali dedicati a Rimbaud ed a Cecov ma soprattutto si concretizza nella raccolta di testimonianze e contributi per l’uscita di un nuovo foglio `Lacerba’ alla cui realizza zione collaborano il gruppo futurista di Marinetti, Boccioni e Carrà.
Ma accanto a questa vivace militanza intellettuale nascono diverse opere letterarie sulle quali si raccoglie una vasta attenzione di critica, seppure già raccolgono i dati di una conduzione di pensiero forse contraddittoria ma comunque vivacemente vissuta e con chiaro spirito di partecipazione; da `Ignoto toscano’ a `Arlecchino’ alla `Giostra dei sensi’ a `Lemmonio Boreo’, mentre il percorso pittorico si dimostra assai più lineare e da osservare in rapporto con le scelte di `critica d’arte’.
Del 1909 è `Paese’ dipinto a Bulciano durante uno dei tanti soggiorni distensivi ed impegnati nella pittura trascorsi presso la famiglia di un altro fondamentale esponente delle vita culturale italiana del momento, Giovanni Papini. L’opera testimonia dell’apprendimento e compenetrazione con la pittura di Cézanne e della costante predilezione ed attenzione per lo spazio naturale all’interno del quale forse ritrovava dopo l’impegno intellettualistico gli umori vitali e segreti frequentati nella vita familiare a Poggio a Caiano.
Il paesaggio è occasione si di costruzione pittorica, con una materia cromatica analitica, ma con l’obbiettivo di penetrazione delle verità liriche delle diverse componenti presenti e quindi mai con soluzioni `decorative’ ma con la sicura coscienza della loro possibile conflittuale compenetrazione in nome della natura ma anche per volontà `disegnativa’ dell’uomo.
Del 1912 è `Paesaggio’ dove è assai più chiaro l’intento analitico con netta delimitazione delle componenti, la collina, la casa, la strada secondo la duplice attenzione a fermenti cubisti, trasferiti su un persistente umore naturalistico, ed osservazione apporofondita della pittura d’affresco giottesco; il rapporto con la natura ed il paesaggio tende in questa fase a concretizzarsi in una del tutto autonoma posizione cubo futurista, per cui va limitandosi il ruolo di intimizzazione per prediligere l’attenzione ad un’acquisizione compositiva mentale per cui gli umori lirici e poetici si dimostrano più ermetici e psicologiacamente più nitidamente incisivi.
I termini estetici futuristi sono maturati da Soffici per via indiretta ed in rapporto di continuità storica, secondo una prassi che esclude `strappi’ ed improvvise novità e trascritta negli anni del ripensamento e della rielaborazione, con la lezione di Cézanne e le nuove soluzioni intraprese da Picasso e Braque a cui dedica nel 1913 un ricco testo critico, `Cubismo ed oltre’. Anche in occasione di un’esperienza espressiva nuova, quale è il futurismo rivoluzionaria per l’Italia, l’adesione di Soffici risulta autonoma, proiettata internazionalmente e su valori che nascondono più o meno chiaramente, il suo desiderio recondito di mantenere viva una presenza costruttiva, una solidità antica, una chiarezza d’intenti espressivi assunti in profondità, ed in costante apprendimento dalla storia artistica trequattrocentesca toscana. Testimoniano questa impressione l’opera `Bagnanti’ del 1911, con le figure ed il paesaggio quasi scolpite e ricche di un phatos antico e classico, mentre un languore fauve ci ricorda la frequentazione dell’ambiente francese, e in particolar di Matisse e Rouault.
Lo spessore pittorico materico è alla base di due opere del 1914, `Composizione con bottiglia verde’ e `Pera libro tazza’, e ci relazione sulla volontà di mantenere, anche in presenza di fatti trasgressivi e progettuali, rappresentati dalla presenza del collage con pagine di giornale, pieno possesso del corpo dell’oggetto, del suo spessore ed entità fisica; in particolar modo in `Pera, libro, tazza’ l’impaginazione è aperta e nettamente costruita e libera da indicazioni di `movimento’ e di analisi tridimensionale, secondo il ricordo di tante immagini della pittura d’affresco del ‘300; oggetti, impaginazione e conduzione pittorica successivamente presenti, con autonome soluzioni, in Sironi e Morandi.
Termini di lettura presenti anche nel quadretto `Caffè Apollo’ del 1915, ma con aggiunta di ironica citazione da Picasso.
(Cosi l’adesione al futurismo va interpretata soprattutto nei termini diversi di `neo’ cubismo e quindi di anticipazione di quella particolare stagione che caratterizzerà il lavoro di alcuni giovani pittori italiani durante e nell’immediato secondo dopoguerra).
Ma l’esperienza cubo futirista, condotta come sempre in maniera militante attraverso il linguaggio visivo e saggistico, dovette concludersi con la partecipazione di Soffici alla Prima Guerra Mondiale; ed è in questa difficile esperienza che si riversarono per intero le contraddizioni di un sistema economico e culturale cresciuto e spintosi forse troppo rapidamente avanti rispetto ad una reale assunzione da parte dell’intero corpo sociale. Contraddizioni vissute da Soffici in termini, ed in maniera assolutamente diretta, e nelle cui figura intellettuale è possibile osservare il più significativo valore emblematico per l’ambiente italiano.
Gli anni di guerra furono quindi occasione di duro ripensamento su tutta una stagione di scoperte ed entusiasmi che si andavano esaurendo in un doloroso bagno di sangue e quindi con la conseguente perdita di punti di riferimento e di confronto intellettuale; ed è nella scomparsa di Apollinaire avvenuta a Parigi nel 1918 che forse Soffici vede il crollo di tante speranze ed esperienze di rinnovamento non esclusivamente formale ma osservato a livello profondo, metodologicamente e sociocollettivamente.
Mala delusione di Soffici non esclude ancora la sua partecipazione al dibattito e al confronto delle posizioni diverse e nuove che negli anni subito successivi alla guerra vengono espresse e che egli stesso orienta con contributi anticipatori, autonomi e sempre tradotti organizzativamente su un piano editoriale, in `Rete Mediterranea’, ed espositiva, raccogliendo l’adesione su i principi del `Ritorno all’ordine’ di un numeroso gruppo artistico `toscano’, con Rosai e Conti, Vagnetti e Colacicchi.
A partire dal 1919 la posizione creativa di Soffici si riporta ai tempi, il paesaggio soprattutto, ed alle soluzioni espressive originarie che abbiamo visto cresciute in ambito francese e soprattutto nel clima di Cézzanne ed ora plasmato liricamente con il contributo di Renoir e Degas, mentre soprattutto sulla figura, riprende con atteggiamento di continuità storico ideale, i rapporti di solidità ed impianto rinascimentale ed ancora meditati sul piano psicologico e sociale attraverso Millet.
Poggio a Caiano diventa sempre più nitidamente il soggetto prediletto e continuamente indagato con i suoi umili abitanti e la campagna circostante nelle diverse stagioni dell’anno ed ancora quelle semplici case coloniche, ora isolate ed altre più cittadine. 1 paesaggi toscani, emblematizzati nella familiare campagna, sono quindi in Soffici finalmente amati e libero da preoccupazioni formali ne indaga con soluzioni diverse il significato, o forse meglio il segreto profondo, quello che affascinò Giotto e Piero, ed una infinita schiera di anonimi. La libertà con cui si muove su un soggetto tanto antico ha il valore di una chiara presa di coscienza del proprio essere artista ed intellettuale, nel significato contemporaneamente di intima sensibilità e di ruolo e dimensione sociale. Ed il paesaggio, ancora qualche figura e nature morte, sono la soluzione possibile alle contraddizioni e conflitti vissuti con coraggio ed a cui pure e con grandi sforzi ed ampia disponibilità aveva cercato di dare possibilità di risoluzione; così con la crisi della stagione di ricerca troverà nel suo intimo deposito culturale e d’esistenza i termini per continuare ad operare e con quella foga e dichiarata auto certezza che gli creerà non poche incomprensioni e dure reazioni. Pur autoisolandosi per sempre più lunghi periodi a Poggio a Caiano non poteva trattenersi dal far sentire la sua voce ed i suoi rimproveri e sprezzanti denunce dell’evolvere dei costumi estetici e della prassi intellettuale; non poteva un uomo come Soffici accettare in silenzio le delusioni di una intera generazione, condannata dalle contraddizioni, imposte dai ritardi d’informazione e d’esperienza; né accettare e riconoscere la delusione per tanti tentativi e faticose avventure in terra straniera e da `povero provinciale’. Testimonianza di una complessa natura sono i difficili rapporti con il Regime Fascista e la nuova realtà democratica, e di entrambi gli ambienti culturali.
La pittura, sempre più che la comunicazione letteraria, saranno quindi per Soffici chiaro punto di riferimento per una militanza sempre privatamente riferita, mentre i risultati forse assumono, anche a sua insaputa un ruolo ed un significato che deve essere ancora indagato.