Antonio Pizzolante: La scultura, intensità della testimonianza – 2016
di Andrea B. Del Guercio
La scelta di un titolo, “Forse non saprò mai”, fondato sull’esperienza del dubbio, ci suggerisce l’affermazione di una ricerca di valore di fronte alla dimensione plastica e all’organizzazione strutturale posta alla base di un articolato ciclo di opere di Antonio Pizzolante; condivido pienamente la volontà di ricerca e l’intenzione espressiva dello scultore attento ad un lavoro dell’arte in cui i confini della conoscenza e della percezione siano mantenuti aperti, in cui il territorio di indagine sia vissuto nella sua inesauribile estensione. Con questa premessa metodologica Pizzolante suggerisce apertamente un approccio alla scultura che non si esaurisce su se stessa, ma che si mostra, anche nella certezza tangibile della materia, fonte di dubbi, luogo della domanda, ambito dell’ascolto di un eco in costante movimento; l’artista indica quanto fondamentale sia nel suo procedere un sapere che arricchisce la sua sostanza e solidità attraverso la valenza esperienziale dell’irraggiungibilità.

Nella mia visita allo studio di Pizzolante, sulle rive del lago Maggiore, lungo il tempo di avvicinamento verso le aree pre-alpine, avevo ipotizzato e poi maturato un rispecchiamento tra la natura riflessiva dei luoghi con quella dell’artista; l’integrazione si caratterizzava attraverso una narrazione visiva contrassegnata dalla necessità di un ‘deposito’ e di una ‘stratificazione’ delle ‘forme’ e delle ‘immagini’, tra quelle nascenti del pensiero e i materiali di supporto, cosi come si osserva tra le sponde e le acque, tra i primi speroni di roccia e il bosco. Il mio stesso viaggio procedeva in un interessante equilibrio tra il paesaggio e le forme della scultura, cosi che al ritorno avevo raccolto la certezza del valore e delle grandi qualità espressive dell’artista.
Oggi trovo che quel clima severo che i monti e il lago mi avevano testimoniato, quasi in antitesi rispetto ai processi di mutazione continui del mare, era giunto a far parte della sensibilità di Pizzolante, era penetrato costitutivamente nel suo essere poetico configurandosi in un dettagliato ciclo di nuove sculture; l’esperienza della severità, già tratta da quella prima visita ed oggi pienamente confermata, deve essere intesa sotto il profilo del controllo, cosi come le sponde descrivono una circonferenza ed una natura che si preserva vitale al suo interno, che non cerca vie di fughe nè direzioni, che si concentra dando risultati di maturazione, deposito, stabilità riflessiva, dialoghi interiori, energia che attende a se stessa, che propone la stessa ‘fissità’ quale energia interna e interiore.

I grandi ‘progetti’ su carta, ricchi di quello spessore sensibile che la scultura restituisce compiutamente, mi avevano affascinato convincendomi su quanto positivamente Pizzolante avesse raggiunto una ampio territorio di ricerca e di sperimentazione, ed ottenuto attraverso rigorosi processi di composizione una grande qualità al suo lavoro. Già in passato da una buona documentazione editoriale dedicata al suo lavoro, avevo avvertito una cultura dell’arte estremamente interessante, frutto di una ricerca esperta ma che sapeva rinnovarsi attraverso tasselli grammaticali fatti di forme e di colore, tra incastri e congiunzioni. L’esperienza che solo la matrice moderna rappresentata dal collage sa offrire, mi aveva coinvolto attraverso un approccio molto attento, mai retorico, all’antropologia dei materiali antichi rappresentati dal legno e dal ferro.
Seppure sia diventato troppo frequente ed eccessivamente impiegato il riferimento alla sfera delle antiche culture umane, con il rischio di ridurne il peso e la verità problematica, l’apporto di Pizzolante si qualifica attraverso un ciclo controllato di opere, rispondenti ognuna ad un’idea estetica e ad un messaggio teso e intenso, privo di sbavature ma compiuto.
Sono opere che da un clima severo, percepito nella natura dello stesso supporto, traggono da esso spunto proiettandosi verso una cultura materiale ricca di sfumature emozionali, ricordi che da stagioni antiche riconosciamo e viviamo, andando ad annullare le presunzioni scientifiche della storia, abbandonando verità retoriche per uniformare il tutto alla fonte originaria dell’esistenza; la loro assolutezza espressiva non dà adito a fughe ne contraddizioni, cosi che il dubbio testimonia la dimensione e la qualità di un animo che si interroga costantemente, ricavandone non instabili verità, ma la certezza che si rinnova. Trovo che ogni ‘parete scultorea’ di questo Ciclo possa essere definita una pagina che muove verso il racconto, un processo narrativo in cui il pensiero trova momenti diversi di riflessione, si sofferma sulle porzioni di materia e di colore, si distribuisce percorrendo il tracciato compositivo, apprezza una direzione creativa in cui è perfetto l’equilibrio tra severità e concentrazione.
Esemplare all’interno di questo ciclo di opere ed emblematica della cultura di Pizzolante, appare ‘Contrappunto’ in cui si raccolgono i valori di una scultura arricchita dal colore caldo della materia, dall’innesto di frammenti in un’architettura plastica scandita da brevi distinzioni; la parete ospita la successione di sei distinte voci, uniformemente contrassegnate da un monocromatismo ricco di profondità, in cui la percezione estetica si immerge rintracciando la forza di una narrazione dialogante tra passato e presente, tra stagioni ancestrali ricondotte al patrimonio della contemporaneità.
“Neraisola” pone in maggiore evidenza e dichiara, attraverso la frammentazione dell’unità strutturale della scultura, la convivenza nel fare dell’artista sia della dimensione unitaria che del frammento, l’estensione spaziale ed il tassello di un sistema linguistico; la compresenza dell’unità e della frattura, offrono un risultato estetico che suggerisce una tensione dialettica alla comunicazione visiva.
Il grande “Portale” cosi come ” Notte di transumanza” sottolineano ulteriormente una tendenza alla contaminazione tra unità e rottura, tra estesa dimensione e valenza del particolare; il risultato anche in questi casi si dimostra di grande equilibrio, con una ulteriore affermazione di severità. Se nel “Portale” Pizzolante esprime grande attenzione al valore della pittura, quale ‘pelle’ della materia, cosi che essa si arricchisce attraverso un’energia stratificata, in ” Notte di transumanza” la sensibilità al colore si concentra sullo spessore espressivo del ferro, sulla dimensione narrativa della ruggine.
Il clima di concentrazione espressiva trova in “Tavolememoria” la forma più intima e il substrato culturale più netto, mentre “Oltre il mare” svela il desiderio mnemonico di proiezione nell’architettura chiusa del frammento di realtà ; nelle due opere, seppur cosi diverse nelle grammatiche visive e nell’impatto segnaletico, i processi narrativi condotti attraverso un equilibrato e selezionato accumulo, si pone in evidenza il passaggio tra l’intensità della ‘testimonianza’ ma anche il suo sviluppo verso la percezione narrativa del racconto.
La Collezione di sculture di Antonio Pizzolante, raccolte in questa edizione, risulta a chi scrive assolutamente impareggiabile, inserendosi esemplarmente nella complessa definizione di contemporaneità.
